Le elezioni italiane viste dai Paesi dell’Unione Europea

Analisi – All’indomani della consultazione italiana nei Paesi europei c’è forte preoccupazione non solo sulla tenuta economica e sociale dell’Italia, ma anche sul futuro di un’Europa alla vigilia di una possibile ripartenza del motore franco-tedesco

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Quartiere europeo - Bruxelles

Italia e Germania questa volta giocano un’altra partita, non più quella di calcio nella finale dei mondiali del 1982, ma quella politica e economica nell’Europa di oggi.

Il caso ha voluto che il 4 marzo entrambi i Paesi fossero chiamati alle urne: in Germania gli iscritti al Partito socialdemocratico (Spd) per esprimersi su un’alleanza con Angela Merkel, per la formazione di un governo di “Grande coalizione “, dopo un’attesa di sei mesi dal voto di settembre; gli elettori italiani per la formazione del nuovo Parlamento dal quale dovrebbe uscire il futuro governo, se possibile entro l’estate per evitare nuove elezioni in autunno.

Il risultato di queste consultazioni, che nell’Ue si intrecciano non solo per il calendario, hanno avuto esiti diversi, ma con qualche possibile analogia in prospettiva.

Le differenze sono evidenti: in Germania i partiti tradizionali hanno retto, anche se con difficoltà, all’onda d’urto di movimenti estremisti, riuscendo a condividere non senza fatica un comune programma di governo e risuscitando un’intesa in tempo per la Pasqua imminente.

Si tratta di un percorso politico difficile da pronosticare per l’Italia, vittima di una legge elettorale dissennata e di errori politici a ripetizione da parte, in particolare, di una sinistra divisa tra chi la voleva piegare verso il centro e chi era risucchiato dal fascino dell’opposizione.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: hanno vinto i partiti anti-sistema in un’Italia spezzata in due, con il Movimento Cinque Stelle vincitore al sud e tra i giovani e la Lega, prima al nord, grazie anche a un forte consenso di quanti hanno creduto in una riforma della legge Fornero e in mirabolanti riduzioni fiscali, oltre che in massicce e impraticabili espulsioni di immigrati.

Entrambi i vincitori non hanno esitato a puntare le loro carte contro l’Europa: più rozzamente la Lega allergica all’euro e, insieme con Fratelli d’Italia, affascinata dai Paesi ribelli del Gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca), se non addirittura dalla Russia di Putin; più flessibili e più prudenti i grillini, mettendo a tacere la retorica sul referendum sull’euro e aprendo a una nebulosa voglia di nuova Unione Europea.

In entrambi i casi le loro dichiarazioni hanno preoccupato i nostri partner europei che si interrogano sulle ricadute di questi due movimenti anti-sistema, non solo sulla tenuta economica e sociale dell’Italia, ma anche sul futuro di un’Europa alla vigilia di una possibile ripartenza del motore franco-tedesco.

Fin qui le differenze tra l’Italia e la Germania, al punto da far dire che stavolta in Europa tra le due squadre non c’è partita. Se non fosse per qualche analogia tra due Paesi pure così diversi per cultura politica oltre che per solidità economica.

Non è una consolazione, ma anche in Germania segnali di fragilità politica si intravvedono: per la prima volta la “Grande coalizione “ avrà una verifica a metà mandato, la Merkel si è molto indebolita; dall’altra parte, l’alleato socialdemocratico ha fatto il peggior risultato della sua storia, il suo leader, Martin Schulz , si è dimesso dopo aver fatto marcia indietro sulla sua precipitosa dichiarazione, il giorno del voto, di portare subito il suo partito all’opposizione, salvo tornare al tavolo della trattativa su pressante invito del Presidente della Repubblica.

Naturalmente si sta parlando della Repubblica tedesca, ma chissà che qualcosa di simile non capiti anche in Italia dove, come diceva Confucio, “Grande è la confusione sotto il cielo: la situazione è quindi eccellente”. Forse, alla fine, finirà per prevalere la mitica creatività italiana: lo sperano in molti anche in Europa.

 

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