Fu davvero uno storico viaggio quello che Paolo VI compì in Colombia nel 1968. Cinquantatré anni fa, il 23-25 agosto 1968, Paolo VI onora Cristo nel mistero eucaristico e nella sofferenza dei poveri; celebra Messa con i «campesinos»; inaugura la seconda assemblea generale del Consiglio episcopale latino-americano (Celam) di Medellin; conclude il 39° Congresso eucaristico internazionale, come aveva fatto nel 1963 a Bombay in India.
L’Occidente è sconvolto dalla contestazione. Il Brasile è soggiogato da una crudele dittatura militare. In Argentina i «sacerdoti per il Terzo Mondo» sono avversati dai militari e malvisti dalla gerarchia. In Colombia il 15 febbraio 1966 i militari assassinano il prete guerrigliero Camilo Torres Restrepo e il 9 ottobre 1967 in Bolivia uccidono Ernesto Che Guevara. Pochi uomini di Chiesa si oppongono alle dittature, denunciano le torture, affrontano le ire dei militari.
Paolo VI, accolto da due milioni di persone, bacia la terra: «Besó la tierra, besó la tierra». Il giornale «El Espectador» annuncia: «El Papa, una figura infinitamente dulce», e la giornalista Ines de Montana scrive: «Quando ha dedicato un sorriso a noi della stampa, abbiamo potuto osservare i suoi occhi azzurri, la dolcezza di quegli occhi».
A Mosquera, Papa Montini incontra 300 mila «campesinos» presso la grande radio «Azione culturale popolare», creata dal sacerdote José Joaquim Salcedo, impegnata a combattere l’analfabetismo: «Siamo venuti a onorare Gesù nel mistero eucaristico e a celebrare la presenza del Signore fra noi, nella Chiesa, nel mondo, nelle vostre persone. Voi siete un segno e un’immagine della presenza di Cristo. L’Eucaristia ci offre la sua nascosta presenza viva e reale. Voi siete un sacramento e un’immagine del Signore, un riflesso della sua faccia umana e divina, Ci inchiniamo e in voi ravvisiamo Cristo. Conosciamo le misere condizioni della vostra esistenza. Ascoltiamo il grido che sale dalle vostre sofferenze. Vogliamo essere solidali con la buona causa della povera gente. Esortiamo i governi ad affrontare coraggiose riforme per un più giusto assetto sociale, con progressivo vantaggio delle classi meno favorite e con una più equa ripartizione degli oneri fiscali sulle classi più abbienti che possiedono estesi latifondi e ne godono i frutti con esclusivo profitto».
Con un discorso altrettanto forte apre la seconda conferenza degli episcopati latinoamericani. Il suo appassionato intervento ha un forte impatto sulla Chiesa e sull’opinione pubblica mondiale: «Questa per la Chiesa è un’ora di coraggio e di fiducia nel Signore». Invita a rifiutare storicismo, relativismo, soggettivismo, neo-positivismo «che inducono uno spirito di critica sovversiva e una falsa persuasione che, per avvicinare ed evangelizzare gli uomini, dobbiamo rinunciare al patrimonio dottrinale, alterare il contenuto dogmatico e costruire un Cristianesimo su misura dell’uomo e non su misura della Parola di Dio».
Ribadisce che la carità verso il prossimo dipende dalla carità verso Dio; invita a «non secolarizzare il Cristianesimo, trascurando il suo essenziale riferimento alla verità religiosa, alla comunione soprannaturale con l’ineffabile e inondante carità di Dio verso gli uomini. Spesso la Chiesa istituzionale è posta a confronto con la presunta Chiesa carismatica, quasi che la prima, comunitaria e gerarchica, visibile e responsabile, organizzata e disciplinata, apostolica e sacramentale, sia un’espressione di un Cristianesimo superato, mentre quella spontanea e spirituale sarebbe capace di interpretare il Cristianesimo per l’uomo adulto della civiltà contemporanea e di rispondere ai problemi reali e urgenti del nostro tempo».
Ricorda «la dottrina sociale della Chiesa con documenti memorabili, che faremo bene a studiare e a divulgare. Siamo non tecnici ma pastori che devono promuovere il bene dei fedeli e stimolare lo sforzo rinnovatore. Nostro primo ufficio è l’affermazione dei principi, l’osservazione e la segnalazione dei bisogni, la dichiarazione dei valori prioritari, l’appoggio ai programmi verso un ordine nuovo e il bene comune con l’uomo al primo posto». Conclude con un appello per la pace, la giustizia e la fratellanza tra i popoli, «obiettivi raggiungibili non con l’odio, con la violenza, con la rivolta sostenuti da una compiacente teologia. La nostra forza è l’amore, è la croce di Cristo, è l’umanesimo illuminato dal Vangelo». Tornato a Roma, confida: «Sono state ore di pienezza spirituale e di pastorale felicità».
Il successivo «Documento di Medellín» applica all’America Latina il Concilio Vaticano II, specie la «Gaudium et spes», e il «Patto delle catacombe» di Domitilla redatto da 42 vescovi di 15 Paesi, tra i quali molti latinoamericani, e sottoscritto da 500 vescovi che rinunciano ai lussi e ai privilegi e a lavorano «per una Chiesa povera e per i poveri». Tra essi il brasiliano dom Hélder Câmara Pessoa, arcivescovo di Olinda e Recife in Brasile, estensore del documento; l’italiano Luigi Bettazzi, oggi 96 anni, vescovo emerito di Ivrea (Torino); l’arcivescovo di San Salvador mons. Oscar Arnulfo Romero, martire ucciso dagli «squadroni della morte», santo dal 2018; il vescovo argentino mons. Enrique Angelelli, morto martire nel 1974 in un incidente provocato dai militari, proclamato beato quest’anno.
La teologia della liberazione, nata a Medellin, evidenzia i valori di emancipazione sociale e politica presenti nel messaggio cristiano. Tra i propugnatori il teologo peruviano Gustavo Gutiérrez, l’arcivescovo Câmara Pessoa, il teologo brasiliano Leonardo Boff. Il termine è coniato da Gutiérrez nel 1973 nel libro «Historia, Política y Salvación de una Teología de Liberación».
Approvato da Pio XII, il Consiglio degli episcopati latino-americano (Celam) nasce il 25 luglio-4 agosto 1955 a Rio de Janeiro. Ne fanno parte le Conferenze episcopali di 22 Paesi dell’America Latina e Caraibi. Ogni dieci anni si riunisce l’assemblea plenaria dei vescovi: Rio de Janeiro (Brasile), 1955; Medellin (Colombia), 1968, presente Paolo VI; Puebla de los Angeles (Messico), 1979, e Santo Domingo (Repubblica Dominicana), 1992, con Giovanni Paolo II; Aparecida (Brasile), 2007, con Benedetto XVI.