Soffici, colorate, con o senza frange… frutto della fantasia e del lavoro di tante mani per diventare dono «fatto col cuore» che l’Arcivescovo consegnerà il 20 dicembre nel tradizionale incontro natalizio con i senza dimora presso la parrocchia di San Massimo. Sono le oltre 350 sciarpe che sono arrivate alla Caritas diocesana da parte delle comunità che hanno aderito al progetto sperimentale «Fare col cuore». Si tratta di circa 50 chilometri di filo di lana che «legheranno» anziani, famiglie e bambini con chi vive in condizioni di disagio economico, chi non ha casa, chi per strada deve affrontare i rigori del freddo aggravati dalla solitudine.
Una rete colorata e visibile nelle tante maglie sferruzzate «a legaccio», «a costa inglese», «rasate», ma anche invisibile per quel che riguarda quelle preghiere e quelle riflessioni che hanno animato il lavoro di tanti per destinatari ignoti. «Un doppio dono», spiega Pierluigi Dovis, direttore della Caritas diocesana «utile perché scalda chi vive al freddo ma che ricorda a chi lo riceve che qualcuno ha pensato a lui, che dietro il filo di lana c’è un filo di relazioni possibili a cui attaccarsi per non scivolare nella disperazione…».
«L’iniziativa», aggiunge Ivan Andreis, responsabile Animazione della Caritas di Torino, «prevedeva di realizzare un dono diverso dal solito, con una storia dietro, con una dedica o una preghiera che possa scaldare anche il cuore di chi la riceverà e, allo stesso tempo mirava a far intessere una rete di legami all’interno di comunità e tra generazioni diverse». «Ci aspettavamo un centinaio di capi», prosegue, «e invece ne abbiamo ricevuti più del triplo, un bel segno di una grande generosità e disponibilità a farsi coinvolgere».
Le comunità di bambini, genitori, ragazzi, anziani, nonni, catechiste che hanno partecipato sono quelle di Borgaretto, Bra, Cavallermaggiore, Mappano, Leinì, Piossasco, Piscina, Settimo Torinese, Trofarello, Venaria, Volvera, oltre ad alcune torinesi «e tutte sono desiderose di ripetere quest’esperienza».
Nello stile Caritas ecco che il gesto del «produrre la sciarpa» non è stato proposto come iniziativa assistenzialistica occasionale, ma come azione di coinvolgimento, di riflessione di tutta la comunità sul tema della povertà e della relazione, senza distinzioni di età o capacità, e nemmeno di appartenenza a particolari gruppi come sottolinea Katia, volontaria di Borgaretto: «Hanno aderito al progetto le persone più disparate anche chi non frequenta… E le persone anziane che hanno fatto la sciarpa hanno poi aiutato i ragazzi del catechismo a scrivere una dedica per chi la riceverà in dono». E ancora, sempre a Borgaretto, don Mario Berardo, che ha scelto la Giornata del Povero per benedire le sciarpe, aveva sottolineato nel corso della celebrazione che «dare qualcosa agli altri non dev’essere una cosa fatta una tantum, ma un atteggiamento rituale della nostra vita. Oggi siamo certi che il Signore benedice chi le ha fatte e benedice tutti noi nel momento in cui ci impegniamo verso i nostri fratelli più bisognosi».
Anche Trofarello è riuscita ad attivare la partecipazione di tutta la comunità e a Cavallermaggiore sono stati coinvolti anche i piccolissimi dell’asilo, a Settimo anche gli anziani che non escono più per andare in parrocchia, a Bra le mamme… Questi solo alcuni esempi di un lavoro che le parole di Anita riassumono così: «Fare una sciarpa» conclude Anita «significa per me fare un abbraccio a chi forse da tempo non ha un famigliare o un amico che gli fa una carezza. Una sciarpa che avvolge le pene, le paure, mi avvolgo in essa e sento il calore di qualcuno che mi aiuta a superarle». Esperienza vissuta, esperienza regalata per questo Natale 2018.