Nato: 70 anni dopo riscoprire il senso dell’Alleanza

Anniversario – Il 4 aprile 1949 la firma a Washington del trattato che istituiva la North atlantic treaty organisation, istituzione che oggi sembra messa in discussione da entrambe le sponde dell’Atlantico: Trump da una parte e alcuni partiti e movimenti populisti europei dall’altra

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Settant’anni fa, il 4 aprile 1949, i governi di Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito e Stati Uniti firmavano a Washington il trattato che istituiva la Nato (North atlantic treaty organisation). Lo scopo era di dare vita a una organizzazione regionale di sicurezza capace di difendere l’Europa occidentale e l’America settentrionale. Si trattava essenzialmente di un’alleanza militare dell’Occidente in funzione anti-Sovietica, poiché dal 1948 stava crescendo la preoccupazione per la sicurezza dell’Europa occidentale, e si riteneva che l’Organizzazione del trattato di Bruxelles, costituita tra Regno Unito, Francia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo, fosse inadeguata. La potenziale minaccia, infatti, non sarebbe venuta dalla Germania, bensì dall’Urss. Il blocco di Berlino e il colpo di Stato in Cecoslovacchia, avvenuti appunto nel 1948, lanciavano un drammatico segnale d’allarme, e mostravano che l’Organizzazione del trattato di Bruxelles (fondata in sintonia con l’art. 51 della Carta dell’Onu sulla legittima difesa individuale o collettiva) non era in grado di garantire una difesa efficace a fronte di quella che si profilava coma la minaccia più grave. Nel suo profetico discorso del 5 marzo 1946 a Fulton (Missouri), sir Winston Churchill aveva avvertito il mondo: un «sipario di ferro» (Iron curtain), da Stettino nel Baltico a Trieste nell’Adriatico, era sceso a dividere il continente europeo.

Nel 1952 aderivano la Grecia e la Turchia, seguite nel 1955 dalla Germania occidentale (dal 1990 Germania riunificata) e nel 1982 dalla Spagna. L’abbattimento del Muro di Berlino, trent’anni fa, fece sì che dall’inizio degli anni Novanta gli Stati membri avvertissero la necessità di modificare il mandato della Nato e di allargare la sfera soggettiva dell’Alleanza atlantica. L’obiettivo diventava la promozione della pace e della stabilità nell’area euro-atlantica attraverso forme di gestione delle crisi e il coinvolgimento dell’organizzazione in operazioni di peace-keeping. Per quanto riguarda gli Stati membri, in conseguenza del collasso dell’impero sovietico e della dissoluzione della Jugoslavia, l’organizzazione si allargava alla partecipazione di Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia (1999), di Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia (2004), di Albania e Croazia (2009) e del Montenegro (2017). Oggi gli Stati membri sono dunque 29.

In virtù dell’evoluzione compiuta a partire dall’inizio degli anni Novanta, la Nato è stata attiva nei Balcani, coinvolta con l’Onu nell’attuazione degli accordi di Dayton per la Bosnia-Erzegovina. Nel 1995 ha dato vita alla prima operazione sul campo, con la missione Ifor (poi Sfor), con scopi di stabilizzazione in quella martoriata parte dell’ex Jugoslavia. Il momento più drammatico fu raggiunto nel marzo del 1999, quando la Nato decise di lanciare attacchi aerei contro la Repubblica federale di Jugoslavia per costringerla a dare uno status alla provincia del Kosovo. A differenza delle operazioni in Bosnia, l’attacco per il Kosovo pose seri problemi di legittimità, in quanto venne deciso al di fuori del sistema di sicurezza collettiva delle Nazioni Unite, e senza autorizzazione del Consiglio di sicurezza. Questo nel giugno 1999 adottò la risoluzione 1244, che autorizzava gli Stati membri e «organizzazioni internazionali» a stabilire una presenza militare in Kosovo, per impedire la ripresa delle ostilità, rafforzare il cessate il fuoco e stabilire un ambiente sicuro. La Nato dette quindi vita alla missione Kfor, chiamata a lavorare in stretta cooperazione con la missione dell’Onu (Unmik), che ha mantenuto in tutti questi anni una presenza sul territorio, anche dopo che il Kosovo ha unilateralmente proclamato la sua indipendenza.

Dagli originali scopi di difesa euro-atlantica, la Nato ha allargato la sfera d’azione in un’ottica più coerente con la dimensione globale della sicurezza, a partire dagli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001. Ha, quindi, assunto nel 2003 il comando dell’operazione Isaf in Afghanistan, in seguito ad autorizzazione dell’Onu, e ha offerto assistenza alle missioni dell’Unione africana in Sudan e Somalia, tra il 2005 e il 2007.

Secondo il trattato di Washington, gli Stati membri della Nato si consultano quando ritengano che vi sia una minaccia all’integrità territoriale, all’indipendenza politica o alla sicurezza di uno di loro. Questo determina forme di concertazione permanente. Il cuore dell’alleanza, tuttavia, si trova nell’articolo V del trattato, secondo il quale un attacco armato contro uno o più degli Stati membri sarà considerato un attacco contro tutti. Nella prassi, l’art. V è stato attivato solo dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001, considerando un’azione terroristica di quella portata come un atto di aggressione. Un attacco, tuttavia, non determina automaticamente una reazione militare degli Stati, ma questi sono liberi di decidere la forma di assistenza che vogliono dare.

L’Alleanza atlantica è diretta da un Consiglio, supremo organo politico, cui partecipano i ministri degli esteri o gli ambasciatori, rappresentanti permanenti presso l’organizzazione, a Bruxelles. Ha, poi, una doppia struttura, «civile» e «militare», incentrata su un Comitato dei ministri della Difesa e da numerosi altri organi tecnici. Un Comitato militare è la suprema autorità militare, ed è composto da alti ufficiali che rappresentano gli Stati membri e assicurano la direzione strategica dell’organizzazione. La struttura militare consiste poi in un Comando supremo delle forze alleate in Europa (affidato a un generale americano) e da Comandi regionali, per l’Atlantico, il Mediterraneo e il Canale della Manica. Il Segretario generale (normalmente un europeo) dirige l’organizzazione, è responsabile dei processi di consultazione e di presa delle decisioni, e assicura il coordinamento di tutte le attività. L’assetto istituzionale è completato da un’assemblea parlamentare, composta da parlamentari degli Stati membri, dotata di funzioni consultive. La ‘macchina’ è, dunque complessa. La consultazione, il coordinamento, l’elaborazione di piani di difesa terrestre, aerea e navale comportano un’attività continua e intensa.

Il mondo è cambiato in questi settant’anni, e sono mutati gli scenari di crisi e le situazioni potenzialmente minacciose per la pace e la sicurezza. Il crollo dell’impero sovietico aveva indotto alcuni ambienti politici a ipotizzare lo scioglimento dell’Alleanza, ritenendo che fosse venuta meno la minaccia. Giulio Andreotti aveva argutamente commentato: «Quando smette di piovere l’ombrello si chiude, non si butta via». La Nato è stata, quindi, oggetto di adattamenti del suo mandato, e oggi è chiamata ad affrontare minacce globali e, allo stesso tempo, quelle che sono di nuovo riconducibili a Mosca, dove una riedizione di uno zarismo ancora di tipo sovietico ha avviato una nuova forma di ‘guerra fredda’. Un nuovo «sipario di ferro» sembra calare sul continente.

La Nato, come l’Onu, le Comunità e ora l’Unione europea e decine di altre grandi organizzazioni internazionali, è il frutto delle scelte politiche del dopoguerra, che hanno affidato l’ordine internazionale (in primis pace e sicurezza) a forme di multilateralismo organizzato, istituzionalizzato. Queste oggi sono in crisi, per via della loro messa in discussione da entrambe le sponde di quell’Atlantico che era il fulcro dell’alleanza difensiva del mondo occidentale. Donald Trump da una parte e alcuni partiti e movimenti populisti europei dall’altra, seppure senza un disegno che appaia coerente, attaccano i fondamenti politici e ideali che stavano alla base dell’istituzione della Nato e dell’Unione europea. Stati Uniti ed Europa appaiono più lontani, e gli europei si dividono tra loro. La Turchia del nuovo sultano, con le seconde forze armate della Nato, guarda ormai a Mosca più che a Washington o a Bruxelles. La Casa Bianca vede gli alleati europei con insofferenza e fastidio. Per la prima volta, in Italia c’è un governo che non si pone in linea di continuità con le grandi scelte adottate dopo la Seconda guerra mondiale, incentrate proprio sull’integrazione europea e sulla Nato. Questo anniversario dovrebbe stimolare la Nato a tornare ad essere davvero un’alleanza, fondata su una robusta sintonia e sulla condivisione di un impegno a difendere i valori che ne hanno ispirato la creazione: libertà, democrazia, primato del diritto.

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