Noi ragazzi dell’oratorio che, negli anni Cinquanta, andavamo a Messa, ricevevamo un bollo (30 lire); un altro bollo se al pomeriggio andavamo alla benedizione eucaristica (20 lire). Il biglietto del cinema parrocchiale per i ragazzi costava 50 lire (30+20=50) e quindi entravamo gratis. Osvaldo era l’operatore del cinema «Umbria» nella parrocchia delle Stimmate a Torino.
Cinquant’anni dopo mi racconta che il parroco don Emilio Vacha gli ordinò di far sparire il cartellone di una pellicola. C’erano donne nude? No, aveva per il titolo «Colline nude». Mi racconta come avvenivano i «tagli» delle pellicole. Il «ragioniere» – il gestore della sala, del quale don Vacha si fidava ciecamente – il venerdì sera, a cinema chiuso, si accomodava in platea con in mano un campanello collegato alla cabina di proiezione. Ogni volta che lui e lei si guardavano negli occhi e scoccava la scintilla, suonava il campanello. Osvaldo lavorava di forbici e acetone e la pellicola veniva mondata.
Nel 1953 su 11.158 sale cinematografiche italiane 3.313 sono cattoliche. Nel 1964 i cinema parrocchiali in diocesi di Torino sono 90. Nel ’72 le sale industriali in Piemonte sono 481 (119 in provincia e 87 in Torino), quelle parrocchiali 235 (66 in provincia, 36 a Torino). Negli anni Cinquanta-Sessanta si diceva «una sala per ogni campanile» e i cinema parrocchiali erano tantissimi e utilissimi perché non c’erano le sale da ballo né i supermercati e avevano anche un valido ruolo sociale.
Settant’anni fa, il 18 maggio 1949 si costituisce a Roma l’Acec (Associazione cattolica esercenti cinema). È l’approdo di un lungo processo, partito con le prime «sale ricreative cattoliche». La lettera del cardinale segretario di Stato Eugenio Pacelli (27 aprile 1934) e l’enciclica «Vigilanti cura» di Pio XI (29 giugno 1936) sottolineano l’importanza e l’urgenza di un forte collegamento tra le sale cattoliche per incidere sulla produzione di film moralmente apprezzabili. Nel 1934 l’Azione cattolica costituisce un Ufficio sale ricreative che nel 1947 passa all’Ente dello spettacolo. Attraverso il Centro cattolico cinematografico nasce l’Associazione cattolica esercenti cinema,
Fino al Concilio, l’Azione Cattolica è l’unica associazione laicale e ha in Luigi Gedda e Carlo Carretto esponenti molto dinamici. Grazie anche al loro impulso nascono varie associazioni: Acli (1944); Coltivatori diretti (1944) fondata dal novarese Paolo Bonomi; Centro sportivo italiano (1944); Movimento maestri di Ac (1946) e tra i fondatori c’è Carretto (che era maestro); Unione insegnanti medi (1944) istituita dall’astigiano Gesualdo Nosengo; Medici cattolici (1944): tra i fondatori i torinesi Gedda e Agostino Maltarello; Centro italiano femminile (1944); Farmacisti cattolici (1946): il primo nucleo nasce a Torino per iniziativa di Pietro Olivieri e Cristoforo Masino; Unione cristiana imprenditori e dirigenti-Ucid (1947); Centro volontari della sofferenza (1947) fondato dal casalese don Luigi Novarese, beato dal 2013; la futura Cisl (1948): tra i fondatori Giulio Pastore, genovese di nascita e novarese di adozione; Giuristi cattolici (1948); Centro turistico giovanile (1949) su spinta di Gedda e Carretto; Unione cattolica stampa Italiana (1959): tra i fondatori il canavesano Carlo Trabucco.
Elemento centrale della vita religiosa è la parrocchia e, specie al Nord, l’oratorio: aule per catechismo e conferenze, doposcuola, campi da gioco, scuola di calcio, cinematografo, Grest (gruppi estivi), campeggi, case per ferie in montagna, colonie marine, servizio sociale, gruppo teatrale. Tutto ruota attorno al parroco. Da lui dipendono la pastorale, la formazione delle liste e le scelte elettorali, le raccomandazioni per chi cerca lavoro; a lui si rivolgono imprenditori e Uffici di collocamento per avere garanzie sulle persone da assumere; con lui si consigliano le mamme su colui/colei che il/la figlio/a vogliono sposare.
La televisione è vista con sospetto dai vescovi italiani riuniti a Pompei nel 1953: meglio costruire oratori, cinematografi e campi sportivi cattolici. Dopo la guerra non solo a Torino manca tutto: ambulatori, asili nido, campi di calcio, case, centri ricreativi, chiese, cinema, edicole, impianti sportivi, materne, negozi, oratori, ospedali, ricoveri, scuole, strade, trasporti pubblici, università, verde. I «parroci costruttori» non si limitano alla chiesa, ma edificano l’oratorio, l’asilo, il cinema. La gente si fida e manda i figli all’asilo, all’oratorio, al cinema delle parrocchie.
Il 7 dicembre 2019 Papa Francesco riceve l’Acec. L’associazione si occupa, su incarico dell’episcopato, del coordinamento, della promozione e della tutela delle «sale della comunità», strutture polivalenti che sviluppano una pastorale culturale. Non è tramontata l’esperienza del cineforum in parrocchia. Si è rinnovata per adattarsi ai nuovi scenari. Oggi come ieri un buon film, uno spettacolo teatrale, un’esibizione canora di qualità possano interpellare la coscienza, svegliare la mente e il cuore, cementare una comunità. Oggi le «sale della comunità» sono 800 sparse sul territorio nazionale e l’Acec svolge un lavoro culturale insostituibile. Affronta con grande attenzione temi sensibili come le nuove piattaforme.
Molte sale hanno accettato la sfida del passaggio al digitale e sono rimaste aperte, a fronte di sforzi economici non indifferenti. Lo hanno fatto perché consapevoli di essere un punto di riferimento per la comunità e di avere un ruolo sociale. Ogni anno in Italia riaprono una quindicina di «sale della comunità»: proiettano pellicole d’autore; organizzano cineforum; ospitano convegni, rappresentazioni teatrali, eventi musicali. Molte operano in quelle che Papa Francesco chiama «le periferie» ed esercitano una «carità culturale» non meno preziosa e utile di quella materiale. Sullo sfondo c’è il messaggio cristiano.