Marella Agnelli un mese dopo, «la famiglia continui a impegnarsi per Torino»

Pubblichiamo l’omelia pronunciata questa mattina dall’Arcivescovo di Torino mons. Cesare Nosiglia durante la Messa di trigesima in suffragio della moglie di Giovanni Agnelli

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Cari fratelli e sorelle, a poche settimane dalla morte di Marella Caracciolo, vedova di Giovanni Agnelli, ci ritroviamo insieme alla sua famiglia a ricordarla e a pregare per lei, in questo santuario della Consolata caro a tutti i torinesi e dove spesso anche i membri della famiglia Agnelli si ritrovavano a pregare. Il ricordo dei nostri defunti è un momento importante non solo per coloro che ne hanno condiviso la vita in maniera molto intima, ma anche per chi ha beneficiato della loro amicizia, del loro insegnamento e della loro opera.

I cristiani credono fermamente nella resurrezione dei morti. Il Signore Gesù Cristo è risorto e la nostra fede ha in questo evento il suo fondamento più autentico e sicuro. Dei defunti “facciamo memoria”, ricordando la loro presenza e le loro azioni, perché in tutti noi c’è l’immagine e la vita stessa di Dio. Per questo, la comunità cristiana cerca di essere presente e vicina ad ogni persona che lascia la vita, anche le più povere, lontane e sole.

Di questa speranza ci parla apertamente il Vangelo che è appena stato proclamato, mentre la prima lettura ci invita a riflettere anzitutto sul valore delle persone che ci hanno preceduto e sul modo con cui hanno cercato di mettere a frutto i doni a loro volta ricevuti. Il libro del Siracide fa memoria degli uomini illustri che hanno contribuito al cammino del popolo d’Israele rimanendo sempre in ascolto della voce di Dio. La Bibbia si esprime dicendo che «questi furono uomini di fede e le loro opere giuste non sono dimenticate» (Sir 44,10). Quest’affermazione non deve riportarci ad un’idea di perfezione delle persone che non sarebbe realistica, ma piuttosto al graduale sforzo che accomuna tutti nella ricerca del bene e nel miglioramento di se stessi, come uomini e donne in cammino, anche nella fede.

È bello pensare che a queste condizioni le opere, qualunque esse siano, non saranno dimenticate non tanto dagli uomini, ma da Dio! Questo fatto può essere per tutti fonte di consolazione per il destino eterno dei nostri cari: «I loro corpi furono sepolti in pace, ma il loro nome vive per sempre» (Sir 44,14): questa è la speranza che ci accomuna e che oggi testimoniamo in questa celebrazione nel ricordo di Marella.

Il libro del Siracide parla dell’importanza della memoria comunitaria, dell’onore che ogni società deve rendere a ciascuna persona che lo merita. Ma sappiamo bene che non sono gli onori umani che possono bastare a calmare la nostra inquietudine e dare sollievo al nostro dolore per la perdita di persone care. Le risposte di cui abbiamo davvero bisogno ci possono venire solo da una parola più alta e definitiva, da quella Parola che ha vinto la morte una volta per tutte: «Io sono la via, la verità e la vita», afferma il Signore (Gv 14,6). Se vogliamo riflettere e dircelo con grande sincerità nella fede, queste parole di Gesù ci stanno ammonendo che in lui c’è la pienezza della felicità e della vita per sempre. In lui possiamo trovare le risposte ultime e decisive sul nostro futuro. Di fronte alla morte non abbiamo armi, non abbiamo difese. Abbiamo il dovere di onorare e ricordare i defunti, ma il senso della nostra vita non si conclude in questi o altri rituali. Abbiamo bisogno in realtà di guardare in alto, a una speranza di vita eterna che coinvolga noi e tutti i nostri cari.

«Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo – dice il Signore – e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi» miei discepoli (Gv 14,3). Ma questa vita eterna, l’amore di Dio, non è un premio, come fosse una lotteria. È invece il risultato del senso della vita che abbiamo dato ai nostri comportamenti e scelte di ogni giorno. E quale altro senso possiamo dare, se non quello dell’amore gratuito, superando egoismi e chiusure in noi stessi e aprendo il cuore all’incontro e alla solidale vicinanza e all’aiuto alle persone care e a quelle che sono in difficoltà? Saremo giudicati sull’amore e questa è la via che il Signore ci indica per poter un giorno essere per sempre con lui.

È in questa prospettiva che oggi celebriamo la memoria di Marella. Una donna che, sicuramente, ha cercato e voluto dare un significato alla propria esistenza, facendo buon uso della sua vita e delle doti umane, culturali e spirituali che possedeva, non solo per se stessa e la propria famiglia, ma anche per il bene comune della nostra Città. Donare per donarsi, perdonare e perdonarsi: al di là delle parole è questo il cuore di tutta la nostra vita. La solidarietà, mai disgiunta dalla giustizia, è non solo la nostra bussola, ma anche il vincolo della nostra dignità: da obiettivi veri per persone vere, dobbiamo ripartire, facendo emergere quelle energie migliori che ciascuno è in grado di mettere a disposizione della comunità.

Questo è un obiettivo che riguarda tutti noi. Torino oggi ha bisogno certamente di un rinnovamento che riguarda tanti aspetti economici e sociali. Ma ha bisogno soprattutto di affetto e di attenzione, di “simpatia” e di intelligenza, di coraggio e intraprendenza, di unità, per essere accompagnata a crescere di nuovo in una delle svolte più delicate della sua storia. Torino ha bisogno anche di mantenere e potenziare quell’anima religiosa e laica insieme, che l’ha sempre caratterizzata come città accogliente, solidale e inclusiva di tutti.

Nei cambiamenti che ci attendono e che dobbiamo affrontare, la famiglia Agnelli può offrire ancora contributi importanti allo sviluppo complessivo della Città e del suo territorio. Il ricordo di Marella, della sua dedizione generosa, può essere stimolo per questo nostro impegno comune, sorretto da una sicura speranza, quella che la Parola di Dio ci indica nella fede della risurrezione, pur non ostentata, ma vissuta concretamente sul piano etico e civile. Essa può essere il collante che ci accomuna nel ricordo e nel desiderio di camminare, come singole persone e come comunità, verso traguardi possibili di solidale e fruttuosa condivisione.

Mi auguro pertanto, cari amici, che quest’occasione di preghiera e di comune prossimità, anche dolorosa, per la perdita di persone riconosciute e stimate dalla Città, sia per tutti uno sprone a collaborare uniti, per edificare una città sempre più umana, civilmente ricca di prospettive positive per ogni suo abitante, nessuno escluso. Una città protesa a quel “di più” di solidarietà e di giustizia – e dunque di speranza – che anche questa celebrazione infonde nei nostri cuori.

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