Nosiglia ai detenuti: «non temete Dio ama tutti»

Penitenziari torinesi – Mons. Nosiglia domenica 22 e lunedì 23 ha celebrato la Messa di Natale con i detenuti, gli agenti e i volontari del carcere minorile «Ferrante Aporti» e di quello per gli adulti «Lorusso e Cutugno». In entrami gli istituti ha consegnato personalmente a tutti i detenuti la Lettera di Natale – Pubblichiamo integralmente l’omelia pronunciata al carcere delle Vallette

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Istituto Ferrante Aporti: mons. Cesare Nosiglia durante la concelebrazione nel pomeriggio di domenica 22 dicembre

«Il Bambino che nasce a Natale è colui che ha detto: ero carcerato e mi sei venuto a trovare. Oggi anticipo la Festa del Natale con voi perché qui Gesù è veramente presente; lo vedo e incontro nei vostri occhi e lo sento nella vostra presenza carica di attesa e di speranza». È iniziata così l’omelia, dell’Arcivescovo nella Messa celebrata con i detenuti e le detenute nel carcere torinese «Lorusso e Cutugno», nella mattinata di 23 dicembre.

I penitenziari torinesi, fin dall’inizio del suo episcopato a Torino, sono una delle tappe irrinunciabili del «Presepe dell’Arcivescovo» nei tanti luoghi di sofferenza della diocesi. Così nel pomeriggio di domenica 22, mons. Nosiglia ha celebrato il Natale con una trentina dei 44 giovani ristretti all’Istituto minorile «Ferrante Aporti», i volontari, gli educatori e gli agenti accolto dal cappellano don Domenico Ricca, dalla vicedirettrice Gabriella Picco, dal Procuratore Emma Avezzù colpita durante le festività natalizie da un grave lutto: la morte improvvisa del marito, il magistrato Gian Paolo Volpe, 60 anni.

Hanno animato la Messa, come di consueto, i giovani della vicina parrocchia della Visitazione di Maria Vergine e San Barnaba accompagnati dal parroco don Gianmarco Suardi «rinforzati» per l’occasione dal coro dei giovani della parrocchia Gesù Maestro di Collegno. Al termine, prima della cioccolata calda offerta dagli educatori e dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, l’Arcivescovo ha incontrato uno per uno i giovani ristretti informandosi sulla loro situazione, incoraggiandoli a non perdere la fiducia mentre don Claudio Belfiore, direttore del vicino Istituto salesiano «Agnelli» ha donato ai ragazzi la lettera di Papa Francesco sul Presepe.

L’indomani, con i detenuti e le detenute radunate nel teatro della Casa circondariale «Lorusso e Cutugno» in un carcere, come ha evidenziato il direttore Domenico Minervini, che patisce il sovraffollamento e la carenza di personale ma che cerca di fare il possibile perché il tempo della pena sia occasione per ripensare alla propria vita, l’Arcivescovo ha ripetuto che la Chiesa torinese vuole essere vicina a chi sta dietro le sbarre. La Messa, animata dai cappellani e da un coro di detenuti coordinati da alcuni volontari è stata molto partecipata, le parole dell’Arcivescovo, che pubblichiamo integralmente, molto apprezzate dall’assemblea che ha ringraziato con un lungo applauso. Anche ai reclusi adulti, mons. Nosiglia ha voluto donare personalmente la sua Lettera di Natale e, per una ventina di ristretti che seguono la catechesi settimanale curata dal Gruppo Neocatecumenale, l’Arcivescovo ha consegnato la Bibbia augurando un «buon cammino di fede».

 

OMELIA DI MONS.CESARE NOSIGLIA

Messa di Natale con i detenuti  nella Casa Circondariale «Lorusso e Cutugno»

Torino, 23 dicembre 2019

Cari amici,

sono qui in mezzo a voi per dirvi che vi sono vicino come vostro Vescovo e amico e per esprimere la mia personale attenzione e quella della Chiesa di Torino alla realtà del carcere. Desidero dirvi che mi sento profondamente coinvolto con i problemi e le speranze che sono presenti nel cuore di ciascuno di voi che vivete in carcere e a quanti lavorano in questo Istituto.

Il Figlio di Dio e Figlio di Maria che nasce a Natale è colui che ha detto: ero carcerato e mi sei venuto a trovare. Io oggi anticipo la Festa del Natale con voi perché qui Gesu’ è veramente presente; lo vedo e incontro nei vostri occhi e lo sento nella vostra presenza carica di attesa e di speranza.

Maria la madre che ha concepito e dato alla luce per opera dello Spirito Santo il Figlio Unigenito di Dio si è sentita annunciare dall’angelo: colui che nascerà sarà Santo e salverà il suo popolo dai suoi peccati.Il suo popolo sono anzittutto coloro che soffrono, i poveri, gli ultimi e gli emarginati dalla società, siete voi.

Sì, vorrei che dentro di voi crescesse oggi la convinzione di fede che Gesu’ il salvatore è nato e si fa ancora oggi presente in questo carcere per dirvi quanto vi ama così come siete e quanto gli siete cari. Lo fa anche attraverso la mia persona, le mie parole che vi assicurano: Lui il Figlio di Dio è con voi ogni giorno, accoglie le vostre preghiere, ascolta i gemiti del vostro cuore, vi offre speranza in un futuro migliore.

Facciamo di questo Natale un evento di speranza e non temiamo perché quanto è avvenuto duemila anni fa si riavvera anche qui oggi e ogni volta che ci affidiamo a questo salvatore potente che ci ama piu’ di quanto noi lo amiamo e mai ci abbandona al nostro difficile destino di uomini peccatori.

Il carcere è una realtà complessa ed è una sfida per me rivolgermi a tutti voi che lo abitate, persone detenute e personale che vi lavora, perché credo siano più le cose che vi accomunano che quelle che vi dividono, come mi pare di percepire in ciò che alcune persone detenute mi hanno scritto: “Se dovessimo considerare le mura che ci circondano e le inferriate che limitano la nostra libertà di movimento, non avremmo nemmeno il coraggio di impugnare una penna per scrivere. Invece con la mente siamo sempre oltre le mura e scrivendo evadiamo da questa cruda realtà. Certo, se fossimo perfetti non ci troveremmo qui, nel contenitore angusto delle persone inclini alla disobbedienza. Ma anche in questo contenitore c’è sempre da imparare qualcosa, anzitutto riflettendo sulla nostra vita e ricordando che i dolori più grandi sono quelli di cui noi stessi siamo causa”.

Anche se non è facile farvi sentire spesso la mia vicinanza, vi assicuro che mi siete cari e per questo fonte di grande preoccupazione. Preoccupazione che nasce da molteplici considerazioni. Anzitutto la vostra numerosa presenza che crea condizioni di vita difficili e spesso non degne di una persona umana, pone forti interrogativi sulla giustizia nel nostro Paese e sulla qualità della vita sociale. La scarsità delle risorse umane e materiali disponibili alla gestione della struttura interroga sulle concrete possibilità che il carcere risponda alle sue finalità.

Quando considero il carcere, e lo faccio spesso, penso infatti a una realtà impegnata a promuovere il riscatto morale e civile di tante persone che hanno sbagliato e a servire il bene del nostro Paese e della società. Ma com’è difficile considerare un bene la privazione della libertà e le sofferenze che essa comporta:la lontananza dalla famiglia e dagli affetti più cari,il peso del proprio errore, la mancanza di un’occupazione per impegnare il tempo, l’affanno psicologico per come andranno le cose. Il Signore conosce il cuore di ogni uomo, la sofferenza che lo abita e le speranze che lo animano.

Sono convinto che abbiamo tutti una parte di responsabilità riguardo alla vostra presenza in carcere e questo mi impegna a fare il possibile perché la vostra vita sia dignitosa e soprattutto possa essere riscattata. Non deve mancarvi la speranza e la nostra solidarietà nell’offrirvi un futuro diverso, oserei dire felice perché Dio vuole la nostra felicità. A chi sbaglia per l’ennesima volta vorrei ricordare che può essere l’ultima, se accetta di chiedere aiuto a Dio e ai fratelli.

Penso inoltre a voi che avete la responsabilità di dirigere la struttura e che avete il compito di garantire la sicurezza. Penso a voi diversi operatori: educatori, medici e infermieri, psicologi e assistenti sociali, insegnanti… Penso ai cappellani ed ai volontari. Non dimentico i magistrati e gli avvocati. Tutti insieme alla ricerca della verità che renda umana e giusta la convivenza.

Mons. Cesare Nosiglia con i volontari che hanno animato la Messa di Natale con i detenuti dell’ Istituto minorile Ferrante Aporti

A voi agenti penitenziari, chiedo in particolare di rimanere accanto alle persone che vi sono state affidate con grande umanità e fraternità. Il vostro lavoro sarà più efficace se sarete attenti alle piccole cose e se saprete guardare il volto di chi passa attraverso il cancello scorgendovi anzitutto un fratello da rispettare. In Cristo siamo tutti fratelli e non lo dobbiamo mai dimenticare. Dietro ad ogni volto indurito, dentro ad ogni persona apparentemente insensibile c’è un cuore che pulsa, pieno di sentimenti di bene che non sono diversi dai nostri. Non è da sottovalutare l’apprezzamento che hanno di voi i detenuti che custodite: sono sicuro che molti vi stimano. La vostra testimonianza di unità e di amicizia, di serena collaborazione, che esprimete gli uni verso gli altri è un grande valore per tutti quelli che vivono, lavorano e frequentano il carcere.

Cari amici,

non abbiate paura di chiedere perdono alle persone che avete ferito e a Dio. Il perdono non toglie l’obbligo di pagare il proprio conto alla giustizia ma porta nel cuore tanta serenità e pace. Chiedere perdono e offrire perdono significa vivere il cuore del messaggio cristiano che Gesu’ ci ha testimoniato con la sua nascita e la sua morte in croce: egli ci ha insegnato a non lasciarsi mai vincere dal male ma superarlo con il bene perché “a chi molto ama molto sarà perdonato”. Il resto della vostra vita sia ricco di carità, un canto di lode a Dio che ama tutti e tutto perdona. Non c’è miglior operatore di guarigioni di chi ha sperimentato su di sé il dolore fisico, morale e spirituale causato da uno sbaglio o da un peccato, ed è guarito.

So che in carcere lontani dalla famiglia e ai margini della società con un grande peso nell’animo si sente il bisogno di pregare e di trovare per trovare risposte a domande importanti, quali: perché è capitato a me? mi merito quello che sto vivendo? ritroverò le persone che amo? sarò capace di trovare lavoro e avere una casa? come si fa a pregare? Dio mi ascolterà? Dio mi perdonerà?

Sì ve lo assicuro Dio vi ascolta, vi capisce nel cuore e vi ama.

Desidero rivolgere infine ai cari volontari, ai cappellani e ai sacerdoti che frequentano il carcere il mio e vostro piu’ sentito grazie per l’impegno generoso che svolgono visitandovi e prendendosi cura di voi. Ricordate, cari amici, che il vostro servizio è un privilegio che vi è stato concesso perché operare dentro il carcere e vi dà modo ci scoprite nel volto e nella persona detenuta e di ogni operatore, il nostro Dio che si fa accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito e dona consolazione e speranza.

Fatevi portavoce di chi non ha voce, presso la comunità cristiana e quella civile perché sappia guardare al carcere come a una realtà pienamente inserita nel tessuto della società e mostri attenzione ai suoi problemi e necessità, sappia predisporre percorsi di riaccoglienza di chi scontata la colpa cerca un reinserimento dignitoso nella vita familiare e sociale .

E infine saluto con grande affetto, voi che abitate questo Istituto; vorrei farlo uno a uno perché vi considero amici in quanto vescovo e padre di coloro che Dio mi ha affidato come figli e fratelli.

E vi dico: non temete, abbiate sempre speranza nel cuore, fondata su Dio, sulla vera giustizia che egli ispira e sulla solidarietà e l’amore dei vostri cari e di tante persone che vi sono vicine e vi accompagnano con amore.

In questo tempo di Natale costante sarà il mio ricordo nella preghiera per ciascuno di voi e i vostri familiari. Auguri dunque e vi benedico di cuore. Buon Natale..

+ Cesare  Nosiglia

Vescovo, padre , amico

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