«Le emissioni pro capite negli Stati Uniti sono il doppio di quelle di un abitante della Cina e sette volte maggiori dei Paesi più poveri». Papa Francesco non gioca con le parole. Va dritto al cuore dei problemi con l’esortazione apostolica (4 ottobre 2023) «Laudate Deum, Lodate Dio» che completa l’enciclica «Laudato si’» (24 maggio 2015). «Un essere umano che pretende di sostituirsi a Dio diventa il peggior pericolo per sé stesso». In 6 capitoli e 73 paragrafi specifica e completa quanto affermato nel precedente testo sull’«ecologia integrale» e lancia un allarme e una chiamata alla corresponsabilità di fronte al cambiamento climatico. L’esortazione guarda in particolare alla COP28 a Dubai a fine novembre-inizio dicembre 2023: «Non reagiamo abbastanza poiché il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura. Il cambiamento climatico danneggerà sempre più la vita di molte persone e famiglie. È una sfida che la società e la comunità globale devono affrontare: gli effetti sono subìti dalle persone più vulnerabili».
Cambiamento climatico sempre più evidente – «Per quanto si cerchi di negarli, nasconderli, dissimularli, relativizzarli, il cambiamento climatico è sempre più evidente. Assistiamo a fenomeni estremi, caldo anomalo, siccità e altri lamenti della terra. Così aumentano significativamente le probabilità di eventi estremi più intensi». Superando i 2 gradi di aumento della temperatura «le calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide si scioglieranno completamente, con conseguenze enormi e molto gravi per tutti. C’è un’insolita accelerazione del riscaldamento, con una velocità tale che basta una sola generazione per accorgersene». I negazionisti «nel tentativo di semplificare la realtà, incolpano i poveri di avere troppi figli e cercano di risolvere il problema mutilando le donne. Sembra che la colpa sia dei poveri. Ma una piccola parte ricca della popolazione inquina di più rispetto al 50 per cento di quella più povera e le emissioni pro capite dei Paesi più ricchi sono molto superiori a quelle dei più poveri. L’Africa, con più di metà dei poveri, è responsabile solo in minima parte delle emissioni». Non è vero che la riduzione di combustibili fossili «porterà a una riduzione dei posti di lavoro. Milioni di persone perdono il lavoro per il cambiamento climatico: innalzamento del livello del mare, siccità e molti altri fenomeni lasciano parecchia gente alla deriva».
Indubitabile origine umana – La concentrazione dei gas serra nell’atmosfera è stabile fino al XIX secolo; negli ultimi cinquant’anni c’è una forte accelerazione e la temperatura aumenta a una velocità inedita: «A questo ritmo tra dieci anni raggiungeremo il limite massimo globale di 1,5 gradi con acidificazione dei mari e scioglimento dei ghiacci. La crisi climatica però non interessa alle grandi potenze economiche, che si preoccupano di ottenere il massimo profitto al minor costo e nel minor tempo possibile». Il Papa precisa: «Certe opinioni sprezzanti e irragionevoli sono anche all’interno della Chiesa». Alcune manifestazioni della crisi climatica sono irreversibili «mentre lo scioglimento dei Poli non può essere invertito per centinaia o migliaia di anni». È quindi «urgente una visione più ampia. Non ci viene chiesto nulla di più che la responsabilità per l’eredità che lasceremo». Ricordando la pandemia ripete «Tutto è collegato e nessuno si salva da solo».
L’idea dell’uomo senza limiti – Dannosa è la visione tecnocratica, «pensare come se la realtà, il bene e la verità sbocciassero spontaneamente dalla tecnologia e dall’economia, basandosi sull’idea dell’uomo senza limiti. Mai l’umanità ha avuto tanto potere che risiede in una piccola parte. Come insegna la bomba atomica l’immensa crescita tecnologica non è accompagnata dallo sviluppo dell’uomo in termini di responsabilità, valori e coscienza». L’umanità ha compiuto «progressi tecnologici impressionanti e sorprendenti. Non ci rendiamo conto che siamo diventati altamente pericolosi, capaci di mettere a repentaglio la vita di molti esseri e la nostra sopravvivenza. Il potere reale si maschera dietro il mercato e la falsa informazione». Condanna «il potere assoluto che realizza progetti inquinanti senza dire alle popolazioni che dietro resterà una terra devastata»: il caso più macroscopico è l’Amazzonia «polmone verde» della Terra. «La logica del massimo profitto al minimo costo, mascherata da razionalità, progresso e promesse illusorie inganna i poveri: estasiati davanti alle promesse di tanti falsi profeti, cadono nell’inganno di un mondo che non viene costruito per loro».
Politica internazionale troppo debole – Sono necessari «accordi multilaterali tra gli Stati e organizzazioni mondiali più efficaci, dotate di autorità per assicurare il bene comune mondiale, lo sradicamento della fame e della miseria e la difesa dei diritti umani fondamentali». Deplora che «le crisi globali vengano sprecate». È successo nella crisi finanziaria del 2007-08 e nel dopo-pandemia: maggiore individualismo, minore integrazione, maggiore libertà per i potenti «che trovano sempre modo di uscire indenni: se i cittadini non controllano il potere nazionale, regionale e municipale, non possono contrastare i danni ambientali. Non si tratta di sostituire la politica ma il multilateralismo è una strada inevitabile. Bisogna pensare non solo agli equilibri di potere ma anche alla necessità di rispondere alle nuove sfide con regole universali ed efficienti».
Le varie conferenze sul clima – Per quella di Parigi (2015) l’accordo è entrato in vigore nel novembre 2016: «Pur essendo vincolante, non tutti i requisiti sono obblighi in senso stretto e alcuni di essi lasciano spazio a un’ampia discrezionalità»; non sono previste sanzioni per gli obblighi non rispettati e mancano strumenti per garantirne l’osservanza; «si lavora per stabilire procedure concrete di monitoraggio e criteri generali sugli obiettivi dei diversi Paesi». Deludente quella di Madrid (2019). Quella di Glasgow (2021) ha rilanciato gli obiettivi di Parigi «ma le proposte per garantire una transizione rapida ed efficace verso energie meno inquinanti non hanno fatto progressi». Quella del Cairo (2022) «è stata un ulteriore esempio della difficoltà dei negoziati internazionali che non possono avanzare a causa delle posizioni dei Paesi che privilegiano i propri interessi nazionali al bene comune globale».
Cosa ci si aspetta da Dubai (2023)? – «Non aspettarsi nulla sarebbe autolesionistico, perché significherebbe esporre l’umanità al peggiore cambiamento climatico. Sogniamo una decisa accelerazione con impegni efficaci. Questa Conferenza può essere un punto di svolta. La transizione verso energie pulite non procede abbastanza velocemente. Non si può cercare solo un rimedio tecnico: rischiamo di rimanere bloccati nella logica di rattoppare». Il documento chiede di porre fine «all’irresponsabile presa in giro che presenta la questione come “verde”, romantica, spesso ridicolizzata. Si tratta di un problema umano e sociale in senso ampio, che richiede il coinvolgimento di tutti». Auspica che da Dubai emergano «forme vincolanti di transizione energetica efficienti e facilmente monitorabili. Si pensi al bene comune e al futuro dei figli, piuttosto che agli interessi di qualche Paese o azienda. Ai potenti oso chiedere: Perché si vuole mantenere un potere che sarà ricordato per la sua incapacità di intervenire quando era urgente e necessario farlo?».
Un impegno che scaturisce dalla fede cristiana – L’ecologia integrale scaturisce dalla fede cristiana: «Incoraggio i fratelli e le sorelle di altre religioni a fare lo stesso. La visione giudaico-cristiana sostiene il valore peculiare e centrale dell’uomo. Siamo uniti da legami invisibili e formiamo una sorta di famiglia universale, una comunione sublime che ci spinge a un rispetto sacro, amorevole e umile, perché Dio ci ha unito strettamente al mondo. Non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali, senza una maturazione del modo di vivere e delle convinzioni sociali».
Pier Giuseppe Accornero