Le vittime senza voce della pandemia sono tante, spesso nascoste. Non urlano in tv, non manifestano nelle strade e nelle piazze, soffrono in silenzio come hanno fatto tante nostre mamme e molti papà negli anni della guerra e nella miseria del dopo. E in questo scenario nel quale il governo parla poco con le Regioni, le Regioni altrettanto con Comuni, cominciamo a «leggere» i contorni delle nuove vittime vive del dramma mondiale. E questo, al di là dei tafferugli a Napoli, Roma, Torino. Mi colpisce una splendida frase di Graziano Del Rio che vale di più di cento analisi d’esperti: «Mi spaventa la rabbia dei miti». La gente vuole regole precise, certezze, strategia, prospettive, l’incertezza ci potrebbe portare al naufragio. Tre Dpcm in una settimana sono un caso mai successo! Ma ecco le prime vittime, quelle «senza voce».
I nuovi poveri. Sono tanti quelli che faticano a pagare le bollette. Ci sono soprattutto anziani, magari con figli che hanno perso il lavoro a tempo determinato e s’arrampicano sui vetri per sopravvivere. Sette i dormitori aperti dalla Chiesa torinese in anticipo sull’inverno e sul virus in città: cento posti, ma non basteranno. Cresce il numero delle persone in difficoltà. Lo sono anche le mense che hanno visto raddoppiare le richieste di pasti.
I reclusi nelle Rsa. Certo, tutto viene fatto per il loro bene e il bene supremo, la vita. Tuttavia cerchiamo di non essere ipocriti: stiamo condannando i nostri vecchi ad una vita da persone private della libertà. Tutto avverrà e avviene in condizioni di cortesia, benessere, gradevolezza. Ma ci chiediamo quanto sono lunghe le loro notti e le loro giornate: niente più animazione, incontri, carezze, baci. C’è solo la tv che da quasi un anno parla solo di coronavirus.
Gli over 65. L’80% è terrorizzato. Una indagine di Senior FederAnziani conferma che il 30% teme di morire in solitudine, il 42% soffre d’insonnia o dorme male ed è depresso, il 60% si è chiuso in casa. C’è un aumento delle presenze nei supermercati: sono caldi, c’è lo scanner per la temperatura e il liquido per igienizzarsi le mani e bisogna far scorrere le ore.
Gli ammalati. In Piemonte gli esami non urgenti sono sospesi!?! (sic!) Chi si sta curando per tumore o altro va in ospedale (quando può perché tutto è rinviato) con la paura addosso. Vive i rapporti con gli altri con apprensione, sfugge se può agli incontri per strada, sulle panchine, nei negozi. E così diventa, da subito sempre più solo nell’affrontare le malattie, le chemio, le visite, gli interventi.
I pendolari. Chi è obbligato a spostarsi per guadagnarsi lo stipendio viaggia spesso, nonostante le «grida manzoniane» che leggiamo sui giornali in condizioni non civili, soprattutto non di prevenzione.
Gli studenti. Saranno gli ultimi a stare a casa, ma intanto raggiungono le scuole su mezzi pubblici spesso superaffollati con rischi di contagio molto alti. Poi, ovvio, a scuola si muovono, se li hanno, coi banchi con le rotelle, entrano da una parte, escono dall’altra. E raddoppiare i bus?
I ragazzi. Centri d’incontro chiusi, molti luoghi di aggregazione (anche alcuni oratori) chiusi, ora pure piscine e palestre. Che fanno i ragazzi? Si ritrovano comunque da qualche parte, magari a consumare una pizza al taglio nei giardini e nei parchi, nel freddo o in vecchie case e fabbriche abbandonate. È una situazione davvero preoccupante. Molti, incominciate da poco le scuole, si ritrovano tuffati nelle lezioni «a distanza» che, certo, non sono il massimo.
I bambini. Sono sempre di meno nelle aree giochi dei centri commerciali, dei paesi e delle città. I genitori temono i contagi. E loro s’incontrano prematuramente con la noia.
I volontari. Il welfare assolutamente deficitario dello Stato è soccorso, ogni minuto del giorno, dai volontari. Ma, giustamente, ora hanno dubbi e paure anche loro. E sono sempre di meno
Negozi, bar, ristoranti, la stagione delle rivolte. Negozi, bar, ristoranti sono una componente, volenti o no, fondamentale delle vita sociale di paesi e città. Sono, troppo spesso, «taglieggiati» legalmente. È giusto? La rabbia sta esplodendo. Comincia la stagione delle rivolte. Sarebbe davvero sciocco ignorarlo. I nostri De Gasperi, Einaudi, Berlinguer, Donat Cattin non lo farebbero, i «fulmini di guerra» d’oggi sì?