«Che dunque ci dice l’esempio di questo fratello Pier Giorgio Frassati? Ci dice che il cristianesimo è tuttora la forza della vera giovinezza. Ci dice che il cristianesimo è forte, non già nella grandezza che affascina il mondo; ma è forte e vivo nell’umiltà delle sue virtù interiori e severe: è forte quando è vissuto con sacrificio. È forte, quando è infermo dell’infermità risuscitante della croce».
Nella parrocchia torinese della Crocetta il 3 luglio 1932 mons. Giovanni Battista Montini, pezzo grosso della Segreteria di Stato e assistente della Federazione degli universitari cattolici (Fuci), commemora il settimo anniversario della morte di Pier Giorgio (4 luglio 1925). Qui Montini aveva celebrato Messa il 19 aprile 1927 per un convegno fucino. Il motivo conduttore del discorso montiniano – pubblicato dalla «Rivista dei giovani» nel settembre 1932 – è questo: «La figura di Pier Giorgio ci è scudo contro una delle più forti e sottili tentazioni che attentino alla vita spirituale; la vita cristiana, la vita cristiana autentica, completa, avida di perfezione, rappresenta ormai una concezione ristretta e sorpassata dell’esistenza umana, un ideale spento, un mondo piccolo e chiuso, un arcaismo che solo chi vive ai margini del grande fiume dell’attività moderna può fare suo».
La risposta di Frassati – continua Montini – «è la stessa sua vita, la vita di un forte. La fantasia ripete per lui quello che s’è verificato per san Luigi Gonzaga, quando per rappresentare questo santo s’è scelto il noto presunto quadro del Veronese, ove in una virile e gentile figura di giovane sembra rispecchiarsi un animo vigoroso e ardito. Così l’hanno visto quelli che l’hanno guardato di fuori. Prima d’accorgersi ch’era d’animo santo, hanno visto ch’era d’animo forte. Hanno visto ch’era un uomo». E cita lo splendido elogio del segretario socialista Filippo Turati «Era veramente un uomo Pier Giorgio Frassati».
Giovanni Battista Montini nasce a Concesio (Brescia) il 26 settembre 1897 da Giorgio, personaggio eminente del movimento cattolico e deputato del Partito popolare italiano, e Giuditta Alghisi. Sacerdote dal 29 maggio 1920, entra in Segreteria di Stato ed è assistente della Fuci, prima a Roma poi a livello nazionale. Per 9 anni «Gibiemme» intesse rapporti di amicizia e consonanza con decine di giovani. La cosa singolare è che Montini e Frassati non si conoscono, eppure Montini dimostra di averne chiarissima la grande levatura: «È un semplice. Il fascino dei complicati non dura». Nel 1932 dice: «Dio, segreto di questa mirabile giovinezza, che l’ha creduto e amato come padre, come fonte della vita, come ineffabile dono che dilata l’anima ai confini dell’infinito, che l’inebria di meraviglia e di contentezza, la rende muta nell’adorazione e lirica di canto e di gaudio, la brucia di casta purezza e l’inonda d’incomparabile amore. Ricco di questa forza, Pier Giorgio è moderno e giovane. È per questo che tutta la sua vita è dominata da una ferma coscienza di rinnovamento, d’azione, di milizia. È per questo che un capitolo della sua vita s’intitola: “La gioia di vivere”. Il cristianesimo è un’esaltazione della vita vera. È per questo che dal cuore e dalle mani di Pier Giorgio irradia continua carità. La carità del prossimo è la manifestazione di vita che meglio rispecchia quella di Dio, la sua universale paternità, la sua prodigalità, la sua bontà, la sua essenza. È la riprova migliore che certifica la coincidenza della religione con la vita. È un atto di fede pratica che afferma essere Cristo nel fratello bisognoso. Ed è stata la suprema professione cristiana di Pier Giorgio: l’ultimo sforzo. Ci dice come possiamo guardare senza spavento e senza ostilità l’abbagliante potenza del secolo nostro, non maledicendo la cose, ma dominando noi stessi. Ci dice infine quale bellezza, quale forza, quale giovinezza germoglino nella umile schiera delle nostre associazioni, quando quelli che vi appartengono v’infondono ciò che vi cercano, danno ai compagni ciò che da essi richiedono, attuano il programma da cui sono diretti, vivono l’idea che v’è annunciata. Ci dice che se noi pure abbiamo come Pier Giorgio la divisa “Mihi vivere Christus est”, abbiamo, come lui, davanti a noi la via dell’avvenire e la via della eternità».
Nel marzo 1933 don Montini – antifascista per indole naturale e per formazione familiare – è costretto a lasciare l’incarico nella Fuci per non offrire altre occasioni al fascismo di intervenire contro i circoli giovanili cattolici. Sostituto e poi pro-segretario di Stato, il 1° novembre 1954 Pio XII lo nomina arcivescovo di Milano. E Giovanni XXIII gli impone la berretta cardinalizia il 15 dicembre 1958, primo della lista in segno di stima e predilezione. Roncalli ammette candidamente che se Montini fosse stato cardinale già nel ’58 sarebbe stato eletto Papa. Il bergamasco Angelo Giuseppe e il bresciano Giovanni Battista, educati secondo i rigidi canoni della riforma tridentina e nutriti dalla solida «pietas» lombardo-veneta, coltivano intensi rapporti di collaborazione.
Pier Giorgio è al centro di scritti diversi montiniani, tra cui una recensione della biografia pubblicata dal salesiano don Antonio Cojazzi uscita nel 1928 in 17 lingue («Studium» n. 24, 1928). Montini tiene un’altra commemorazione per i giovani della parrocchia romana di San Giuseppe al Trionfale l’8 dicembre 1928.
Così il cardinale arcivescovo di Milano il 1° settembre 1959 al Teatro Alfieri di Torino tiene la prolusione al 35° congresso nazionale Fuci: «C’è qualcuno qui ch’io vedo e non si vede… eppure è presente». Un attimo di esitazione. Poi la platea dei giovani capisce, si scioglie, applaude fragorosamente: «Per cominciare devo vincere una tentazione, una specie di incantesimo: quella di stare a guardare e di cercare con l’occhio il volto d’uno studente bello e vigoroso di Torino, di cui in questi anni la gioventù nostra ha studiato i lineamenti e meditato la virile bontà, come un modello, un fratello ideale. Si riaccende in noi, ammirando questa figura di giovane, il desiderio dell’imitazione, dell’emulazione; ci conforta la certezza che una giovinezza forte e limpida è possibile e vicina; cresce nel cuore l’interiore anelito verso una superiore bontà».
Poi Montini va a trovare il padre, Alfredo Frassati, presidente dell’Italgas: si erano conosciuti a Roma. Alfredo scrive poi un biglietto alla «Carissima Eminenza, mai dimenticherò questo giorno. So per Chi è venuto da me facendo atto di umiltà. Grazie, grazie. Le bacio l’anello, preghi per me: ne ho tanto bisogno»
Testimoniò la signora Lucia Busca, segretaria di Frassati: «Il senatore provava una sconfinata ammirazione per Montini e tanto onore, tanta finezza e benevolenza avevano suscitato nel suo animo un’impressione profonda, una gioia specialissima. Il colloquio era durato a lungo, il commiato commovente e affettuoso. Emozionatissimo e straordinariamente contento il presidente non cercava di nascondere le lacrime. Mi chiamò nel suo ufficio: “Lei ha visto il cardinale Montini? Lei ha visto il futuro Papa. Perché il cardinale Montini certissimamente sarà Papa. Io non sarò più qui, ma lei lo vedrà Papa e dirà: “Il mio presidente era anche profeta”. Era palese che già emergeva l’indomabile personalità e la presenza di un uomo destinato alla gloria del triregno».
Questa amicizia e lo struggente ricordo di Pier Giorgio favoriscono la conversione di Alfredo e lo accompagnano alla morte il 21 maggio 1961.
«Certissimamente», secondo Frassati senior, Montini è eletto Papa il 21 giugno 1963. Anche dietro le pressioni di Giuseppe Lazzati, rettore dell’Università Cattolica, del cardinale arcivescovo di Torino Michele Pellegrino e dell’episcopato subalpino – riuniti nel 1975 al santuario di Oropa nel 50° della morte di Pier Giorgio – il 20 gennaio 1977 Paolo VI sblocca la causa per la beatificazione ferma dal 1941 per assurde dicerie. Giovanni Paolo II dichiara beato Pier Giorgio il 22 maggio 1990. Papa Francesco canonizza Montini-Paolo VI il 14 ottobre 2018.