Dopo la fiaccolata per il lavoro di venerdì 13 dicembre a Torino (servizio pagina 3) tutte le Istituzioni si sono impegnate a moltiplicare gli sforzi per salvaguardare i posti di lavoro e, se possibile, crearne di nuovi soprattutto per i giovani. È quanto si aspettano i lavoratori che rischiano di perdere il posto di lavoro e i giovani che il lavoro non ce l’hanno, ma bisogna fare in fretta perché gli ultimi dati resi dall’Istat sull’andamento del mercato del lavoro in Piemonte sono preoccupanti. Anche il bilancio dei primi 9 mesi di quest’anno è deludente.
Nel terzo trimestre 2019 gli occupati in Piemonte sono diminuiti di 17 mila unità (-0,9%) rispetto all’analogo periodo del 2018. Le donne occupate sono diminuite di 9 mila unità; i maschi di 8 mila. Nello stesso periodo le donne in cerca di occupazione sono cresciute di un terzo mentre i maschi alla ricerca di lavoro sono diminuiti di un quinto.
Il tasso di disoccupazione è risalito dal 7,3% al 7,8%, quello delle donne ha compiuto un balzo di 2,5 punti percentuali (dal 7,6% al 10,1%): quello degli uomini è sceso dal 7,1% al 5,9%. Solo l’agricoltura, l’edilizia il commercio i pubblici esercizi hanno aumentato, sia pur di poco, gli organici; l’industria li ha ridotti di 25 mila unità; gli «altri servizi» di 9 mila. Il taglio ha colpito i lavoratori alle dipendenze scesi di 34 mila unità, mentre gli indipendenti, costituiti in larga parte da partite Iva, sono cresciuti di 16 mila unità.
L’invito a fare in fretta diventa pressante se si mettono a confronto le «performance» del Piemonte con quelle delle altre regioni. Solo in altre tre (Friuli Venezia Giulia, Calabria e Sardegna) l’occupazione è diminuita. Il calo complessivo è stato di 44 mila unità; per più di un terzo vi ha contribuito la nostra regione. Il divario con i tassi di disoccupazione della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia Romagna rimane attestato attorno ai 2,5 punti percentuali e non accenna a diminuire. Possiamo consolarci con la Liguria che sta peggio del Piemonte ma è una consolazione da poco.
Un quadro più stabilizzato del mercato del lavoro in cui si ricompongono almeno in parte gli squilibri rilevati nei diversi trimestri si ricava dalla media dei dati riferiti ai primi nove mesi dell’anno. Anche in questo caso il quadro che emerge è deludente soprattutto se confrontato con quello delle altre regioni del Nord. Da noi l’occupazione è praticamente ferma, in tendenziale ribasso (-3mila unità). Arretrano sia l’industria manifatturiera che le costruzioni, è venuto meno l’apporto del terziario mentre solo l’agricoltura mostra un buon dinamismo. In Lombardia ci sono 63 mila occupati in più; in Emilia e in Veneto 25 mila rispettivamente.