Nosiglia, «a Torino il lavoro rimane la prima emergenza»

L’appello – Nella Veglia per il mondo del lavoro che si è tenuta la sera del 27 aprile presso la parrocchia torinese Ascensione del Signore a Mirafiori Nord, l’Arcivescovo ha invitato istituzioni, imprenditori e attori del territorio “all’intraprendenza nel creare nuovi lavori nell’area torinese, ad investimenti per una costante qualificazione professionale, ma ancora di più alla coerenza morale nei comportamenti e nelle scelte”. GALLERY

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Pubblichiamo l’intervento dell’Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia alla Veglia per il mondo del lavoro, in vista della festa del 1 maggio, che si è tenuta la sera del 27 aprile presso la parrocchia torinese Ascensione del Signore a Mirafiori Nord:   

Il nostro Dio non è un Dio assente, isolato, chiuso nel suo cielo dorato: è un Dio appassionato dell’uomo, così teneramente amante da non volersi mai separare da lui. Il nostro Dio ci accompagna sempre, anche se per sventura ci allontanassimo da lui. Mai egli ci lascia soli e abbandonati. Per questo non ci scoraggiamo mai di fronte a qualsiasi avversità. Certo, se facessimo affidamento solo sulle nostre forze, avremmo ragione a sentirci delusi e sconfitti, perché spesso la legge dei più forte e del potere economico o finanziario sembra prevalere e schiacciarci. Ma se sopravvive in noi la certezza che Dio non ci abbandona, che Dio ama teneramente noi e questo mondo, allora subito mutiamo prospettiva. L’io sono con voi è dunque l’assicurazione che mai ci fa perdere la speranza e che Dio è al lavoro per realizzare ciò che umanamente pare impossibile.

La parola di Dio ci offre dunque un messaggio di grande significato per il nostro tempo, in questo periodo in cui le difficoltà economiche e sociali, non quelle macro – nazionali forse – ma certamente quelle del nostro territorio che stiamo vivendo, con crescenti preoccupazioni sul domani per diverse imprese e tanti lavoratori del nostro territorio. Eppure, mai deve venire meno la forza rinnovatrice della speranza, che ci viene dalla certezza di fede che con noi c’è il nostro Salvatore Gesù, che ci dona la volontà di lottare con tutte le forze per affrontare insieme i problemi e trovare soluzioni accettabili.

L’INTRAPRENDENZA DEGLI IMPRENDITORI, LA QUALITA’ PROFESSIONALE E L’ESPERIENZA DEI LAVORATORI, il retroterra familiare, sociale e religioso, che fa parte del tessuto quotidiano di tutti i protagonisti del processo economico, l’insegnamento che ci è venuto dalla crisi per un nuovo modello di sviluppo e per nuovi stili di vita, la VIA ritrovata DELLA SOLIDARIETA’ E DELLA PROSSIMITA’, concorrono a farci guardare al futuro con SPERANZA.

Se poi tutto ciò è sostenuto dalla fede e dalla preghiera, diventa possibile realizzare una ripresa non solo economica, ma anche sociale e spirituale.

Con la nostra preghiera questa sera intendiamo riaffermare che il Signore non è distante, è vicino, amico, protettore solidale e coinvolto nelle difficoltà di tanti lavoratori che ancora stanno soffrendo a causa di scelte aziendali che paventano massicci licenziamenti o una permanente precarietà del lavoro. Se non avessimo questa speranza, saremmo i più illusi degli uomini, perché le sole nostre forze, abilità e strategie sarebbero da tempo sconfitte per sempre.

Questa veglia ci deve, tuttavia, indicare la via da percorrere insieme per affrontare con speranza il domani. È la via della comunione e della COLLABORAZIONE, perché dalle situazioni di difficoltà usciremo SOLO SE LO FAREMO INSIEME, uniti e solidali. Insieme a tutte le componenti del mondo del lavoro e della società; insieme alla Chiesa, che vive sul territorio; insieme agli stessi lavoratori in CASSA integrazione o in MOBILITA’ o PRECARI, come sono tanti GIOVANI. Questi ultimi non possiamo e non dobbiamo lasciarli soli e abbandonati al loro destino ingiusto; in un modo o nell’altro devono essere coinvolti e considerati soggetti del loro e del nostro domani. Questo esige che ciascuno faccia la sua parte per il bene di tutti.

Occorre, a mio avviso, dare anche segnali concreti e precisi. Ogni sviluppo e progresso economico e sociale sarà garantito solo da uomini retti, da operatori economici, lavoratori, politici che vivano nelle loro coscienze l’APPELLO AL BENE COMUNE. Sono necessarie l’INTRAPRENDENZA nel creare nuovi lavori sul territorio, INVESTIMENTI per una costante qualificazione professionale e le competenze, ma ancora di più la COERENZA morale nei comportamenti e nelle scelte.

Quando prevale, invece, la ricerca del proprio utile e tornaconto, un vantaggio solo fine a se stessi, sempre di più, allora vediamo che l’imprenditore ricerca, come unico criterio di azione, il massimo del profitto nella produzione; il politico il consolidamento del potere; il finanziere il più alto reddito possibile.

Quando si parla di etica e si applica questo termine al lavoro, all’impresa, alla politica, all’economia o alla finanza, occorre tenere bene in considerazione che cosa, in realtà, si intende e a quale sistema morale ci si riferisce. Se AL CENTRO CI SONO la promozione della persona umana del lavoratore e la sua famiglia, il rispetto dell’ambiente di lavoro e di quello naturale e una sentita responsabilità sociale dell’impresa sul territorio, allora si mettono le basi per un impegno concreto di rilancio anche economico; ma se ci sono, invece, scelte ben diverse, che fanno passare per etico ciò che di fatto è contrario alla giustizia e al vero bene comune, la via della corruzione e della disequità, per cui i benestanti diventano sempre più ricchi e il ceto medio sempre più povero, allora si entra in un tunnel e circuito perverso che danneggia l’intera economia e alla fine perpetua un ripetersi continuo di crisi per tutti .

Per i cristiani, alla luce della Parola di Dio, un’ETICA ECONOMICA non può prescindere da due fattori insostituibili di riferimento. Il primo: l’uomo non è un capitale da investire e sfruttare, ma una persona creata ad immagine e somiglianza di Dio, dal quale trae la sua dignità di persona con diritti e doveri universali e inalienabili. Il  secondo: l’uomo è stato creato per le relazioni, dunque per stare insieme, agire insieme, produrre insieme, solidarmente e in comunione con i suoi simili. La mancanza di fraternità tra gli uomini e i popoli produce la corsa sfrenata al possesso e al proprio tornaconto a scapito della stessa giustizia. La società, sempre più globalizzata, ci rende vicini, ma non ci rende fratelli. Siamo in grado di vedere bene, con la nostra razionalità, che gli uni dipendono dagli altri ed è dunque necessario stabilire una convivenza civile e dei rapporti economici e sociali giusti e concordati, ma di fatto tutto ciò non riesce a fondare una fraternità. Questa ha origine da una vocazione trascendente di Dio Padre, che ci ha amati per primo, insegnandoci, attraverso Cristo suo Figlio, che cosa è la carità fraterna e come essa si possa coniugare con la giustizia e la verità.

Desidero, alla luce di questo, richiamare alcuni FATTI CONCRETI. Penso alla REDISTRIBUZIONE DEL REDDITO, che faccia ricuperare l’equità, senza la pretesa di livellare il mercato del lavoro e penalizzare le professionalità, le competenze e le responsabilità di ciascuno, perseguendo vie di giustizia commutativa e sociale, alla luce del valore oggettivo delle prestazioni lavorative e della dignità umana dei soggetti che le compiono.

Sono tanti oggi i manager e le persone appartenenti a diverse categorie professionali, nel pubblico come nel privato, in diversi settori (sanità, industria, sport professionistico, spettacolo, politica), che guadagnano, in un mese, quello che un lavoratore guadagna in un anno di lavoro. Credo che UNA MIGLIORE PEREQUAZIONE DEGLI STIPENDI sarebbe un segnale forte di giustizia e di solidarietà, che potrebbe aprire una via benefica per tutti.

Un benessere economico autentico si persegue anche attraverso adeguate politiche sociali di ridistribuzione del reddito, che – tenendo conto delle condizioni generali e considerando ovviamente i meriti e la professionalità – si misuri a partire dai reali bisogni di ogni cittadino. Penso a FORME DI SOLIDARIETA’ espresse da quei lavoratori che, avendo mantenuto il posto di lavoro, hanno accolto l’invito ad aderire ai fondi di solidarietà o del microcredito in favore dei colleghi privati del lavoro. Penso alle FAMIGLIE che – potendo, malgrado la crisi, ancora gestire abbastanza bene la loro vita – rinunciano ad utilizzare il profitto guadagnato per spese superflue o consumistiche e lo mettono, invece, in parte, a disposizione di famiglie in difficoltà (sostegni di vicinanza). È, questa, una via dal basso, che, attivando una rete di azioni concrete di prossimità e di aiuto fraterno, serve a mantenersi sobri nella propria vita personale e familiare e a riscoprire la positività e la gioia del dono di sé per gli altri.

Certo, la via maestra, che dovrebbe emergere con forza, è di non far uscire dal CICLO PRODUTTIVO le persone o di trovare per loro un’ALTERNATIVA SOCIALE, tale da garantire comunque un lavoro, ad esempio socialmente utile, o altre forme retribuite di servizi o di corsi di riqualificazione professionale promossi dai Comuni, dalle imprese, dagli Enti pubblici del territorio. Perché non è sopportabile la situazione di chi deve, ogni giorno, vivere nel provvisorio, confidando nell’aiuto degli altri e perdendo così quella necessaria autostima, che aiuta a vivere bene, anche se in povertà. Meglio un modesto lavoro che un grande sussidio.

Sì, cari amici, il lavoro è LA PRIMA EMERGENZA del nostro terriitorio, come era in passato, e lo è non solo sotto il profilo economico e sociale, ma anche morale. Non è accettabile, infatti, dal punto di vista morale, la disoccupazione di una persona, considerate anche le gravissime conseguenze per la sua famiglia. Questo fatto non deve lasciarci indifferenti e perciò va affrontato con la massima corresponsabilità ed impegno di tutti i soggetti pubblici, privati, sociali e istituzionali. La Chiesa, le parrocchie, le associazioni, i movimenti e le realtà caritative debbono essere in prima linea in questo impegno, perché è Cristo stesso, e la sua incarnazione, a spingere ogni credente ed ogni uomo di buona volontà a considerare l’altro un fratello, chiamato a far parte della stessa famiglia di Dio.

«Non abbiate paura e non siate turbati»: risuoni nel nostro cuore, nelle nostre famiglie, nelle imprese e nella comunità questo annuncio della Parola di Dio che scandisce le apparizioni di Gesù. Se Dio è con noi, infatti, chi sarà contro di noi? Se lui ci ha dato Cristo, suo Figlio, non ci darà ogni altra cosa, di cui abbiamo bisogno insieme con lui? Animati da questa speranza, guardiamo al futuro con rinnovata fiducia ed operiamo ogni giorno per trarre da questa certezza di fede il coraggio e la forza di trovare le vie per affrontare anche le situazioni più complesse e difficili, magari facendo piccoli passi, ma sempre in avanti con l’apporto congiunto di tutti gli uomini e donne di buona volontà.

+ Cesare NOSIGLIA, Arcivescovo di Torino    

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