La preghiera di Nosiglia per i profughi bloccati in mare

Torino – L’Arcivescovo il 27 gennaio ha presieduto la Messa al termine della Marcia della Pace dal Cottolengo al Duomo promossa dall’Azione Cattolica con i bambini e i ragazzi. Nosiglia ha invitato a pregare per i profughi a bordo della nave Sea Watch al largo di Siracusa auspicando che la disponibilità della Cei ad accoglierli possa essere realizzata al più presto. GALLERY

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Pubblichiamo l’omelia che l’Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia ha tenuto domenica 27 gennaio nella Messa in Duomo al termine del Mese della Pace promosso dall’Azione Cattolica. 

Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci ha presentato Gesù che al suo paese, Nazareth, rivela chi è e perché è venuto su questa Terra. La sua missione consiste: nell’annunciare la buona notizia ai poveri per dire loro che Dio è con loro, nel liberare i prigionieri, ridare la vista ai ciechi e far camminare gli storpi… insomma, operare per la pace e la giustizia per chiunque è povero, solo, scartato dagli altri.

Chi dice questo è quel salvatore Gesù che, alla sua nascita, gli angeli hanno annunciato ai pastori dicendo: “Pace in terra agli uomini amati dal Signore”. Sì, Gesù è la nostra pace perché ha abbattuto tutti i muri che esistevano tra gli uomini e Dio e le barriere che impedivano agli uomini di amarsi e edificare un mondo di giustizia e di pace.

La pace, cari amici, non è solo un impegno che riguarda i grandi della terra che hanno in mano le sorti del popoli, ma ognuno di noi. La pace è dono e impegno insieme e dobbiamo perseguirla ogni giorno nella nostra famiglia, a scuola e con gli amici dei vari gruppi della nostra associazione di Azione Cattolica Italiana.

Educarci a fare pace e a promuovere la pace è dunque un dovere di ogni persona, anche di voi ragazzi che potete essere protagonisti di un mondo di pace se siete convinti che essa è possibile anche se a volte impegnativa. La pace, infatti, esige incontro, dialogo, condivisione, perdono, collaborazione con ogni altro ragazzo, sia esso mio amico o amica oppure no, sia del mio Paese o di un altro, della mia religione o un’altra. Chi prende in giro un compagno o una compagna non opera per la pace ma per la divisione e pone un segno contrario alla pace; chi dice parolacce a un compagno o una compagna fa altrettanto male alla pace. Chi si erige a giudice degli altri e li emargina o disprezza (i bulli – come vengono chiamati – e gli scalmanati, che pensano di essere i primi e i migliori) va contro la pace, e chi non rispetta gli altri, anche chi è disabile o ha qualche difficoltà fisica o spirituale, non compie azioni di pace ma di rifiuto e suscita dunque una situazione che fa soffrire chi lo riceve.

Vi faccio un esempio concreto che può aiutarci a capire che cosa significa “fare” la pace: per imparare ad essere portatori di pace bisogna imparare già alla vostra età a costruire ponti e non muri.

Pensate alla differenza tra un ponte e un muro… Il muro divide, il ponte unisce: muri di rifiuto degli altri perché diversi da noi, di sopraffazione, di umiliazione di chi è più debole e indifeso, di violenza anche verbale, di discriminazione e di guerre (tra le nazioni) e invece ponti di dialogo, di incontro, di mutua conoscenza e collaborazione, di accoglienza.

Ci sono nel mondo anche muri materiali purtroppo: Betlemme è circondata da un muro; i muri si erigono anche in Europa e America per impedire a tanti ragazzi come voi e alle loro famiglie di fuggire dalla guerra, dalla miseria estrema e avere una vita più serena e tranquilla in cui i loro diritti di persona umana sono rispettati e promossi con giustizia. Noi italiani siamo un popolo di immigrati e comprendiamo dunque bene le sofferenze di queste persone. Ben 23 milioni di persone nel mondo in tutti i Paesi sono di origine italiana, discendenti da famiglie che sono emigrate… La stessa famiglia del Papa ne è un esempio. Suo padre, Mario Bergoglio, era nato qui a Torino e poi emigrò in Argentina.

Ma anche Torino appena 60-70 anni fa ha raddoppiato la sua popolazione perché dal Sud Italia sono giunte circa 500 mila persone per trovare lavoro e accoglienza.

Io ho visitato decine di Paesi del Terzo mondo poveri, alcuni anche in guerra e ho incontrato migliaia di ragazzi come voi nella loro scuole, parrocchie e associazioni… vi posso assicurare che tutti i ragazzi del mondo vogliono la pace e dicono di no alla guerra e alla violenza, alle ingiustizie.

Ricordo a Gaza una città palestinese vicino a Betlemme dove è nato Gesù. Camminavo al mattino lungo la strada, alla mia destra vedevo tante rovine di una città bombardata e alla mia sinistra c’era un oratorio che era rimasto intatto e lì un folto gruppo di ragazzi come voi giocavano e stavano insieme come amici in attesa di entrare nella aule della loro scuola.

Io mi sono detto: di qui a destra c’è il mondo vecchio che vuole imporsi con le armi e conquistare potere di altri popoli. E a sinistra c’è il mondo nuovo di domani: i ragazzi che si incontrano in oratorio e a scuola perché sanno che lì imparano i valori dell’amicizia e accoglienza reciproca e di impegno per costruire un mondo diverso dove ogni ragazzo possa avere un futuro più sereno, giusto e contribuire alla pace tra tutti.

Ancora un ricordo: sono stato in una scuola dell’Africa, nel Camerun, molto povero, dove non piove quasi mai essendo vicino al deserto del Sahara. Abbiamo cantato e parlato insieme, poi sono andato a visitare una classe, una quarta elementare: i ragazzi erano seduti per terra e avevano tra le ginocchia un bel quaderno grande, una matita e una gomma. Perché scrivevano a matita? Perché il quaderno che avevano doveva durare tutto l’anno e così, cancellando ciò che avevano scritto, potevano poi riusare lo stesso quaderno altre volte.

Poi ho chiesto a uno di loro: vieni volentieri a scuola?. Sì, mi ha risposto, perché ho tanti amici e imparo molte cose e so che la scuola mi permetterà un domani di avere una vita migliore per me e i miei genitori. Però c’è anche un’altra ragione e si vergognava di dirmelo.

Poi me lo ha detto: vengo a scuola perché mi danno da mangiare, perché a casa mia spesso non si mangia.

Cari ragazzi questa non è pace, non è giustizia, non è amore. Non possiamo accettare una simile situazione, dobbiamo impegnarci a fare qualcosa. Anche nel nostro paese ci sono tanti ragazzi come voi che soffrono per la mancanza di cibo o di vestiti o anche di materiale didattico appropriato per la scuola.

Fare la pace significa anche essere sobri e non sciupare le cose che abbiamo e aiutare anche chi non ce la fa e chi ha meno di noi.

Gesù ci ha invitati a dire “Padre nostro”. “Nostro” significa che Dio è padre di tutti, creatore di ogni bambino che nasce nel mondo. Se siamo tutti figli dell’unico Dio e abbiamo un solo padre allora siamo fratelli e sorelle, anche se siamo di famiglie diverse e di paesi diversi o religioni diverse, siamo tutti parte della famiglia umana che è su questa terra, siamo chiamati tutti ad essere amici e ad aiutarci. Quando nasce un bambino in Cina o in Africa nasce un mio fratello, quando nasce una bambina nasce una mia sorella a cui devo dare il mio amore, la mia amicizia e il mio aiuto, se necessario.

Così si edifica la pace, così diventiamo operatori di Pace. Voi mi direte: ma cosa possiamo fare noi ragazzi per un problema così grande come la pace nel mondo?

Il mare è fatto di gocce, diceva Santa Teresa di Calcutta. I giornalisti le dicevano: Madre lei fa tanta carità verso i bambini poveri e le loro famiglie, ma è come gettare una goccia nel mare perché sono tantissimi i ragazzi e le famiglie nel mondo che soffrono la fame. Lei rispondeva: è vero, se getto una goccia di acqua nel mare sembra inutile ed è niente eppure il mare ha una goccia in più e se questo lo facessero tutti il mare crescerebbe molto e molto di più di quello che è.

Chiediamo a Gesù di aiutarci ad essere generosi costruttori di pace ogni giorno, anche facendo un piccolo gesto di condivisione e di aiuto a chi ha bisogno e aprendo il cuore alla accoglienza e amicizia verso tutti, risparmiando qualcosa per metterlo insieme e aiutare le nostre parrocchie a donare ai poveri quanto chiedono per le loro necessità.

In ogni vostra parrocchia ci sono la San Vincenzo o la Caritas che potranno raccogliere le vostre offerte frutto di un vostro personale sacrificio e sostenere qualche ragazzo che ne ha bisogno.

E preghiamo oggi per quei ragazzi che sono sulla nave Sea Watch davanti al porto di Siracusa e non possono scendere a terra. Preghiamo perché la disponibilità della CEI ad accoglierli, a cui diamo tutto il nostro sostegno, possa essere realizzata al più presto. Il Signore Gesù che ama i ragazzi più di tutti speriamo ci aiuti e la vostra preghiera sarà senza dubbio preziosa per questo scopo.

Allora siamo certi che Gesù sarà contento e anche noi lo saremo perché come ci ha detto la prima lettura di questa Messa: la gioia di Dio è la nostra forza.

Sì c’è molta più gioia nel donare che nel ricevere.

+Cesare Nosiglia, Arcivescovo di Torino

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