Cari amici,
vi ringrazio della vostra presenza e ringrazio sentitamente i membri del Consiglio di amministrazione dell’Opera Barolo e in particolare il Vicepresidente avv. Marocco, insieme agli operatori di segreteria, per il competente e continuo lavoro che svolgono per attuare le disposizioni decise insieme nonché la gestione ordinaria dell’Opera.
Desidero prendere spunto da questa circostanza per richiamare uno stimolo importante che è venuto in questi giorni dalla Giornata Mondiale dei poveri voluta da Papa Francesco. Egli ci ha detto che in ogni povero che incontriamo c’è il volto e il corpo sofferente di un fratello o una sorella che soffrono. Il Papa ci provoca quando afferma: “se incontri una persona che vive e dorme sulla strada puoi avere diversi atteggiamenti: puoi considerarla un delinquente, un fannullone, un pungiglione molesto per la tua coscienza, una immondizia che sporca lo spazio pubblico; allora non sarai mai cristiano. Oppure puoi riconoscere in lui una persona umana che ha la stessa tua dignità, gli rivolgi un saluto, gli dai qualcosa, gli dimostri amicizia .. allora sarai cristiano e benedetto da Dio insieme con lui o lei”.
La venerabile Giulia di Barolo vedeva in ogni persona povera, perfino nelle donne carcerate che la bestemmiavano e la deridevano sfogando la loro rabbia su di lei che voleva solo aiutarle, l’impronta di Dio e anche nella loro vita giudicata da tutti misera e bisognosa solo del nostro aiuto, un segno di Gesù che la interpellava e chiedeva amore.
Ho ricordato il carcere perché l’opera Barolo, che si rifà all’esempio dei marchesi – dopo aver offerto a tante realtà del distretto sociale di via Cottolengo la possibilità di un luogo significativo di accoglienza con l’housing sociale e molte attività di servizio a persone povere, sole o a immigrati, malati, disabili, famiglie in difficoltà per la carenza di lavoro, minori abbandonati e sostegno della educazione culturale e formazione delle nuove generazioni nelle scuole di Altessano e Venaria, – ha attivato in questi ultimi anni insieme a diverse realtà del Distretto sociale un concreto e proficuo impegno per l’accompagnamento e il sostegno dei carcerati secondo programmi stabiliti dì intesa con i responsabili del Carcere Lorusso e Cutugno.
E’ un ulteriore fronte che l’Opera ha aperto con grande determinazione ed entusiasmo ed è seguito in particolare dal Presidente Soprano a cui desidero rivolgere anche a nome vostro la mia più sentita partecipazione al grave lutto che proprio in questi giorni ha colpito la sua famiglia con la morte della moglie Bianca.
La Signore Bianca era molto credente, per questo siamo certi che il Signore della vita l’ha accolta con sé nel suo regno di Pace e di gioia infinita che attende tutti i suoi servi fedeli. Il Signore ha voluto chiamarla a sé uno dei giorni più belli e importanti di questo Avvento in preparazione al Natale: la festa della Immacolata Concezione. La Madonna Immacolata l’accolga con la sua tenerezza di Madre e la conduca incontro al Suo Figlio Gesù nel posto vicino a sé che riserva ai suoi amici più fedeli.
Ho iniziato in questi giorni il mio solito giro di quello che chiamo “presepe”, cioè l’incontro con tanti poveri che sono accolti nei vari dormitori di cui è ricca la nostra città e ascoltandoli mi sono accorto che di anno in anno si aggravano le condizioni difficili e faticose di una sempre più larga fascia della popolazione. La cosa mi è stata confermata anche dagli operatori volontari e di cooperative, che si prendono cura di questi nostri fratelli e sorelle sempre più numerosi. Purtroppo i poveri vengono considerati spesso non solo come persone indigenti che vanno aiutate, ma come portatori di insicurezza, instabilità, disturbo, per cui si tende a tenerli distanti da sé. Mi chiedo pertanto: nella nostra Chiesa e nelle nostre città i poveri come sono considerati, amati, cercati e sostenuti? Se è vero che il volontariato e tante realtà religiose e civili si prestano per stare loro vicino e aiutarli nelle loro necessità, una parte della popolazione, quella che sta bene e meglio di tanti altri, li considera gente marginale o da scartare e ha verso di loro indifferenza e noncuranza se non rifiuto o disagio nell’incontrarli. Sono soprattutto i loro diritti di giustizia che vengono meno e noi sappiamo bene che la carità anche più grande fatta di sussidi e di elemosine non deve mai disattendere i loro diritti fondamentali che sono propri di ogni altro cittadino. Siamo dunque chiamati a fare un serio esame di coscienza da parte di tutti, le istituzioni, il volontariato, la Chiesa e le Chiese e comunità religiose di altre fedi, il mondo economico e sociale, quello culturale e politico, ma anche i semplici cittadini, per capire se siamo capaci di ascoltare il grido espresso e non espresso dei poveri e accompagnarli a trovare vie appropriate ad affrontare i loro problemi.
Giulia e Tancredi Barolo ci insegnano che il nostro impegno non può limitarsi a varie forme pure utili di assistenza ma richiede di donare il nostro cuore perché sentano che ciò che diciamo o doniamo loro o doniamo parte dal nostro amore per ciascuno di loro riconosciuto come una persona che va dunque valorizzata e resa partecipe a tutto campo della vita ordinaria e propria di ogni cittadino.
Non dimentichiamo che la povertà non è mai cercata o voluta, ma subita e imposta dall’egoismo degli altri, dall’essere scartati dai circuiti di cittadinanza, dalla avidità di chi vuole tenere stretto per sé quanto possiede, dalle tante ingiustizie di cui i poveri sono succubi. La prigionia della povertà può essere spezzata solo se ciascuno si sente custode di suo fratello o sorella che vivono nella miseria morale o fisica e sociale. Riconoscersi custodi significa porre un argine al crescere della povertà perché ci pone nella condizione di sentirci tutti poveri nei confronti di Dio, per cui la solidarietà reciproca aiuta a cercare la vera ricchezza che sta nella persona del tuo prossimo e non nei beni che possiede o nella vita più o meno comoda e assicurata. Ogni persona sofferente o bisognosa di accoglienza e di aiuto che incontro è un dono e un capitale di prim’ordine che vale più di ogni profitto economico .
Cari amici,siamo quì per farci gli auguri di Buon Natale perché possiamo vivere la festa più bella e commovente dell’anno cementando così la nostra unità e amicizia. Facciamo in modo che nessuno di noi si comporti a Natale come i cittadini di Betlemme che hanno chiuso la porta della loro casa e prima ancora quella del loro cuore a Gesù e alla sua famiglia. Impariamo dai Marchesi di Barolo a gustare la gioia e la speranza del Natale accogliendo in qualche modo nel nostro cuore e nella nostra vita, se non anche nella nostra casa per un pasto in famiglia nei giorni di festa, un povero che incontriamo e di cui possiamo e dobbiamo farci servitori e amici.
+Cesare NOSIGLIA, Arcivescovo di Torino