Pubblichiamo l’omelia che l’Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia ha pronunciato sabato 27 luglio nella Messa potificale a chiusura della venerazione delle reliquie di santa Bernadette Soubirous, esposte nella chiesa della Gran Madre di Dio a Torino dal 24 al 27 luglio.
Le due letture bibliche di questa Santa Messa in onore di Santa Bernadette ci illustrano due scelte fondamentali della sua personalità, che insegnano a noi tutti altrettante vie per una vita umana e cristiana coerente e fedele a quanto il Signore ci suscita nel cuore. Anzitutto, la tenacia e la perseveranza con cui Bernadette affrontò, con coraggio e fedeltà, le tante avversità che dovette superare, sia da parte della sua famiglia, sia in particolare da parte delle autorità istituzionali, con lo scetticismo e il rifiuto a crederle anche dalle stesse autorità religiose, e da parte dei media, che facevano lo zimbello caricaturale delle sue parole e delle presunte apparizioni. Come ci ricorda l’apostolo Paolo (cfr. 1Cor 1,26-31), Bernardette non era una dotta o una sapiente secondo il mondo, né culturalmente preparata, ma come spesso è avvenuto nella storia delle apparizioni della Madonna, una semplice e povera fanciulla, che non aveva certo studiato, ma possedeva la sapienza dello Spirito, che la rendeva forte e non la scoraggiava mai di fronte a qualsiasi difficoltà e ostilità. Il tutto forgiato da una profonda umiltà e consapevolezza della propria ignoranza, ma certa però di quello che vedeva e udiva dalla “Signora” che le appariva nello splendore della sua persona. «Chi si vanta, si vanti nel Signore», ci ha detto l’apostolo; e questo significa non farsi mai un’idea troppo alta di se stessi, ma accogliere la Parola del Signore quale fonte di verità, da vivere e testimoniare.
Un’altra qualità umana e spirituale della nostra Santa è senza dubbio quella di saper soffrire, costi quello che costi, pur di non tradire mai la verità. Anche lei, come il suo amato Gesù, è stata schiacciata, derisa, vituperata. E questo anche in momenti particolarmente scandalosi e che rasentavano persino, a giudizio di tanti, la pazzia. Come quando per obbedire alla “Bianca Signora”, si chinò sulla melma della Grotta e cominciò a scavare un pozzo, mangiando la terra. Obbediva al comando di andare e trovare una sorgente sconosciuta, in quel luogo impervio e sterile. Un gesto che le costò molta reputazione, anche tra le persone più benevole nei suoi riguardi. Un gesto che ricorda quello di Gesù, che fece quando annunciò a Cafarnao: «Se non mangerete la carne del Figlio dell’uomo, non avrete in voi la vita eterna» (cfr. Gv 6,54-55), suscitando anche nei suoi discepoli lo sconcerto e l’abbandono del Maestro. Oppure le parole, sempre di Gesù, che annunciò ai suoi apostoli che avrebbe dovuto morire di una morte infame come la croce, suscitando lo stupore e il rifiuto di Pietro: il Messia e figlio di Dio non poteva scegliere una via peggiore e assurda e incomprensibile per chiunque, anche per i suoi apostoli, i più vicini. Gesù ci dice: «Chi ama la sua vita la deve perdere e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la via eterna» (cfr. Gv 12,25).
Cari amici, credo che queste poche ma intense giornate che abbiamo vissuto a Torino con la venuta delle spoglie di Santa Bernadette abbiano offerto a tanti ammalati e poveri e a tutti noi una iniezione di speranza. Al centro delle giornate, come abbiamo visto, non c’era tanto e solo la figura della Santa, ma l’esaltazione della gloria di Dio, la grazia trasformante del Cristo Signore e l’azione potente dello Spirito Santo, di cui i santi sono testimoni eloquenti con la loro vita, che non è un’esistenza da super eroi, dotati di beni soprannaturali, o da persone a noi irraggiungibili, ma una via quotidiana e ordinaria che tutti gli uomini e le donne possono percorrere, se, come Bernadette, sanno cogliere ogni giorno le opportunità concrete che Dio pone dinnanzi a loro e li sprona a cogliere. Dice Papa Francesco: la santità è quella «della porta accanto», del proprio quotidiano (cfr. Gaudete et exsultate, 7). Se tu incontri una persona che dorme e vive per strada e non guardi tanto le cose negative della sua scelta, la sua sporcizia e i suoi rifiuti anche a cambiare vita, quando gli viene proposto, ma ti fermi e parli con lui o lei, stabilisci un’amicizia e ti fai carico di quello di cui in quel momento ha bisogno e ritorni magari a incontrarlo o incontrarla altre volte… tu avrai imboccato la via della santità. Allo stesso modo accade quando accogli nella tua vita una persona malata, sia fra i tuoi parenti sia tra gli sconosciuti, ma bisognosi di solidarietà e di gesti concreti di vicinato.
La nostra preghiera a Santa Bernadette dunque è sì rivolta a chiederle di intercedere per noi e per i nostri cari, ma anche per tutti gli scartati, imitando quanto lei ha fatto per seguire l’esempio di Gesù e di sua Madre, a favore non tanto e solo di se stessa, ma degli altri: in questo caso dei malati e sofferenti, che grazie a lei trovano a Lourdes il luogo benedetto da Maria Immacolata, la guarigione dal male – quello spirituale, anzitutto, e non poche volte anche da quello fisico.
L’occasione di queste giornate ci consegna un tesoro che resta purtroppo sconosciuto a tante persone, che pure si dicono cristiane o laiche di buona volontà. La nostra città – l’ho detto tante volte – è una realtà che è stata segnata dai santi della fede nella Provvidenza di Dio e nella carità verso i poveri, i giovani, i malati e sofferenti e ogni forma di miseria fisica o morale. Abbiamo bisogno però di andare oltre e saper osare di più, come ha fatto Bernadette, sul Vangelo, che ci rivela quale grande amore hanno avuto Gesù e Maria, sua e nostra Madre, verso tanti malati e sofferenti, non scartando mai nessuno. A Lourdes, ogni persona in difficoltà di salute trova aiuto, conforto e accoglienza in un clima profondamente umano, ricco di valori di fraternità e di fede, di solidarietà e di viva partecipazione alle sue concrete necessità.
So che in questi giorni tanti sono stati anche i malati o loro parenti che sono venuti a pregare, come si fa a Lourdes. Questa circostanza ci richiama a una delle situazioni più sentite dalle persone: quella della salute e dunque della sanità. Anche su questo versante non mancano nel nostro territorio le eccellenze, sia da parte del personale sanitario che delle strutture, ma nemmeno le criticità, di cui dobbiamo prendere atto e operare perché siano superate.
Abbiamo letto in questi giorni su «La Voce e il Tempo» della decisione di chiudere alle Molinette quasi un intero reparto, con 24 posti letto, per mancanza di operatori sanitari. Ma penso anche a una persistente, lunga attesa per analisi o visite specialistiche; a pronti soccorso superaffollati, con la conseguenza che non pochi pazienti vengono parcheggiati per ore e ore nei corridoi; alla scarsità di assistenza domiciliare per disabili o anziani non autosufficienti; a tutta una serie di persone che non sono in grado di procurarsi le medicine necessarie per la salute loro o dei propri cari, a causa dei costi eccessivi; infine, ma non certo come ultimi, alla precaria situazione di salute fisica, morale e sanitaria di tanti bambini e minori, esposti oggi a situazioni di violenza fisica e morale e a malattie spesso rare o comunque bisognosi di un accompagnamento costante e specializzato, non solo sul piano delle terapie ma dell’umanità. La stessa scelta di puntare sulla chiusura di ospedali specializzati, ma giudicati troppo modesti, per accorpamenti, risponde ad esigenze economiche e forse di maggiore sicurezza, ma accentua sempre più l’anonimato nelle relazioni tra pazienti e personale, tra ambiente umanizzato e puramente funzionale, con il rischio di incrementare la trasformazione dell’ospedale in un’azienda che risponde alle esigenze del mercato e della concorrenza.
Di tutto questo vogliamo farci carico, come cristiani e come cittadini, rispondendo così all’invito della Madonna di Lourdes, che ha chiesto la disponibilità semplice, ma decisa di Santa Bernadette, per portare a tutti un messaggio di pace e di speranza, avvalorato da tanti miracoli che ci devono spronare a non cessare dal perseguire le vie della carità e della giustizia, verso chiunque, figlio di Dio e nostro fratello e sorella, che viva condizioni difficili e faticose e attenda segnali di mutua accoglienza e prossimità.
+ Cesare NOSIGLIA
Arcivescovo di Torino