Lo hanno saputo leggendo un sms inviato nel cuore della notte di venerdì scorso, che la loro azienda, il «Mercatone Uno», con oltre 55 punti vendita in tutti il territorio nazionale, l’indomani non avrebbe più riaperto i cancelli. Così per gli oltre 1800 dipendenti non è rimasto altro che constatare, con amarezza la chiusura dei centri commerciali e dei magazzini sparsi lungo la penisola. Perché c’è anche tutto l’indotto che gravita attorno al «Mercatone» ad essere in ginocchio, dopo questo fallimento. Si calcola circa 10 mila lavoratori. Del resto, solo le aziende fornitrici, oltre 500, coinvolte nella vicenda del «Mercatone Uno», vantano crediti non riscossi, per circa 250 milioni di euro.
Di fronte alla sentenza di fallimento, l’associazione «Fornitori Mercatone Uno» rende noto, attraverso un comunicato, di seguire attentamente «Il percorso giuridico che si evolverà, soprattutto per capire le conseguenze tra questo fallimento e il procedimento di amministrazione straordinaria del Gruppo Mercatone, al fine di tutelare i crediti dei propri associati e i livelli occupazionali».
I fornitori, ha dichiarato William Beozzo, direttore dell’associazione «Hanno sempre manifestato a tutti gli organi competenti le proprie perplessità sull’operazione con Shernon Holding. Sono stati persi altri 8 mesi e ulteriori risorse finanziarie. Ricordiamo che in gioco non ci sono solo i 1.860 dipendenti del Gruppo, a cui mandiamo tutta la nostra solidarietà, ma anche tutti i dipendenti delle nostre aziende, un indotto che coinvolge in Italia quasi 10 mila persone».
Per non parlare poi di chi, in questi ultimi mesi aveva regolarmente acquistato prodotti, in particolare cucine e mobili d’arredamento, ed ora si ritrova con le ricevute in mano e nient’altro.
Una chiusura certamente inaspettata. Ma che è l’effetto della sentenza emessa venerdì scorso, dal Tribunale fallimentare di Milano che ha decretato il fallimento della Shernon Holding srl, la società che appena nel 2018 aveva rilevato a sua volta i punti vendita dello storico marchio emiliano, a sua volta reduce da una grave crisi finanziaria, la cui conseguenza fu la chiusura già di diversi centri commerciali: solo per citarne alcuni, quello di Mappano e di Brandizzo, con oltre 100 lavoratori. Ma la Shernon aveva rassicurato i lavoratori ed i dipendenti, delineando un piano di rilancio che avrebbe coinvolto tutto il settore acquisito prospettando addirittura di ricavi previsti già nel 2022. Uno scenario troppo ottimistico visto che la stessa Shernon aveva da tempo in programma un incontro al ministero dello Sviluppo economico per concertare il piano di salvataggio a favore dell’azienda. Poi la doccia fredda per lavoratori e rappresentanze sindacali. La Shernon Holding, la società che gestiva punti vendita di «Mercatone Uno» viene dichiarata fallita.
«Non c’è stata nessuna comunicazione ufficiale da parte dell’azienda», denunciano le organizzazioni sindacali. Shernon Holding aveva acquisito i 55 punti vendita meno di un anno fa e solo il mese scorso aveva presentato domanda di ammissione al concordato preventivo. «Ma quello che è ancora più grave» commenta amareggiata Tiziana Palmieri, una dipendente storica del «Mercatone Uno» di Mappano è che la società non solo non ha comunicato nulla ai sindacati, ma ha tenuto completamente all’oscuro anche noi lavoratori. Non ci è arrivata alcuna lettera formale di licenziamento. Abbiamo saputo della chiusura dell’azienda attraverso i social, nella notte di venerdì. E poi un laconico sms».
Nel torinese oltre a Mappano ci sono punti vendita a Beinasco, Brandizzo, Villanova d’Asti. I dipendenti sono circa 400 anche se le serrande dei punti vendita di Mappano e Brandizzo erano già state abbassate da tempo.
I sindacati di categoria sono già sul piede di guerra «Come dichiarato dal Mise in occasione dell’incontro svoltosi il 18 marzo scorso, tutti i 1800 dipendenti dei 55 punti vendita passati a Shernon saranno riassorbiti dall’amministrazione straordinaria. Tuttavia non sappiamo cosa succederà successivamente» spiegano i responsabili della Cgil. «È perciò di massima urgenza convocare un tavolo imminente con il ministero dello sviluppo economico, l’amministrazione straordinaria, il curatore fallimentare, per capire cosa succederà. Ci stiamo già muovendo con i coordinamenti di Fisacat e Uiltucs a livello nazionale».