Nel 2018 i piemontesi iscritti all’Anagrafe degli Italiani residenti all’estero (Aire) sono 281.131 (su oltre 5 milioni di connazionali espatriati), la maggior parte vivono in Argentina (91.529), Francia (28.853) e Svizzera (26.450); più di 16 mila sono in Spagna e oltre 13 mila risiedono in Germania, Regno Unito e Uruguay. Una presenza oltre confine che è alimentata da un flusso continuo. Un flusso che parte dalla nostra regione e che è inserito in un’emigrazione dall’Italia che è in continuo aumento: dal 2006 al 2018 si è passati da poco più di 3 milioni a oltre 5 milioni e in un anno (207-2018) l’incremento degli espatrii è stato del 2,8%.
Sono alcuni dei dati illustrati il 21 marzo scorso presso l’Ufficio Pastorale Migranti in occasione della presentazione piemontese del «Rapporto italiani nel mondo» curato dalla Fondazione Migrantes». Dati che collocano il Piemonte come la 6a regione italiana per numero di partenze ogni anno: 8.798 nel 2017. Capofila la Lombardia con 21.980 partenze seguita da Emilia Romagna, Veneto, Sicilia e Puglia. Dati che, se confrontati con il numero di migranti in arrivo nel nostro Paese – 21 mila sbarchi nel 2017 – «fanno riconsiderare il concetto di ‘invasione’», ha sottolineato Sergio Durando, direttore della Pastorale migranti «che viene associato al fenomeno». Parlare di Italiani che espatriano è infatti un richiamo a considerare il fenomeno della mobilità globale e inarrestabile non solo nella prospettiva allarmistica di chi accoglie, ma «in quella che oggi tocca tutti e che nel nostro paese non è confinata in un’epoca storica lontana o relativa a sole categorie ‘qualificate’ come universitari, ricercatori».
«Presi dalle emergenze delle migrazioni in entrata», ricorda Durando, «ci siamo dimenticati dei flussi in uscita». «Così come succedeva in tempi remoti, anche oggi non tutti gli italiani all’estero sono riusciti a integrarsi nei nuovi paesi di destinazione. Molti di loro vorrebbero tornare, ma non riescono», spiega Delfina Licata, ricercatrice e curatrice del Rapporto. Ci sono homeless italiani a Londra, italiani irregolari in Australia, detenuti italiani nelle carceri del Regno Unito, ma anche sparsi per tutto il mondo. Partono infatti anche italiani che non conoscono la lingua del paese ospitante, non ne conoscono neppure le leggi, e partono senza un progetto professionale almeno abbozzato, partono e finiscono nelle reti dello sfruttamento, della delinquenza locale. Nelle capitali europee sono sempre più numerosi i giovani italiani in stato di depressione. A emigrare, rivela ancora il rapporto sono soprattutto giovani tra i 18 e i 34 anni (37,4%), seguiti dai giovani adulti tra i 35 e i 49 anni (25%). Partono anche gli over 65 che hanno avuto un incremento di +35,3% e gli over 75 addirittura del 78,6%. «Si tratta dei genitori dei giovani espatriati che, stremati dalla lontananza, scelgono di ricongiungersi ai figli», conclude Licata, «o di anziani soli, sull’orlo della povertà, che seguono la loro badante nel paese di origine, unica persona rimasta di riferimento».