Nosiglia alle istituzioni, “sono ancora scarsi i servizi per gli adulti disabili”

Cottolengo – L’Arcivescovo il 27 maggio alla Piccola Casa della Divina Provvidenza ha presieduto la Messa per il mondo delle disabilità, organizzata dalla Diocesi, spronando le istituzioni e la società civile ad investire risorse appropriate per le persone adulte diversamente abili che necessitano di strutture adeguate alle loro necessità. Intervista al padre generale don Arice

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Pubblichiamo l’omelia che l’Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia ha pronunciato lunedì 27 maggio nella Messa per il mondo delle disabilità presso la Piccola Casa della Divina Provvidenza del Cottolengo di Torino.

È un giorno di grande speranza questo che stiamo vivendo insieme e la celebrazione dell’Eucaristia nel tempo pasquale infonde nel nostro cuore serenità e forza. Voi, cari amici, siete qui per ribadire che credete nella vita, amate la vita e volete che la vostra vita sia accolta, riconosciuta, valorizzata e stimata da tutti, non solo a parole, ma nei fatti e nella verità dell’amore. Perché voi per primi date amore e siete per tutta la comunità una testimonianza forte di amore donato e ricevuto da quanti vi sono vicini e condividono con voi le giornate, le difficoltà e le gioie della vostra vita.

La parola biblica ci ha appena trasmesso la certezza che Gesù ci dona il suo stesso Spirito, che ci dà forza, sicurezza e speranza nell’amore di Dio che mai ci abbandona, in quanto suoi figli prediletti. Tante, troppe persone, cari amici, vi considerano deboli e indifesi e spesso vi commiserano, guardandovi dall’alto in basso ed ostentando le loro capacità e la loro normalità rispetto a ciò che considerano in voi carente, ma devono ricredersi di fronte alla forza della vostra fede, della vostra speranza e del vostro amore. Voi valete davanti a Dio più di loro e più di tutti, perché lo cercate e lo amate e lui vi cerca, vi conosce e vi difende, perché è il vostro Padre buono che ha cura di ciascuna sua creatura, soprattutto di quelle più deboli e bisognose di sostegno e d’amore.

Gesù suscita però, accanto a voi, anche tante persone buone e accoglienti, che vi aiutano a sperare  aprendo davanti a voi la via della vita, affinché possiate procedere sicuri con lui al vostro fianco. Egli dà, attraverso i vostri genitori e amici, tanti operatori e volontari, che vi assistono e trovano in questo servizio la gioia del donarsi, ricevendo da voi la dolcezza e la riconoscenza del vostro sorriso e della vostra amorevolezza. Questa certezza di essere sostenuti tutti da Gesù, mediante anche tante persone, ci deve portare e dire grazie a lui e a tutti quelli che stanno con voi e vi danno amicizia e amore.

Ma questo non deve certo farci dimenticare la realtà, spesso dolorosa e difficile, di tante situazioni di abbandono o di scarsa accoglienza dei vostri diritti, che emergono anche nella nostra società e che fanno soffrire voi e i vostri cari. Con dignità, come le vostre associazioni e realtà di accoglienza sanno fare, desidero richiamare con forza quanti hanno il dovere di promuovere adeguatamente, sotto il profilo umano, civile, sociale, economico e normativo, leggi, strutture, iniziative e personale appropriato per garantire qualità di vita alla vostra persona, che vale in quanto tale e va riconosciuta soggetto di diritti inalienabili di giustizia e di promozione umana e sociale, come per tutti, senza discriminazioni di alcun genere.

La civiltà e la grandezza di un popolo si misurano sulla sua capacità di accogliere e valorizzare le persone che hanno qualche difficoltà fisica o psichica, realizzando in concreto una politica di interventi a sostegno delle loro necessità e di quelle dei loro familiari. Il servizio delle associazioni, delle cooperative e dei centri di accoglienza diurna è quello che va salvaguardato e promosso, perché si è dimostrato il più efficace. Permangono, però, difficoltà nel trovare sedi idonee, personale qualificato e risorse disponibili al loro funzionamento.

Le famiglie soffrono spesso di scarsa attenzione per i loro problemi e si trovano a combattere contro una burocrazia lenta e farraginosa ed una mentalità culturale e sociale, che vede nelle loro necessità un aggravio, invece che un investimento in valori fondamentali per l’intera società. Per non parlare del “dopo di noi”, che stenta a farsi strada nell’ambito dei servizi pubblici e non riesce a garantire una sicurezza di prospettive positive ed incoraggianti. È questo, oggi, uno dei problemi più urgenti da affrontare da parte delle ASL, dei Comuni, del volontariato, perché si estende sempre più il numero di persone adulte, che sono diversamente abili e necessitano di strutture di accoglienza permanente, come case famiglia, e di personale e risorse appropriate. Nella mia visita pastorale, ho incontrato tante volte genitori anziani e malati, che mi raccomandano di segnalare questo problema, che assilla il loro cuore per il futuro dei figli.

C’è, inoltre, sempre incombente e preoccupante, la necessità di scuotere l’opinione pubblica, addormentata dai mass-media, che ignorano sistematicamente i problemi delle persone diversamente abili, oscurandoli dallo schermo televisivo, dove deve predominare le bellezza fisica, la persona patinata ed efficiente secondo parametri virtuali non rispondenti alla concreta realtà del vissuto di tante famiglie e della stessa società. Una comunicazione dunque drogata, ovattata, lontana dal reale  e protesa solo a perpetuare una visione evasiva, disimpegnata e gaudente della vita; una comunicazione che tende a nascondere la situazione reale delle persone diversamente abili o a ridurre il problema all’assistenza e ai sussidi, senza affrontarlo alla radice e con una strategia di lungo respiro. Certo, le difficoltà economiche accentuano oggi questi problemi, ma lo spreco delle risorse, in tanti settori del vivere sociale, è lì a dimostrare che un orientamento meno selettivo delle stesse e una costante lotta contro la corruzione potrebbero far fronte a tante necessità primarie e non superflue, come sono invece quelle su cui piovono spesso finanziamenti o regalie.

Ma è soprattutto la cultura della sobrietà della vita che è necessario ricuperare da parte di tutti, se vogliamo ritrovare la gioia del dono gratuito e della solidarietà disinteressata, scoprendone la ricchezza per se stessi e per gli altri. È questione di liberarsi da quelle crescenti dipendenze di un presunto benessere fondato sull’accumulo, sul profitto ad ogni costo, sulla ricerca del potere del denaro e sullo spreco di risorse per la propria soddisfazione. Scelte che, di fatto, conducono alla schiavitù e non alla libertà, al disimpegno verso gli altri, all’indifferenza, realtà che generano rifiuto e producono tristezza e chiusura del cuore all’amore vero e condiviso.

Gesù ci libera, perché pone alla base della nostra vita il suo amore, che ci dà il dono del suo Spirito, e la sua verità, il quali illuminano il nostro cammino, ci liberano dal male e ci aprono agli altri, per trovare insieme serenità, speranza e pace interiore. Io credo che voi, cari amici, siate testimoni di questo, perché ogni giorno sperimentate la verità dell’amore nei rapporti reciproci improntati alla solidarietà e al servizio gli uni verso gli altri. Gesù, per questo, vi ama e vi predilige, perché non vi mettete la maschera per apparire diversi da quello che siete, vi presentate schietti e sinceri, senza timore di essere giudicati o derisi. Ogni gesto, ogni sorriso, ogni abbraccio è per voi espressione sincera del vostro cuore: voi seminate la verità nelle relazioni interpersonali e ne esaltate la bellezza e la profondità. Voi siete testimoni di quella libertà, che nasce dal cuore, dove alberga la verità di Cristo e dove nasce la sua speranza.

Sì, la Pasqua di risurrezione e il dono dello Spirito Santo segni anche quest’anno in noi tutti, nelle nostre famiglie e comunità ecclesiali e civili un passaggio da tante forme di schiavitù e di menzogna alla vera libertà dello spirito, che ci fa sperare sempre in una vita migliore, perché basata sull’amore, che vince ogni paura, sofferenza e la stessa morte. Di questo noi tutti dobbiamo essere ogni giorno proclamatori, con la forza delle nostre azioni e delle nostre convinzioni interiori.

A voi, care famiglie, e a voi operatori, volontari e amici, desidero assicurare non solo a parole, ma con fatti concreti di impegno e di solidarietà, che la Chiesa di Torino non cesserà mai di operare  insieme a tutti quelli che hanno a cuore la vostra sorte e insieme pure con voi stessi, cari amici, perché possiate essere considerati a tutti gli effetti cittadini come tutti, senza preclusioni di sorta.

Auguri, carissimi, e la comunione e l’amicizia, che oggi qui sperimentiamo, vi sostengano nel vostro cammino e vi diano la certezza che mai siete soli, perché la Chiesa vi ama e il vostro vescovo pensa a voi e prega ogni giorno per voi. Buona Pasqua.

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