Lunedì 3 maggio il Seminario di Torino ha organizzato una serata per i giovani della diocesi in collegamento con Franco Nembrini saggista, pedagogista, insegnante. Per Tv2000 Nembrini ha curato un ciclo di 34 puntate «Nel mezzo del Cammin», in onda tra il 2015 e il 2016; per Mondadori, dopo i commenti a Inferno e Purgatorio con introduzione di Alessandro D’Avenia e illustrazioni di Gabriele Dell’Otto, sta ultimando il volume sul Paradiso che uscirà in estate. A seguito del successo dei suoi libri è stato chiamato a parlare di educazione e di Dante in tutta Italia e all’estero. Dall’ottobre 2018 è membro del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e dal 2020 è stato scelto come socio onorario e consultore dell’Unione Cattolica Artisti Italiani.
Franco Nembrini, partiamo dal titolo della prossima serata torinese: «Dante poeta del desiderio». I giovani oggi hanno tanti desideri nel cuore, molti soffocati da questa pandemia. Cosa significa parlare loro di un ‘poeta del desiderio’?
Oggi certamente i giovani sono disorientati, confusi, stanchi, arrabbiati. Papa Francesco in uno dei capitoli della lettera apostolica «Candor lucis aeternae» definisce proprio Dante «Cantore del desiderio umano» in un modo così straordinario che a me ha commosso tantissimo e che vale la pena riprendere proprio anche con i giovani. Ecco, 40 anni di insegnamento, essere padre, e tutta la mia esperienza fatta fin qua, mi fanno dire che l’emergenza educativa che stiamo vivendo ha possibilità di essere affrontata e superata solo se si parte dal desiderio grande che i nostri ragazzi hanno. Penso che il supremo delitto sia quello di andare contro questo desiderio con quel cinismo – e a volte quello scetticismo – degli adulti che fa dire loro ‘datti una calmata, fatti una doccia fredda’. Giochiamo al ribasso e questo è veramente grave: dovrebbe accadere invece l’inverso: l’entusiasmo, l’apertura, gli sconfinati orizzonti che a volte i nostri giovani testimoniano dovrebbero far tornare giovani noi e mettere in discussione i nostri parametri. Ai giovani dico: guardate che la proposta che Dante ci fa è di provare ad essere contenti, la proposta del mondo è invece di provare ad accontentarsi. Sono cose molto diverse: non accontentavi mai, cercate di essere felici, e in questo Dante davvero vi può aiutare.
Dante che invita dunque i giovani a osare e a seguire i desideri del cuore, ma affronta anche il tema della paura….
L’incipit della Divina Commedia è un grande incoraggiamento, è come se gridasse a tutti «non abbiate paura». Dante introducendosi all’Inferno, cioè accingendosi a descrivere un’esperienza che paurosa lo è davvero – tant’è che nel primo canto usa per tre volte la parola paura a esprimere lo stato d’animo che vive di fronte alla vita, di fronte a tutto – ha il coraggio di dire “ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai, dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte”. Sta parlando di una esperienza terribile, anche di sconfitta personale – perchè la lupa lo risospinge nel fondo della selva – eppure dice: vi racconto della paura avuta fino a un sentimento di morte (“Tant’ è amara che poco è più morte”) e lo faccio non per spaventarvi, ma perchè veniate con me a vedere il bene che pure in fondo a questa paura io ho incontrato. E come se Dante ci richiamasse al fatto che è stato il coraggio di guardarla questa paura così umana a far intravvedere la possibilità di uscita, di bene…. In quel “ma per trattar del ben ch’i’ vdirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte” il “vi” è la selva, il male, la paura che viviamo tutti i giorni. Si premura Dante di spiegarci: ora ti narro la parte più faticosa, il punto di vista oscuro da cui sono partito, ma ti dico subito che lì è cominciato anche il bene. È come se ci anticipasse quell’ultimo verso: che da qualsiasi inferno si debba passare sempre è possibile uscire a riveder le stelle.
Dante inizia il suo viaggio con timore, ma non è da solo, è anche questo è un messaggio oggi per chi accompagna, educa, per i ragazzi che si affacciano al futuro con tante domande.
Nella partenza del suo viaggio – primo e secondo canto dell’inferno – Dante intravvede una luce, prova ad arrivarci da solo e scopre che questo è impossibile. Scopre che i limiti suoi, la debolezza dell’uomo, quello che possiamo identificare con il peccato originale, gli impediscono di raggiungere la luce sulla cima del colle da solo, tant’è che l’apparizione di Virgilio è, io credo, la pagina, dal punto di vista del metodo educativo più convincente e commovente della Divina Commedia. Dante, ha provato a far da solo e, constatato che gli è impossibile, si trova non al punto di prima, peggio, al punto dove si sente morto, perduto, ma “dinanzi agli occhi mi si fu offerto chi per lungo silenzio parea fioco”. Una presenza adulta, un grande, un maestro gli si offre come possibilità di guida e la prima cosa che gli viene detta è “A te convien tenere altro viaggio”: son venuto a prenderti perché tu possa fare il viaggio giusto, perché la meta l’hai individuata ed è giusto arrivare là davanti alla luce, ma sbagli strada perchè pensi di fare da solo, seguimi e io ti porterò… Questo è l’inizio della vita di Dante, l’inizio della vita di ognuno di noi. L’inizio inteso come condizione perché la vita sia vita, perché la vocazione si realizzi è l’individuazione di un maestro che valga la pena seguire. La cosa interessante secondo me è che Dante mette così in discussione tante nostre idee sull’educazione perchè lui seguendo Virgilio non rinuncia a sé, ma vive un continuo incalzare di domande e risposte, anche di rimproveri, anche reciproci, fino a quell’esito del percorso educativo che esprime Virgilio, quando lo lascia, con una definizione che anderebbe messa all’ingresso di tutte scuole del mondo: «Non aspettar mio dir più né mio cenno; libero, dritto e sano è tuo arbitrio, e fallo fora non fare a suo senno: per ch’io te sovra te corono e mitrio». Ora il tuo desiderio è puro e ora – gli dice Virgilio – che riconosci l’oggetto vero della tua tensione ideale, fidati del tuo desiderio, del tuo cuore, anzi sarebbe “fallo”, sbagliato se non lo facessi. Gli dice che non ha più niente da insegnargli e che adesso deve usare quel cuore e quel desiderio che Dio gli ha dato: se lo segue lo porterà, puro e disposto a salire, alle stelle. Usa poi un’espressione che io amo tantissimo: «ch’io te sovra te corono e mitrio». È la definizione del compito di Virgilio: rendere Dante così libero da non essere più soggetto a modelli, da non essere più schiavo di nessuno, da non aver più padroni. Ed è a questo punto che Virgilio viene sostituito da Beatrice, altra guida totalmente corrispondente al desiderio, all’affettività che Dante aveva ritrovato da bambino. Si compie così veramente la sua vocazione.
Lei parla di un Dante che esprime desideri, paure, il bisogno di una guida che sono elementi sempre attuali. Eppure spesso tra i giovani esiste un pregiudizio verso la Divina Commedia, quasi un «dazio» da pagare nel percorso scolastico….
L’esperienza che Dante fa è l’esperienza che facciamo tutti. Il problema è far scattare questo rapporto. Quando un ragazzo di 14 anni si rende conto che la vicenda della Divina Commedia è la vicenda di un uomo confuso, solitario, perso, che vorrebbe essere amato e vorrebbe amare e non è capace, e gli leggi che Dante nella stessa condizione è stato raggiunto da un maestro che si è mosso però perchè la sua innamorata è scesa dal paradiso per sollecitare un aiuto nei confronti del suo uomo, basta chiedergli: ‘che amore è quello di una donna che ogni giorno scende all’inferno a riprendersi il suo uomo?’, che quello ti guarda e si mette a piangere. Ha scritto in faccia che sarebbe bello un amore così e che la storia di Dante gli piace.. Quando tu dici una cosa così, che senti vera per te, non c’è ragazzo che non dica ‘è vero è interessante’.
Non stancarsi mai dunque di parlare di Dante, di scriverne e Lei a proposito con Gabriele Dell’Otto sta portando avanti un progetto particolare, a che punto è e come è nata questa collaborazione?
La collaborazione con Gabriele è nata in modo casuale: era venuto ad ascoltare un ciclo di presentazione della Divina Commedia in una parrocchia di Roma rimasto colpito, a casa aveva iniziato a dipingere le prime suggestioni. All’ultimo dei 4 incontri si è presentato ma io non sapevo chi fosse… Appena andato via i giovani che erano li mi sono saltati addosso e mi hanno detto che avevo appena parlato con una delle 8 persone al mondo che illustrano i fumetti della Marvel, che è lui che dipinge olio su tela le grandi copertine dell’Uomo ragno, di Superman… Mi ha incuriosito, l’ho cercato e sono andato a trovarlo in studio: aperta la porta mi sono trovato una tela dell’Ulisse che io non ho riconosciuto: era la rappresentazione di due fiamme osservate dall’alto da Virigilio e Dante. Così ho capito che Il suo modo di dipingere è una immedesimazione: cerca di far vedere cosa aveva visto dante. Da li abbiamo iniziato a discutere, mi sono innamorato della sua incredibile tecnica a e di questo criterio. Quando la Mondadori ci ha intercettato eravamo già amici: lui si è impegnato a illustrare con 100 quadri le tre cantiche e io a commentarle. Di commenti ne hanno fatti tanti ma l’illustrazione di tutta la Divina Commedia è opera in cui sono riusciti in pochissimi, molti arrivati al Paradiso sono riusciti a fare 15 12 tentativi, Gabriele sta facendo anche per il paradiso 33 tavole. Sarà un’opera nuova. Lui dice che quando mi sente parlare gli viene l’idea, a me quando vedo l’idea sua realizzata vien voglia di parlare: la parola spiega l’immagine e l’immagine illustra la parola. Una prova di quanto dante sia vivo, capace sempre di suscitare vena artistica.
Anno di Dante, anno segnato dalla pandemia…
Due anni fa sono stato chiamato in Venezuela dai centri cultura danteschi a parlare della Divina Commedia. Il giorno della mia partenza dalla Colombia c’è stato colpo di stato di Maduro e la situazione è ‘scoppiata’: fame, povertà e violenza… allora li ho chiamati pensando che tutto venisse annullato e la loro risposta è stata: “non hai capito niente è proprio perchè stiamo vivendo una difficoltà tremenda che abbiamo bisogno di Dante. E iniziavano tutti gli incontri chiedendomi: “tu che hai visto l’inferno che c’è qua fuori dicci come Dante è riuscito ad uscirne. Una sera mi hanno presentato una donna, era tra coloro che avevano maggiormente insistito perché fossi lì. Le ho chiesto che cosa le interessasse di Dante e la sua risposta fu: “Vede Franco io alle 4 di ogni mattina scendo dalla favela per cercare un po di pane e faccio ore e ore di fila davanti ai pochi forni per avere qualcosa da portare ai miei 5 figli, Ma da quando ho scoperto la Divina Commedia la porto con me e ogni mattina con altre donne facendo la fila leggiamo Dante. Vede, noi mamme aspettiamo per riempire di pane la pancia dei figli ma – e mi indica la fronte – c’è anche un pane da mettere qui. Oggi più che mai mi sembra chiaro che in tempi di pandemia bisogna avere la forza di quella donna, quel coraggio, non smettere di pensare che c’è un pane da mettere nella testa. Il fatto che sia l’anno di Dante e siamo in pandemia è una sfida da raccogliere.
Per partecipare alla serata con Nembrini occorre iscriversi attraverso il sito del seminario www.seminarioditorino.it