L’apertura del Concilio nel diario di Loris Capovilla

11 ottobre 2022 – «Inizia il Concilio adolescenza di un giorno esuberante di luce per la Chiesa. È solo l’aurora, e già i primi raggi del sole nascente soavemente carezzano l’animo nostro!». Così l’Arcivescovo Loris Francesco Capovilla – che a Venezia e in Vaticano fu segretario di Angelo Giuseppe Roncalli – racconta il diario di quella giornata vissuta accanto a Papa Giovanni XXIII

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Giovanni XXIII con il Segretario Loris Capovilla

«Inizia il Concilio adolescenza di un giorno esuberante di luce per la Chiesa. È solo l’aurora, e già i primi raggi del sole nascente soavemente carezzano l’animo nostro!». Giovanni XXIII nel discorso di apertura del Vaticano II saluta come «faustissimo giorno» quell’11 ottobre 1962, consapevole di essere giunto «alle falde della santa montagna». Così l’arcivescovo Loris Francesco Capovilla – che a Venezia e in Vaticano fu segretario di Angelo Giuseppe Roncalli – racconta il diario di quella giornata vissuta accanto a Papa Giovanni.

UNA SETTIMANA DI RITIRO SPIRITUALE – «Dall’8 al 16 settembre si era preparato con una settimana di ritiro alla Torre San Giovanni e aveva formulato il “riassunto di grandi grazie fatte a chi ha poca stima di sé”. Nella notte la pioggia batte sui tetti e sul selciato di piazza San Pietro: se ne farebbe volentieri a meno. All’una di notte mi telefona per recitare con lui il “Veni Creator”. Rilegge il discorso di apertura: soavità e grazia si sprigionano dalla sua persona di uomo e sacerdote. Alle 6,30 celebra da solo la Messa della Divina Maternità di Maria e assiste a quella del segretario. Cessata la pioggia, splende il sole. Col rosario in mano percorre più volte il salone, accostandosi ogni tanto alle finestre». La giornata entra nel vivo. Giovanni XXIII porta l’anello e la croce pettorale di Pio XII. Alle 8,30 esce dall’appartamento privato indossando una stola d’oro, dono dell’episcopato degli Stati Uniti. Lungo le Logge di Raffaello cammina in silenzio. Alle 9 è in ginocchio nella Cappella Paolina «ignaro, dei circostanti, il volto tra le mani, severo e sereno. La sofferenza sembra risparmiarlo. Adora il Santissimo Sacramento esposto».

I VESCOVI SCENDONO COME UN FIUME IN PIAZZA SAN PIETRO – Si avvia la lenta e lunga processione: i vescovi, in piviale e mitra bianchi scendono come un fiume in piazza San Pietro. Un’immagine indimenticabile. Inizia il XXI Concilio ecumenico. L’inno in onore dell’Immacolata accompagna i passi di Pietro e dei successori degli Apostoli. «Tutti Sono contagiati – annota il diligente segretario – da intensa commozione. Al Portone di bronzo scoppia l’applauso della folla in piazza San Pietro. Il Papa tiene le mani incrociate sul petto, gli occhi bassi. Nulla lo distrae. Le campane fanno esultare gli animi. La scena richiama le parole da lui pronunciate l’’8 dicembre 1958: “Le disposizioni che avvolgono la persona del nuovo eletto prescrivono la prostrazione di tutti innanzi a lui, come a vicario di Cristo. Lasciate che vi dica in confidenza e con intima emozione: chi più sente il bisogno di prostrarsi e si prostra in atto di umile adorazione innanzi al Padre delle misericordie questi sono io per primo”». In basilica lo accoglie il canto “Tu es Petrus” di Lorenzo Perosi.
COLPO DI SCENA: IL PAPA PROCEDE A PIEDI – Poi il colpo di scena: a metà
basilica il Papa «scende dalla sedia gestatoria, procede a piedi, le braccia allargate nel
gesto dell’accoglienza e dell’amicizia, avanza come Pietro sulle acque, sorretto dalla
certezza di non affondare. Nella notte aveva letto una puntuale riflessione del
cardinale Franz König, arcivescovo di Vienna: “Il Concilio avviene sotto il segno di
un rivolgimento di portata mondiale. La coscienza dell’unità umana, la tecnica, la
fede nella scienza e la potenza di nuove ideologie caratterizzano la nostra epoca. La
Chiesa è legata ai processi vitali e agli avvenimenti del mondo. Come potrebbe uno
sviluppo così rivoluzionario non interessare la Chiesa? La Chiesa, per mezzo di una
rinnovata e approfondita autocomprensione, deve essere all’altezza del tempo – che
congiunge tutte le razze e i continenti in unità nel bene e nel male – in modo che
risalti nella sua fede e nella sua verità immutabile. La Chiesa si arma, sotto la guida
del suo capo supremo, per continuare la sua missione di rinnovare la vita religiosa e
venire incontro alla speranza della riunione di tutti i cristiani”».

GENUFLESSO, GIOVANNI XXIII APRE IL CONCILIO – Il decano del Collegio
cardinalizio il francese Eugenio Tisserant canta la «Missa de Spiriti, Sancto».
Seguono il rito dell’obbedienza e la professione di fede: «Io, Giovanni, Vescovo
della. Chiesa cattolica, credo in un solo Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e
della terra …». La formula è ripetuta dai padri conciliari. Come nel Cenacolo il
successore di Pietro prega: «Eccoci, Spirito Santo, alla tua presenza, gravati dal peso
dei nostri peccati, ma riuniti nel tuo nome. Insegnaci ciò che dobbiamo fare, la mèta
da raggiungere. Non permettere che offendiamo la giustizia. Non ci tragga in errore
l’ignoranza, non ci devii il favore, non ci corrompano l’interesse o il vantaggio. Ci sia
dato di fare una sola cosa con te e non allontanarci dalla verità». Si cantano le
litanie dei santi, si proclama il Vangelo in latino e in greco. «È suonato mezzogiorno
– ricorda il segretario – quando il Papa declama lentamente in latino il discorso
“Gaudet Mater Ecclesia”: lettura limpida, chiara, sonora di 35 minuti. Lo schema è
seducente: la Chiesa è in festa; i Concili sono un provvidenziale arricchimento di
vita; affrontiamo intrepidi il futuro; dissentiamo dai “profeti di sventura”; compito del
Vaticano II è custodire l’integrità dottrinale, promuoverne la conoscenza, proseguire
il cammino; come evangelizzare e far fronte agli errori; la medicina della
misericordia; sollevare la fiaccola della verità e della giustizia; amore, potestà e gloria
a Cristo, redentore dei popoli e dei secoli».

LA RIVOLUZIONE D’OTTOBRE DELLA CHIESA – Un brano del discorso
documenta con quale spirito Papa Giovanni si appresta a guidare il Concilio grazie al
quale – osserva il teologo Yves Congar – «la Chiesa ha fatto pacificamente la sua
Rivoluzione d’ottobre». Afferma il Pontefice: «Sempre la Chiesa si è opposta agli
errori. Ora preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che quella della
severità; vuole mostrarsi madre amorevole di tutti, benigna, paziente, piena di
misericordia e di bontà, anche verso i figli da lei separati. Dalla rinnovata, serena e
tranquilla adesione a tutto l’insegnamento della Chiesa nella sua interezza e
precisione, lo spirito cristiano attende un balzo in avanti verso una penetrazione
dottrinale e una formazione delle coscienze». Al termine – nota Capovilla –
«indifferente al prolungato applauso, guarda attorno quasi a cogliere le impressioni
negli occhi dei vicini. Alle 13,30 si affaccia al balcone e saluta la folla. Dopo 4 ore e
45 minuti non sembra stanco. Fa colazione tutto solo. Il segretario gli legge alcuni
messaggi. Riposa tre quarti d’ora. Prolunga l’adorazione in cappella. Rilegge il
regolamento del Concilio e revisiona i discorsi alle 86 missioni straordinarie e alla
stampa. Detta il messaggio per gli osservatori delegati».

COME È NATO IL «DISCORSO DELLA LUNA» – Per le 19,30 è in programma la
fiaccolata in piazza San Pietro. «Tutto preso dall’incantesimo del mattino, se n’è
dimenticato. Quando l’avverto, taglia corto: “Per oggi basta. Non conviene che il
Papa torni a farsi vedere e parli una seconda volta”. Sto in silenzio e lo guardo.
Sembra chiedermi “Che altro vuoi?”. “Santo Padre, date almeno un’occhiata alla
piazza”. Guarda, si convince: “Aprite la finestra, darò la benedizione ma non
parlerò”. Cosa sia accaduto nel suo animo, non saprei spiegare. La folla acclamante,
le fiaccole al vento, i canti, il ricordo del Concilio di Efeso risvegliano in lui la vena
della poesia e della profezia. Gli sale alle labbra l’improvviso, famoso e mai
dimenticato “Discorso della Luna”». Parole che conquisteranno e commuoveranno il
mondo: «Cari figliuoli, sento le vostre voci. La mia è una voce, sola, ma riassume la
voce del mondo intero; qui tutto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la
Luna si è affrettata stasera. Osservatela in alto, a guardare questo spettacolo. La mia
persona conta niente: è un fratello che parla a voi, diventato padre per la volontà di
nostro Signore. Ma tutti insieme, paternità e fraternità e grazia di Dio. Continuiamo
a volerci bene così, guardandoci così nell’incontro: cogliere quello che ci unisce,
lasciar da parte, se c’è, qualche cosa che ci può tenere un po’ in difficoltà. Tornando a
casa, troverete i bambini, date una carezza ai vostri bambini e dite: “Questa è la
carezza del Papa”. Troverete qualche lacrima da asciugare: dite una parola buona. Il
Papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e dell’amarezza. E poi, tutti
insieme ci animiamo: cantando, sospirando, piangendo, ma sempre pieni di fiducia
nel Cristo che ci aiuta e ci ascolta, continuiamo a riprendere il nostro cammino».

I PALETTI DEL CONCILIO VATICANO II – Nella lettera apostolica di indizione
«Humanae salutis» del 25 dicembre 1961 aveva fissato i paletti del Vaticano II: «Il
Concilio si riunisce in un momento in cui la Chiesa avverte più vivo il desiderio di
fortificare la sua fede e di rimirarsi nella propria stupenda unità e sente più urgente il
dovere di dare maggiore efficienza alla sua sana vitalità, e di promuovere la
santificazione dei suoi membri, la diffusione della verità rivelata. Sarà una
dimostrazione della Chiesa sempre giovane, che sente il ritmo del tempo, irraggia
nuove luci, attua nuove conquiste, pur restando sempre fedele al suo sposo Cristo
Gesù». Il Papa recita ancora il rosario, guarda la tivù, si lascia convincere a prendere
qualcosa a cena, segue lo speciale della Televisione italiana e lo giudica ben fatto.
Conclude Mons. Capovilla: «Se mi chiedono cosa mi sia rimasto più impresso di quel
giorno memorabile, rispondo: la sua buona notte. Ci disse: “Non mi aspettavo tanto.
Mi bastava averlo annunciato il Concilio. Invece Dio mi ha permesso di avviarlo.
Grazie a lui, grazie a tutti. Basta. Buona notte. Leggetevi l’“Imitazione di Cristo”,
libro terzo capitolo quinto, numero quattro”. In ginocchio bacio la mano che ha
beneficato i figli della Chiesa e l’umanità: “Buona notte, Santo Padre, siate
ringraziato”. Corro ad aprire l’”Imitazione” e leggo: “Chi possiede l’amore, corre,
vola, pieno di gioia, libero da ogni impaccio. Egli dà tutto in compenso del Tutto che
possiede perché il suo cuore riposa nell’Essere sommo”». Il grande scrittore francese
François Mauriac commenta su «Le Monde»: «Comprendo il volto umano della
Chiesa mentre inizia il Concilio, adesso che Giovanni XXIII ha detto le parole di
misericordia, che ho sempre desiderato sentire, alla presenza dei fratelli separati; ha
saputo annientarsi: tramite il Vegliando lo Spirito d’amore e di consolazione parla al
mondo. Pietro non è più quel vecchio isolato, rinchiuso in casa dai suoi servitori. Lo
vedo circondato da tutti i suoi figli, persino da coloro che avevano chiesto la loro
parte di eredità e si erano allontanati. Non pronuncia anatemi, non maledice: è grazie
a questo che tutte le Nazioni si volgono al pescatore di uomini».

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