L’abbraccio del Papa ai figli di San Leonardo Murialdo

150° della congregazione – Intense giornate di festa e preghiera per i Giuseppini del Murialdo: la settimana scorsa l’udienza a Roma con il Papa, poi un grande convegno a Torino e la solenne celebrazione con l’Arcivescovo mons. Repole nel santuario Nostra Signora della Salute. GALLERY 

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«Ci incontriamo nel 150° anniversario di fondazione della vostra Congregazione. Il 19 marzo 1873 san Leonardo Murialdo fondava la Pia Società Torinese di San Giuseppe per la cura e la formazione soprattutto dei giovani operai. A me fa pensare tanto questo tempo, lì, nel ‘fuoco’, nel centro della massoneria, a Torino, nel Piemonte, tanti santi, tanti! E dobbiamo studiare perché, perché in quel momento. E proprio nel centro della massoneria e dei ‘mangiapreti’, i santi, e tanti, non uno, tanti. Dunque san Leonardo ha fondato a Torino, in questo contesto duro, segnato da tanta povertà morale, culturale ed economica, di fronte alla quale non è rimasto indifferente: ha raccolto la sfida e si è messo al lavoro, in mezzo alla massoneria. Così è nata una realtà che nel corso di un secolo e mezzo si è arricchita di persone, di opere, di esperienze culturali diverse, e soprattutto di tanto amore. Una realtà composta oggi da circa 500 religiosi e, inoltre, dalle suore Murialdine di San Giuseppe, alle quali facciamo gli auguri, nel 70° anniversario della loro fondazione, dall’Istituto secolare e da parecchi laici, tutti uniti in un’unica Famiglia. Tanto è cresciuto il seme posto da Dio nella Chiesa per mezzo delle mani generose di san Leonardo Murialdo».

Parole di Papa Francesco, all’udienza di venerdì 17 marzo nella Sala Clementina in Vaticano, che rimarranno scolpite nella memoria dei 430 tra preti, suore, laici, giovani provenienti dalle 16 nazioni sparse in quattro continenti (Europa, Americhe, Africa, India) in rappresentanza delle opere deve sono presenti i Giuseppini del Murialdo con oratori, scuole, centri di formazione professionale, parrocchie.

«Più i giovani sono poveri più sono nostri», raccomandava il Murialdo ai suoi figli fondando la Congregazione nella cappella del Collegio Artigianelli scegliendo come patrono san Giuseppe: un’attenzione sempre più attuale, quella per i giovani poveri e fragili, come ha rimarcato Francesco spronando il «colorato» uditorio, guidato dal padre generale don Tullio Locatelli, dai tre Vescovi giuseppini – due nell’Ecuador amazzonico mons. Adelio Pasqualotto (vicario apostolico del Napo), mons. Celmo Lazzari (vicario apostolico di San Miguel de Sucumbíos) e mons. Irineu Roman, Arcivescovo metropolita di Santarém nel nord del Brasile – con suor Orsola Bertolotto madre generale delle suore Murialdine.

Dopo l’udienza con Francesco, tappa centrale della chiusura del 150°, tutti in viaggio verso Torino dove, il 19 marzo 2022, l’allora Arcivescovo Cesare Nosiglia aveva aperto le celebrazioni presiedendo l’ordinazione di sei diaconi giuseppini di Ecuador, India e Ghana, nella parrocchia-santuario  Nostra Signora della Salute, dove si venerano le spoglie mortali di san Leonardo Murialdo. E dopo un anno per chiedere «coraggio e profezia, per rendere possibile un futuro migliore a tanti giovani», come ha detto padre Locatelli nel saluto a Papa Francesco, sabato 18, dopo la concelebrazione nella grande chiesa del Collegio Artigianelli, Casa Madre della Congregazione, il convegno del teatro: «per ricordare che noi siamo qui grazie a un sacerdote torinese che servendo i giovani è diventato santo e continuare la sua missione».

Sono intervenuti il vicesindaco Michela Favaro che ha ringraziato a nome della città i murialdini per la preziosa l’opera educativa, padre Locatelli, suor Bertolotto, lo storico della Congregazione, don Giovenale Dotta, i laici, gli ex allievi e i giovani delle opere sparse nel mondo che hanno indicato le nuove strade da percorrere per diffondere il carisma murialdino. Commovente il saluto di un pronipote di san Leonardo, Alberto Licci.

Nel pomeriggio, la visita nella Torino dei santi sociali sui passi del Murialdo terminata nel santuario Nostra Signora della Salute con la Veglia di preghiera presso l’urna del fondatore.

Domenica 19, festa liturgica di san Giuseppe, la conclusione solenne del 150°: alle 10.30 la concelebrazione multilingue nel santuario gremito, presieduta dall’Arcivescovo di Torino mons. Roberto Repole (l’omelia integrale è a pagina 21) con i tre Vescovi murialdini, i torinesi mons. Giuseppe Anfossi e mons. Gabriele Mana, il Vescovo di Ivrea mons. Cerrato, decine di giuseppini e sacerdoti torinesi tra cui, padre Ugo Pozzoli vicario episcopale per la vita religiosa, don Alberto Martelli, salesiano, direttore della Comunità San Francesco di Sales di Valdocco e padre Ferruccio Bortolozzo, cappuccino parroco a Madonna di Campagna.

L’Arcivescovo Repole, nel saluto iniziale ha ripetuto «come la diocesi sia riconoscente al  Murialdo che spese la sua vita all’educazione della gioventù povera e abbandonata della Torino dell’Ottocento proseguendo, come rettore degli Artigianelli l’apostolato iniziato da don Giovanni Cocchi, sacerdote originario di Druento, dove sono cresciuto». E adesso? «Lo slogan scelto per il 150°, ‘Da Torino al mondo in cammino con i giovani’ è la sintesi dei due pilastri del carisma: missionarietà e, come raccomandava san Leonardo, vivere come «’amici, fratelli e padri’ per i giovani, camminando con loro per rispondere insieme alle sfide del presente e del futuro. Ripartiamo di qui» conclude padre Locatelli.

Pubblichiamo il testo integrale di Papa Francesco, rivolto ai membri della Congregazione di San Giuseppe e alla famiglia murialdina in occasione del 150° anniversario di fondazione, pronunciato venerdì 17 marzo, nella Sala Clementina in Vaticano.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!
Ringrazio di cuore Padre Tullio Locatelli per le parole che mi ha rivolto, saluto i Vescovi presenti e la Madre Generale, e dò il benvenuto a tutti voi.
Ci incontriamo nel 150° anniversario di fondazione della vostra Congregazione. Infatti, il diciannove marzo 1873 San Leonardo Murialdo fondava la Pia Società Torinese di San Giuseppe per la cura e la formazione soprattutto dei giovani operai. A me fa pensare tanto questo tempo, lì, nel “fuoco” – diciamo così –, nel centro della massoneria, a Torino, nel Piemonte, tanti santi, tanti! E dobbiamo studiare perché, perché in quel momento. E
proprio nel centro della massoneria e dei “mangiapreti”, i santi, e tanti, non uno, tanti. Dunque ha fondato a Torino, in questo contesto duro, segnato da tanta povertà morale, culturale ed economica, di fronte alla quale non è rimasto indifferente: ha raccolto la sfida e si è messo al lavoro, in mezzo alla massoneria.
Così è nata una realtà che nel corso di un secolo e mezzo si è arricchita di persone, di opere, di esperienze culturali diverse, e soprattutto di tanto amore. Una realtà composta oggi da circa cinquecento religiosi – sono pochi, dovete crescere un po’! – e, inoltre, dalle suore Murialdine di San Giuseppe – alle quali pure facciamo gli auguri, nel settantesimo anniversario della loro fondazione –, dall’Istituto secolare e da parecchi laici, tutti uniti in
un’unica Famiglia. Tanto è cresciuto il seme posto da Dio nella Chiesa per mezzo delle mani generose di San Leonardo Murialdo!
Lo scorso anno, in occasione dell’apertura di questa celebrazione giubilare, ho scritto al vostro Superiore Generale e vi auguravo di continuare a crescere nell’«arte di cogliere le esigenze dei tempi, e di provvedervi con la creatività dello Spirito Santo». Non si può controllare lo Spirito, è Lui che ci porta avanti. Ci vogliono solo discernimento e fedeltà. Vi esortavo a prendervi cura specialmente dei «più giovani, i quali, oggi più che mai,
hanno bisogno di testimoni credibili». E vi incoraggiavo a non smettere mai di sognare, sull’esempio di San Giuseppe, vostro Patrono, e di San Leonardo, in spirito di autentica paternità. Oggi, mentre vi rinnovo questo invito, vorrei sottolinearne tre aspetti, che mi sembrano importanti per la vostra vita e per il vostro apostolato. Essi sono: il primato dell’amore di Dio, l’attenzione al mondo che cambia e la dolcezza paterna della carità.
L’esperienza dell’amore di Dio ha segnato profondamente la vita di San Leonardo. Lo sentiva in sé forte, concreto, irresistibile, come lui stesso testimonia, scrivendo: «Dio mi ama. Che gioia! […] Non si dimentica mai di me, mi segue e mi guida sempre!». E invitava i fratelli a lasciarsi prima di tutto amare da Dio. Lasciarsi amare da Dio: questo è stato il segreto della sua vita e del suo apostolato. Non solo amare, no, lasciarsi amare. Quella
passività – sottolineo – quella passività della vita consacrata, che cresce nel silenzio, nella preghiera, nella carità e nel servizio. E l’invito vale anche per noi: lasciamoci amare da Dio per essere testimoni credibili del suo amore; lasciamo che sia sempre più il suo amore a guidare i nostri affetti, pensieri e azioni. Non le regole, non le disposizioni.


Un aneddoto: quando un Generale della Compagnia di Gesù, padre Ledochowski, ha voluto mettere insieme tutta la spiritualità della Compagnia in un libro, per “regolare” tutto – si regolava tutto, c’era la regola del cuoco, tutto regolato, perché la Compagnia di Gesù avesse davanti l’ideale –, inviò il primo esemplare all’abate benedettino, e lui gli rispose: “Caro Padre Generale, con questo documento ha ucciso la Compagnia di Gesù!”.
Quando si vuole regolare tutto, si “ingabbia” lo Spirito Santo. E ce ne sono tanti – religiosi, consacrati, preti e vescovi – che hanno ingabbiato lo Spirito Santo. Per favore, lasciare libertà, lasciare creatività. Sempre camminare con la guida dello Spirito.
San Leonardo Murialdo era certamente un uomo profondamente mistico. Proprio questo, però, lo ha reso anche molto attento e sensibile ai bisogni degli uomini e delle donne del suo tempo (cfr 2 Cor 5,14), di cui è stato un osservatore acuto e un profeta coraggioso. Ha saputo accorgersi dell’esistenza, attorno a sé, di disagi nuovi, gravi e spesso nascosti, e non ha esitato a prendersene cura. Ha insegnato in particolare ai giovani lavoratori a
progettare il loro futuro, a far sentire la loro voce e ad aiutarsi a vicenda. Si è fatto portavoce della parola profetica della Chiesa in un mondo dominato da interessi economici e di potere, dando voce ai più emarginati. Ha saputo poi cogliere il valore del laicato nella vita e nell’apostolato del Popolo di Dio. Nella seconda metà dell’ottocento, un secolo prima del Vaticano II, diceva: «Il laico, di qualsiasi ceto sociale, può essere […] un apostolo non meno del prete e, per alcuni ambienti, più del prete»2. Per quell’epoca questo suona
protestantesimo. Era coraggioso! Era un uomo di Dio intelligente, aperto! Vi invito a coltivare la sua stessa passione e il suo stesso coraggio: insieme, laici, religiosi e religiose, su strade condivise di preghiera, di discernimento e di lavoro, per essere artigiani di giustizia e di comunione.
A questo proposito, vorrei fare riferimento a un ultimo valore importante del vostro carisma: la dolcezza paterna della carità. Possiate ricercarla e viverla tra voi, con spirito di fraternità, ed esercitarla nei confronti di tutti. Essere come Maria nostra Madre: allo stesso tempo forti nella testimonianza e dolci nell’amore. San Leonardo diceva: «La carità è guardare e dire il bello di ognuno, perdonare di cuore, avere serenità di volto, affabilità,
dolcezza». E per fare questo bisogna saper portare la croce. Ci vuole preghiera, ci vuole sacrificio. E ancora: «Come senza fede non si piace a Dio, così senza dolcezza non si piace al prossimo». Sono parole sue: un semplice e potente programma di vita e di apostolato.
Vorrei anche dare testimonianza dei vostri studenti. Quando ero professore a San Miguel, loro studiavano lì, e avevano un Superiore molto pratico e molto bravo. Noi dicevamo che quel Giuseppino, il Superiore, era il “premio Nobel” della furbizia! Perché era un uomo di Dio, ma un furbone! Si muoveva bene! Ricordo bene, un bel gruppo di studenti.
Vorrei concludere ricordando proprio l’invito del Murialdo alla santità: «Fatevi santi – diceva – e fate presto… Perché il santo ha uno sguardo lungimirante, rende la vita più umana, comunica speranza e fiducia e sa condividere la sua esperienza che Dio è Amore».
Cari fratelli, care sorelle, vi ringrazio di ciò che siete e di ciò che fate nella Chiesa, sulle orme di San Leonardo e ispirati da San Giuseppe. Vi benedico tutti di cuore. E, mi raccomando, non dimenticatevi di pregare per me.
Grazie!

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