Per l’umanità ferita «l’Emmanuele, Dio con noi, sia luce e sciolga il nostro cuore spesso indurito ed egoista e ci renda strumenti del suo amore». Un esempio concreto? no a cellulari mentre si pranza in famiglia. «In quelle tavole sembra vi sia un silenzio come se ci fosse una messa. Bisogna riscoprire la comunicazione in famiglia». Ecco gli insegnamenti di Papa Francesco nel Natale e nella festa della Santa Famiglia 2019.
Cristo sia luce per i bambini vittime della guerra – A Natale ricorda che la luce del Bambino che nasce è più grande delle tenebre nei cuori umani e nei conflitti. La grande luce profetizzata da Isaia è Gesù,«piccola fiammella accesa nel buio, Parola di Dio fatta carne che chiama gli schiavi di ogni tempo a uscire dalle prigioni, luce più grande delle tenebre nei cuori umani, nelle relazioni e nei conflitti economici, geopolitici ed ecologici». Il Papa chiede a Cristo di essere luce per i tanti bambini che patiscono la guerra e i conflitti in Medio Oriente e in vari Paesi; sia conforto per i popoli di Siria, Terra Santa, Ucraina e Repubblica Democratica del Congo, Libano, Venezuela e per chi è perseguitato per la fede. «Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce» (Isaia 9,1): Gesù, che significa «Dio salva», è stato mandato dal Padre «non per condannare il mondo ma per salvarlo. È la Parola che ha guidato gli ebrei nel cammino dalla schiavitù alla libertà, e continua a chiamare gli schiavi di ogni tempo a uscire dalle prigioni. È Parola più luminosa del sole, incarnata in un piccolo figlio di uomo, Gesù».
«Ci sono tenebre nei cuori umani, ma più grande è la luce di Cristo». Ci sono tenebre nelle relazioni personali, familiari, sociali e nei conflitti economici, geopolitici ed ecologici, ma più grande è la luce di Cristo. Cristo sia luce per i tanti bambini che patiscono la guerra. Cristo sia conforto per il popolo siriano che ancora non vede la fine delle ostilità che hanno lacerato il Paese in questo decennio. Cristo sia sostegno per il popolo libanese perché possa uscire dalla crisi e riscopra la sua vocazione a essere un messaggio di libertà e di armoniosa coesistenza per tutti. Cristo sia luce per la Terra Santa dove è nato, e dove tanti «nella fatica e senza sfiduciarsi», aspettano giorni di pace, di sicurezza e di prosperità. Cristo sia consolazione per l’Iraq attraversato da tensioni sociali, e per lo Yemen provato da una grave crisi umanitaria. Cristo sia speranza «per tutto il Continente americano, in cui diverse Nazioni attraversano una stagione di sommovimenti sociali e politici»: rinfranchi il popolo venezuelano, lungamente provato da tensioni politiche e sociali e non gli faccia mancare l’aiuto. Cristo sia luce per l’Ucraina che ambisce a soluzioni concrete per una pace duratura, e per i popoli dell’Africa, «dove perdurano situazioni che spesso costringono le persone a emigrare, privandole di una casa e di una famiglia».
L’ingiustizia costringe i migranti «a subire abusi indicibili». Cristo sia pace per la popolazione della Repubblica Democratica del Congo, martoriata da persistenti conflitti. Cristo sia conforto per quanti patiscono a causa delle violenze, delle calamità naturali o delle emergenze sanitarie; a quanti sono perseguitati a causa della fede religiosa, specialmente i missionari e i fedeli rapiti; a quanti «sono vittime di attacchi di gruppi estremisti, soprattutto in Burkina Faso, Mali, Niger e Nigeria». Il Figlio di Dio «sia difesa e sostegno per quanti, a causa di queste e altre ingiustizie, devono emigrare nella speranza di una vita sicura. È l’ingiustizia che li obbliga ad attraversare deserti e mari, trasformati in cimiteri. È l’ingiustizia che li costringe a subire abusi indicibili, schiavitù di ogni tipo e torture in campi di detenzione disumani. È l’ingiustizia che li respinge da luoghi dove potrebbero avere la speranza di una vita degna e fa loro trovare muri di indifferenza». Allora «attraverso i nostri poveri volti che Cristo può donare il suo sorriso ai bambini di tutto il mondo, a quelli abbandonati e a quelli che hanno subito violenze. Attraverso le nostre deboli braccia, che può vestire i poveri che non hanno di che coprirsi, dare il pane agli affamati, curare gli infermi. Grazie alla nostra fragile compagnia, può essere vicino agli anziani, ai migranti, agli emarginati. Cristo doni a tutti la sua tenerezza e rischiari le tenebre di questo mondo».
Genitori e figli si sostengano nell’adesione al Vangelo. Gesù, Maria e Giuseppe hanno risposto alla volontà di Dio aiutandosi a riconoscerla. Nell’ultimo Angelus del 2019 il Pontefice propone la riflessione nella festa della Santa Famiglia. Ricorda i genitori e i figli provati da disagi e sofferenze. Esalta la docilità di Maria: chiamata da Dio non esita a proclamarsi «serva del Signore». Giuseppe aderisce e adempie sempre alla volontà di Dio: «Non parla, ma agisce obbedendo. È l’uomo del silenzio e dell’obbedienza». Di Gesù il Papa ricorda le parole ai genitori che lo cercano angosciati nel tempio: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». La Santa Famiglia «solidarizza con tutte le famiglie del mondo obbligate all’esilio, con tutti coloro che sono costretti ad abbandonare la propria terra a causa della repressione, della violenza, della guerra». Questo è il modello delle famiglie. Bergoglio si chiede: «Tu, nella tua famiglia, sai comunicare o sei come quei ragazzi a tavola, ognuno con il telefonino, mentre chattano? In quella tavola sembra vi sia un silenzio come se fossero a messa. Ma non comunicano. Dobbiamo riprendere il dialogo in famiglia: padri, genitori, figli, nonni e fratelli devono comunicare tra loro».