Mattarella al Sermig premia la «holding» della solidarietà

Visita – Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella martedì 10 dicembre è tornato a Torino per celebrare i 55 anni di fondazione dell’Arsenale della Pace. Al Capo dello Stato è stato presentato il bilancio sociale dell’opera, insieme ad alcune testimonianze dei volontari. GALLERY

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Una mattina d’inverno – martedì scorso nell’Arsenale della Pace di Torino –  mentre il sole si rifletteva nelle acque della Dora, abbiamo visto un sogno diventato realtà. In 55 anni Ernesto Olivero ha aperto quattro Arsenali: della pace a Torino, del dialogo a Madaba, della speranza a San Paulo, dell’armonia a Pecetto. Quattro porti con attracco, 24 ore su 24, nel mare sterminato della povertà. Nelle clip proiettate davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, venuto a festeggiare i 55 anni, abbiamo rivisto i volti giovanissimi di quelli che ora sono la «Fraternità» del Sermig; nei canti abbiamo colto la passione per l’uomo, inalterata, allora come ora; nelle voci abbiamo sentito quelle dei volontari; nei numeri che scorrevano l’impegno di una vita.

Accanto ad Ernesto Olivero, visibilmente commosso: il Presidente Mattarella, l’Arcivescovo Cesare Nosiglia, il sindaco Chiara Appendino, il presidente della Regione Alberto Cirio, l’ex governatore della Banca Europea Mario Draghi ed un numero impressionante di amici. Amici che in questi anni, nel silenzio, hanno permesso di distribuire 26 milioni di pasti, di donare 27 milioni di ore di lavoro, di contare su 6 mila volontari. I 100 della fraternità si fanno adottare da chi paga le loro spese perché ogni euro arrivi esclusivamente a chi ne ha bisogno.

Il Sermig è stato anche chiamato «holding della solidarietà»: ha effettuato 4 mila interventi umanitari e progetti di sviluppo in 155 nazioni,  ha dato oltre 26 milioni di notti di ospitalità, quasi 9 mila tonnellate di medicinali e circa 500 mila visite mediche. Quando i volontari cominciarono, nessuno di loro avrebbe potuto immaginare una giornata come questa: sul palco un team di docenti universitari che ha esaminato i bilanci ed ora dice: «il Sermig ha inventato un modello di sviluppo della carità mai visto ed innovativo». «Di cosa viviamo? Sono 9.640.000 le persone che, ad oggi, ci hanno dato soldi, materiali, oggetti, lavoro. Con il loro 93% essi sono l’ossatura economica; il restante 7% viene da enti privati e pubblici».

Scorrono sullo schermo le immagini dei grandi raduni delle giornate dei giovani, delle camminate della speranza, degli incontri dell’Università del Dialogo, delle prime raccolte di carta e ferro. Dovevano essere un gruppo al servizio delle missioni, ma sono molto di più. Loro che hanno scelto di accettare sempre l’imprevisto, di trasformare il dono in restituzione, di battersi per la sostenibilità dell’ambiente, la riduzione dello spreco lo hanno fatto nell’assoluta trasparenza dei bilanci. Ora possono contare anche su cinque sacerdoti che possono moltiplicare il seme della speranza.

«Insieme è possibile», ripete il Presidente della Repubblica dicendo grazie, con Ernesto, prima di tutto e soprattutto ai volontari: tanti, disponibili, appassionati. Ed è facile cogliere, nella penombra della grande chiesa, occhi bagnati di commozione di giovani, madri, uomini, manager, giornalisti, direttori di giornali che hanno vissuto insieme al Sermig la grande cavalcata della solidarietà. E allora nelle fotografie, che raccontano i primi passi del restauro dell’Arsenale della Pace, ci sono le catene umane per portare via i detriti, ragazzi sui tetti con le travi in mano, c’è la «filosofia» che sta alla base di tutto, quella che fa girare gli ingranaggi. Nessuno, forse, si è accorto di averla interpretata, scritta, fatta.

«Il risparmio sulle casse pubbliche – spiegano i professori – derivante dai servizi sociali gestiti dal Sermig è di circa 6 miliardi di euro». Forse non ci aveva mai pensato nessuno, ma è così. «Noi non siamo certo bravi in economia – commenta Olivero – ma in 55 anni siamo diventati esperti nell’accoglienza delle persone che nel mondo soffrono la fame, le guerre, le ingiustizie… L’odio nasce spesso dall’egoismo e dalla mancanza di cultura che provocano diffidenza nei confronti di chi è diverso da noi per colore della pelle, cultura, idee, tradizioni, religioni. Il dialogo è la strada; la pace nasce dal rispetto che porta all’ascolto e dalla diversità accolte come una ricchezza. Continueremo così».

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