L’invito del Papa ad un “giornalismo di pace”

Comunicazioni sociali – Papa Francesco nel messaggio per la Giornata di domenica 13 maggio si rivolge al “custode delle notizie” che, “nel mondo contemporaneo, non svolge solo un mestiere, ma una vera e propria missione”. Nella “frenesia delle notizie” il giornalista deve “ricordare che al centro ci sono le persone”

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«La verità vi farà liberi» (Giovanni 8,32). Papa Francesco sceglie la parola di Gesù come tema della 52ª Giornata delle comunicazioni sociali – che in Italia si celebra il domenica 13 maggio 2018, festa dell’Ascensione – «Fake news e giornalismo di pace». «Fake news» significa «notizie false, inventate, ingannevoli, distorte, infondate, parziali» pubblicate per disinformare e diffondere bufale. Un viziaccio che travolge i «media sociali». Il miglior antidoto alle falsità è ricercare la verità attraverso un giornalismo che «non bruci le notizie ma sia sempre impegnato a indicare soluzioni alternative al clamore e alla violenza verbale». Già 46 anni fa, nel 1972 Paolo VI scelse come tema: «Le comunicazioni sociali al servizio della verità»: «L’uomo, e tanto maggiormente il cristiano, non abdicherà mai alla sua capacità di contribuire alla conquista della verità: non solo quella astratta o filosofica, ma anche quella concreta e quotidiana dei singoli accadimenti. Se lo facesse, danneggerebbe la propria dignità personale».

Le false notizie – osserva Francesco – mirano «a ingannare e manipolare il lettore, a influenzare le scelte politiche e a favorire i ricavi economici. La loro diffusione può contare su un uso manipolatorio dei “social network” che rendono “virale” le notizie false. Il dramma della disinformazione è lo screditamento dell’altro, la sua rappresentazione come nemico. Spesso alle radici c’è la sete di potere che si muove di falsità in falsità per rubarci la libertà del cuore».

Bergoglio sollecita iniziative educative che aiutino a «non essere divulgatori inconsapevoli di disinformazione, ma attori del suo svelamento» perché alla base delle notizie false c’è la «logica del serpente astuto», il tentatore di Adamo ed Eva, del quale racconta la Bibbia, «il quale, ai primordi dell’umanità, si rese artefice della “prima fake news” (Genesi 3,1-15), che portò alle tragiche conseguenze del peccato, concretizzatesi poi nel primo fratricidio (Genesi 4) e in altre innumerevoli forme di male contro Dio, il prossimo, la società e il creato. Il tentatore assume una parvenza credibile e punta sulla seduzione che si fa strada nel cuore dell’uomo con argomentazioni false e allettanti», proprio come le notizie false: «Fidarsi di ciò che è falso produce conseguenze nefaste». Si fa fatica a riconoscere le notizie false «perché hanno una fisionomia mimetica: è la dinamica del male che si presenta sempre come un bene facilmente raggiungibile». Cita Fëdor Dostoevskij, autore particolarmente caro a papa Francesco: «Chi mente a sé stesso e ascolta le proprie menzogne arriva al punto di non poter più distinguere la verità, che è l’antidoto più radicale al virus della falsità».

Inoltre, le persone e non le strategie sono «il miglior antidoto contro le falsità. Persone che, libere dalla bramosia, sono pronte all’ascolto e attraverso la fatica di un dialogo sincero lasciano emergere la verità». Qui si evidenzia la responsabilità dei giornalisti nell’informare: il giornalista «è il custode delle notizie e ha il compito, nella frenesia delle notizie e nel vortice degli scoop di ricordare che al centro della notizia non ci sono la velocità nel darla e l’impatto sull’audience, ma le persone».

Francesco rivolge un accorato appello per un «giornalismo di pace, non giornalismo buonista, che neghi l’esistenza di problemi gravi ma senza infingimenti, ostile alle falsità, a slogan a effetto e dichiarazioni roboanti. Serve un giornalismo fatto da persone per le persone, come servizio che dia voce a chi non ha voce». Il messaggio  conclude con una preghiera ispirata a San Francesco d’Assisi: «Facci riconoscere il male che si insinua in una comunicazione che non crea comunione: dove c’è sensazionalismo, fa’ che usiamo sobrietà, dove c’è falsità fa’ che portiamo verità».

Le false notizie avvelenano rapporti e relazioni, di fatto. Il problema è la verosimiglianza: bisogna mascherare la falsità perché sembrano plausibili mentre sono particolarmente insidiose, dotate di una capacità di presa e di tenuta notevoli e finiscono per sfociare in forme di intolleranza e odio.

Il Primo Maggio 2018 Papa Francesco ha ricevuto in udienza la redazione di «Avvenire», guidata dal direttore Marco Tarquinio e dal direttore generale Paolo Nusiner. Quest’anno il quotidiano cattolico italiano celebra i cinquant’anni di vita (1968-4 dicembre-2018). Nacque per volontà di Paolo VI dalla fusione dei quotidiani cattolici «L’Italia» di Milano e «L’Avvenire d’Italia» di Bologna. Francesco, in un’atmosfera di grande familiarità, tiene un’alta lezione di deontologia giornalistica. Invita a guardare la realtà di ogni giorno. «Vi incoraggio a custodire lo spessore del presente; a rifuggire l’informazione di facile consumo, che non impegna; a ricostruire i contesti e spiegare le cause; ad avvicinare sempre le persone con grande rispetto; a scommettere sui legami che costituiscono e rafforzano la comunità. Nulla come la misericordia crea vicinanza, suscita atteggiamenti di prossimità, favorisce l’incontro e promuove una coscienza solidale. Farsene portatori è la strada per contribuire al rinnovamento della società nel segno del bene comune, della dignità di ciascuno e della piena cittadinanza».

All’udienza partecipano il presidente e il segretario della Conferenza episcopale italiana, cardinale Gualtiero Bassetti e mons. Nunzio Galantino. Per il Papa «c’è bisogno di dare voce ai valori incarnati nella memoria collettiva e alle riserve culturali e spirituali del popolo; di contribuire a portare nel mondo sociale, politico ed economico la sensibilità e gli orientamenti della Chiesa. Contribuite a superare le contrapposizioni sterili e dannose. State lontani dai vicoli ciechi in cui si dibatte chi presume di aver già capito tutto. Con il vostro lavoro fatevi compagni di strada di chiunque si spende per la giustizia e la pace. Nessuno detti la vostra agenda, tranne i poveri, gli ultimi, i sofferenti. Non ingrossate le fila di quanti corrono a raccontare quella parte di realtà che è già illuminata dai riflettori. Partite dalle periferie, ascoltate, approfondite, confrontatevi».

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