«Ho partecipato alle vicende ecumeniche nell’ambiente torinese. Questo testo nasce dalla memoria e dagli appunti in quaderni o fogli d’archivio» confida mons. Giuseppe Ghiberti, biblista e sindonologo e protagonista dell’ecumenismo a Torino e in Piemonte (Giuseppe Ghiberti e Oreste Favaro, «Ecumenismo a Torino e in Piemonte» in Aa. Vv. a cura della Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale-Sezione parallela di Torino, «Ecunenismo a quarant’anni dal Vaticano II», Elle Di Ci, Leumann, Torino, 2005).
Il Concilio (1962-65) non avvia l’ecumenismo ma ne moltiplica le speranze e le iniziative e offre strumenti: dopo il decreto «Unitatis redintegratio» (1964), arrivano i testi per l’applicazione. Le iniziative in Piemonte sono numerose, alcune coordinate, altre isolate. Il personaggio più carismatico, secondo Ghiberti, è don Giovanni Maria Rolando, animatore simpatico e infaticabile degli incontri ecumenici: «Chiarezza acutissima di mente, coraggio nell’esposizione, amicizia cordiale, vivacità nello scherzo ne avevano fatto il personaggio più amato e stimato. La lunga malattia ne rivelò il coraggio e l’eroica pietà. Dalle sue lezioni ho saputo di suoi contatti, a volte tempestosi, con pastori evangelici; poi giunse l’adesione nel 1962 a un gruppo lombardo-piemontese di sacerdoti e pastori. Nel gruppo piemontese nel 1963 entrammo don Giovanni Ferretti e io».
L’arcivescovo Michele Pellegrino propose a Rolando la nomina a responsabile dell’erigenda Commissione per l’ecumenismo e lo pregò di proporre dei nomi. Don Rolando risponde: «Ho bisogno di tanto aiuto dal Signore. Ti chiedo una larga benedizione» e propone i nomi di preti, religiosi, laici (uomini e donne) che da quattro anni partecipano agli incontri con i pastori: oltre a don Rolando (Dogmatica ed Ecumenismo); don Francesco Gosso (Storia ed esperienza parrocchiale); don Matteo Lepori (aspetto sociale); don Italo Ruffino (molto interesse ecumenico); don Giuseppe Ghiberti (Bibbia); don Giovanni Ferretti (Filosofia); gesuita Ugo Rocco (Morale); gesuita Giovanni Trovati (Centro internazionale «Genti e culture», «che assiste laici cattolici che incontrano laici protestanti»); i laici Fiorenzo Savio e consorte; Ferdinando Massara e consorte; Franco Carmanni; Giuseppe Gouthier; Passarin d’Entrèves (Storia); Minoli (Politica e Concilio); fratel Felice, direttore del San Giuseppe (Scuola e giovani); Giorgio Piovano o Antonio Amore dell’Azione Cattolica. Pensa anche a Franco Bolgiani ed Eugenio Corsini. Si aggiunge il gesuita Eugenio Costa senior; qualche volta Enzo Bianchi; da Rivoli il dogmatico don Carlo Collo, laureato su Calvino.
La diocesi di Pinerolo partecipa attivamente – cita don Massimo Giustetti poi vescovo – «per la lunga convivenza con la confessione valdese, il “Centro Agape” di Prali fondato da Tullio Vinay nel 1947; i pastori Ernesto Ayassot e il figlio Marco, Peyrot, Jahier, Gino Conte, Paolo Ricca, la Facoltà Valdese di Roma; i pastori battisti Saccomani e Paschetto». Degli ortodossi si occupano i sacerdoti cattolici Paolo Barrera (Torino) e Giovanni Bugliari (Lungro).
Sempre Ghiberti: «I nostri primi anni coincidono con gli ultimi di Fossati e con la reggenza del coadiutore Tinivella. Non ricordo loro interventi che rendessero problematici gli incontri ecumenici. Don Rolando raccontava di servizi molto delicati che il pastore Saccomani aveva reso a sacerdoti in crisi. Un mutamento positivo avviene nel 1965: Pellegrino conosceva Rolando e lo stimava, ma lo perse subito».
L’arcivescovo scrive a don Ronado: «Il “Direttorio sull’ecumenismo” suggerisce l’istituzione di una Commissione per l’ecumenismo. Mi sembra che, data l’importanza dell’archidiocesi e la presenza di un numero rilevante di acattolici, convenga provvedere. Data la tua preparazione ed esperienza, penso di affidare a te la direzione della Commissione: dovrebbe essere coordinata nell’ambito del Consiglio Pastorale».
Commenta Ghiberti: «Pellegrino amava l’ecumenismo e godeva stima e fiducia dagli interlocutori acattolici: molti lo conoscevano dall’università, alcuni erano stati suoi allievi o si erano laureati con lui, come Bruno Corsani, neotestamentarista alla Facoltà Valdese di Roma, e tutti testimoniavano sulla sua cordiale correttezza. Ricordo solo una critica indispettita: in un incontro di una comunità di base un interlocutore, non so se evangelico o cattolico, esecrò il fatto che la capacità di ascolto di Pellegrino togliesse forza alla contestazione di quanti volevano abolire la Chiesa. Pellegrino non si comportava così per diplomazia ma per una forte convinzione che non indietreggiava neanche di fronte al pericolo di autolesionismo».
Il gruppo cattolico-protestante si riuniva alternativamente: preghiera, tema di studio (esegetico, sistematico, storico), discussione, agape, ripresa del dialogo. Un altro cattolico-evangelico puntava sulla comunità di Bose a Magnano.
Una prima cesura nel 1966 «è provocata – racconta Ghiberti – dalla morte di don Rolando ma gli incontri proseguono con nuove voci: Enrico Paschetto, figura carismatica, dotata di franchezza e capacità di dialogo e, da parte cattolica, il giovanissimo docente di Teologia e Patristica don Pier Angelo Gramaglia».
Il Sessantotto si ripercuote anche sull’ecumenismo: la IV assemblea del Consiglio ecumeni co delle c Chiese (Uppsala, 4-20 luglio1968) ventila il dubbio sulla fruttuosità dell’ecumenismo. Aggiunge Ghiberti: «A Torino operatori evangelici giovani non vogliono continuare con il vecchio stile. Gli incontri si riducono; si insiste sull’apertura a laici, gruppi, comunità; si preferiscono temi di attualità: dissenso, futuro della fede, autunno caldo, primato e infallibilità, divorzio. Qualche evangelico rifiuta di recitare insieme il “Padre nostro”».
Per breve tempo la Commissione è affidata a don Franco Ardusso, poi è sospesa; don Ghiberti è nominato delegato; poi torna la Commissione, presieduta da Ghiberti. Così durante gli episcopati di Anastasio Alberto Ballestrero (1977-89) e Giovanni Saldarini (1989-99). Nel 1993 presidente è il gesuita Giuseppe Giordano. Nota Ghiberti: «Ballestrero non era propenso a movimenti troppo entusiasti. Insisteva: per fare ecumenismo occorrono posizioni chiare e ferme sulla fede e riteneva che questa condizione non fosse adempiuta. Saldarini era timido: alla proposta di visitare i pastori non cattolici rispose: “Non oso”, ma non si ritirava dalle iniziative comuni».
Il dialogo si allarga con l’arrivo della comunità ortodossa romena: «Ballestrero dispone che la si aiuti a trovare locali. Una comunità che si ingrandisce, mentre ne arrivano altre». Nasce il gruppo torinese dell’amicizia ebraico-cristiana e la Commissione cura il dialogo anche con i non cristiani, ebrei e musulmani.
Funziona anche la Commissione regionale con presidente Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea, segretario don Ghiberti. A metà anni Settanta arrivano nuovi membri, i salesiani don Giorgio Gozzelino e don Stefano Rosso. Gli evangelici formano anch’essi nel 1991 una Commissione ecumenica, alla quale intervengono anche gli ortodossi. La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è preparata dalle due Commissioni. «L’insorgere di nuovi motivi di diatriba, soprattutto da parte evangelica verso iniziative cattoliche» – l’«Anno Mariano» nel 1988 e le ostensioni della Sindone (1978, 1998, 2000, 2010, 2015) – produce il Gruppo Ecumenico Teologico, «senza cedere alla tentazione della polemica attraverso i giornali». Incontri si svolgono nelle parrocchie, soprattutto nell’Ottavario e «fa capolino la coscienza sull’importanza ecumenica della festa della Pentecoste».
Conclude Ghiberti: «A più riprese si parlò della situazione religiosa in Italia. Gli inizi a metà anni Sessanta mostravano freschezza di atteggiamento che suscitava stupore. I ristagni non si fecero attendere: fra le cause le iniziative che vedevano la Chiesa cattolica decisamente schierata e gli evangelici poco convinti o totalmente contrari. Penso ai referendum su divorzio e aborto. Una difficoltà mai risolta fu l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole, mentre l’8Xmille solo all’inizio trovò gli evangelici contrari». Poi lo chiesero anch’essi.
Pier Giuseppe Accornero