L’Unione Cattolica Stampa Italiana fa 60 anni

1959-2019 – L’Ucsi (Unione cattolica stampa italiana) compie 60 anni. Pier Giuseppe Accornero ripercorre la storia dell’associazione professionale a servizio della Chiesa da Papa Giovanni XXIII a Francesco

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L'Udienza di Papa Francesco con i rappresentanti dell'Ucsi in occasione del 60° anniversario di fondazione - Foto Sir

Per Giovanni XXIII (1959) strumenti della professione giornalistica sono «l’arma veritatis e l’arma caritatis». Francesco (2019) esorta i giornalisti: «Raccontate buone notizie e smascherate le parole false. Comunicate verità e bellezza». Destinatari sono giornalisti cattolici – che quest’anno celebrano i 60 anni dell’Unione cattolica della stampa italiana (Ucsi) – e dirigenti e personale del Dicastero vaticano per la comunicazione.

Nel 60° di fondazione (1959-3 maggio-2019) dell’Ucsi, associazione professionale ed ecclesiale, Francesco invita «ad avere passione per la storia degli uomini; a rovesciare l’ordine delle notizie; a dare voce a chi non ce l’ha; a distinguere le scelte umane da quelle disumane; a lavorare per la coesione sociale; a dire la verità a ogni costo senza dipendere dal potere; a smascherare le parole false e distruttive; a raccontare le buone notizie che generano amicizia sociale». Programma in controtendenza rispetto all’andazzo dei media. I giornalisti attingano forza «dalle radici che vi hanno fatto nascere: la fede, la passione per la storia degli uomini e la cura delle dimensioni antropologica ed etica della comunicazione. Siate voce della coscienza di un giornalismo che distingue il bene dal male, le scelte umane da quelle disumane». Distinguere tra bene e male è una cosa che politica e informazione non fanno e l’editoria è succuba del potere: «Tante volte la direzione dice al giornalista: “No, questo non si pubblica, questo sì, questo no”. Così si passa la verità nell’alambicco delle convenienze finanziarie e si comunica quello che non è vero, non è bello, non è buono».

Ai giornalisti del Dicastero per la comunicazione dice che Dio è l’origine di ogni comunicazione, e che «si comunica con l’anima e il corpo, con la mente e il cuore, con le mani. Non dovete fare pubblicità né proselitismo. Vorrei che la vostra comunicazione fosse cristiana. Non comunicate una verità senza bontà e bellezza. Non comunicate una verità più o meno, senza coinvolgervi e senza testimoniare». Spesso la rassegnazione entra nel cuore dei cristiani: «Il mondo è pagano. La mondanità è sempre stata un pericolo per la Chiesa. Tanti sostengono che la nostra realtà è essere una Chiesa piccola ma “autentica”». Parola che al Papa non piace: «Se una cosa è, non è necessario definirla “autentica”. Non bisogna cedere alla tentazione o alla lamentela della rassegnazione. Siamo pochi ma con la voglia di “missionare” e di far vedere agli altri chi siamo». Ripete la frase di San Francesco d’Assisi ai frati: «Predicate il Vangelo, se fosse necessario anche con le parole», cioè la testimonianza è al primo posto. Il Pontefice invita: «La vostra comunicazione sia austera ma bella».

Non molto diverse le preoccupazioni, 60 anni fa, di Giovanni XXIII. Ricevendo il 4 maggio 1959 i 200 giornalisti che avevano fondato il 3 maggio l’Ucsi, osserva: la stampa cattolica non ha sulla pubblica opinione «quel dominio che esercitano altri giornali, non sempre conformi alla dottrina cattolica». Indica, come strumenti della professione, l’«arma veritatis e l’arma caritatis». A chi chiede «Che cosa è la verità?» il Papa bergamasco risponde: «Dio è la verità, Cristo è verità, lo Spirito Santo è la verità. Perciò è dovere di ogni uomo e di ogni cristiano rendere testimonianza alla verità. Voi giornalisti dovete essere cultori della verità affinché possa trionfare». Non solo «arma veritatis» ma anche «arma caritatis». Con «animo afflitto e angosciato» considera «l’enorme danno arrecato da certa stampa con la parola e l’immagine in tante coscienze, anzitutto giovanili». Per sostituire «siffatta stampa è necessario il progresso dell’editoria cattolica. Certa stampa pecca contro la verità e la carità, ispira l’odio, avvia a perdizione le anime, travisa il vero, manipola il magistero, colpisce la Chiesa, combatte Gesù Cristo e Dio. La carità nello scrivere non indebolisce ma rafforza la verità». Fa proprie le  esortazione di Sant’Agostino – «Interficite errores, diligite errantes. Combattete l’errore, amate gli erranti» – e di San Francesco di Sales: «Meno aceto e più miele».

L’idea di un’associazione di giornalisti cattolici nasce nell’Ottocento dall’Opera dei Congressi. Lanciata al convegno di Napoli (1883), ripresa a Vicenza (1891), a Fiesole (1896) e a Milano (1897), riaffiora nel 1950 e 1954 nei convegni del Centro cattolico stampa dell’Azione Cattolica. L’idea si concretizza nel 1959, quando si costituisce l’Unione cattolica stampa italiana, caldeggiata da figure prestigiose: Carlo Trabucco direttore de «Il Popolo Nuovo» di Torino; il leggendario mons. Andrea Spada, direttore de «L’Eco di Bergamo»; Giuseppe Dalla Torre, Federico Alessandrini, Guido Gonella de «L’Osservatore Romano»; Raimondo Manzini direttore de «L’Avvenire d’Italia» di Bologna; padre Antonio Messineo de «La Civiltà Cattolica»; Giovanni Fallani direttore del Centro cattolico stampa; mons. Fausto Vallainc, direttore del Servizio informazioni per i settimanali diocesani; Domenico Volpi direttore de «Il Vittorioso»; Luigi Conte, dell’«Ansa»; don Gabriele Amorth (Paolini); don Pietro Braido (Salesiani); don Pietro Pavan di Treviso, ascoltato consulente di Papa Giovanni; Enrico Lucatello caporedattore del «Servizio di informazione romano» («Sir») agenzia di informazione dei quotidiani cattolici, collegata con la Sala Stampa vaticana e con le agenzie cattoliche francese, svizzera, tedesca: diventerà «Servizio informazioni settimanali» («Sis»), oggi «Agensir».

Una rilevazione del 1959 indica 680 pubblicazioni cattoliche con 10 milioni

di copie. «Il Popolo Nuovo» di Torino cessa di esistere nel 1958. Rimangono: «L’Adige» (Trento e Bolzano); «L’Ordine» (Como); «L’Eco di Bergamo» (Bergamo); «L’Arena», (Verona); «L’Italia» (Milano); «L’Avvenire d’Italia» (Bologna); «Il Quotidiano» (Roma). Poi 112 settimanali diocesani; 73 mensili; 149 fogli di organizzazioni cattoliche; 246 bollettini parrocchiali; 146 bollettini di istituti religiosi e di santuari; 36 destinati alle famiglie e/o ai giovani. Nel 1959 il convegno della stampa cattolica auspica «un’efficiente informazione sulla vita della Chiesa e su fatti, problemi, opinioni, flussi di idee e posizioni relative alla presenza della Chiesa». L’assemblea dell’ Ucsi elegge: Raimondo Manzini presidente; mons. Aldo Gobbi,  direttore di «Verona Fedele», e Lucatello vicepresidenti; Carlo Trabucco tesoriere; Luigi Conte segretario.

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