Pubblichiamo l’intervento che l’Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia ha tenuto il 27 settembre alla cerimonia di apertura della Cupola guariniana alla presenza del Ministro per i beni e le attività culturali Alberto Bonisoli, del presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino, del sindaco di Torino Chiara Appendino, della direttrice dei Musei Reali Enrica Pagella e del cardinale Severino Poletto, Arcivescovo emerito di Torino:
“Quando giunsi a Torino, nel novembre 2010, avevo conservato negli occhi e nella memoria le immagini terribili dell’incendio, e una soprattutto: ritraeva il mio predecessore, il cardinale Giovanni Saldarini, affiancato dal sindaco Valentino Castellani e dal comandante dei Carabinieri Franco Romano. I tre uomini che portano il peso della città e che guardano, da adulti, il rogo del suo cuore che brucia.
Sono tornato molte volte col pensiero a quella fotografia: l’incendio della cattedrale è, per il suo vescovo, l’impensabile che accade, il male impossibile che si manifesta. Anche a causa di quella foto, da Custode della Sindone ho voluto fare tutto quanto era in mio potere per custodire e dare sicurezza a codesto patrimonio unico al mondo. E dunque sono felice e onorato di essere qui, a veder restituita alla città, e al mondo, la Cappella quasi interamente restaurata dopo 21 anni di lavoro difficile, di sfide all’intelligenza e alla tecnologia.
Ringrazio pertanto tutti coloro che hanno consentito di giungere con il loro intenso e competente impegno alla attuale riapertura al pubblico di questo gioiello dell’architettura barocca e della religiosità torinese, riconosciuto dall’Unesco patrimonio dell’umanità. La Cappella è un opera complessa, avvincente per la genialità ascetica che l’architetto Guarino Guarini vi seppe infondere. Una genialità che si trasfigura in Bellezza assoluta per il sito destinato ad accogliere uno dei più importanti tesori della cristianità: la Santa Sindone.
Altri meglio di me sono in grado di illustrare il senso della Cappella nella storia dell’arte e il suo valore per il patrimonio religioso, artistico, culturale del mondo e di Torino. Qui io vorrei sottolineare il significato universale di questo edificio: voluto e costruito come tempio del Signore, esso è anche un «dono di bellezza» inestimabile.
La bellezza, lo sappiamo bene, è ciò che «salva» il mondo: è cioè dimensione capace di restituire alla vita il senso autentico e profondo che sovente noi stessi abbiamo smarrito. Ma la Cappella non è solo un’opera che esalta la bellezza dell’architettura e dell’arte.
Essa fa parte di un percorso che ogni uomo è chiamato a compiere dal buio della morte spirituale causata dal male alla luce salvifica che emana della Risurrezione del Signore.
Salendo dal Duomo gli scaloni impongono la tenebra, raccontano la morte’: ma poi la luce che viene dalla guglia, punto focale della Cappella, stravolge la stessa verità fisica e biologica del nostro dover morire ed esalta lo splendore della risurrezione. La Sindone, quando Guarini pensò la Cappella, stava lì a mezzo: testimonianza inequivocabile di dolore e di morte ben rappresentata dal buio del marmo nero, ma altrettanto di certa speranza di risurrezione, grazie alla testimonianza di quelli che «videro e credettero». E questa testimonianza è giunta fino a noi, in quella storia di fede in cui la Sindone è completamente immersa. Sì, la cappella del Guarini è inscindibilmente legata alla Sindone che ha accolto e conservato per tanti anni. È stata per questo meta di pellegrinaggi che in essa hanno pregato e vissuto una esperienza spirituale ed ecclesiale che è rimasta senza dubbio impressa nel loro cuore.
Per questo auspico con forza e convinzione che la Cappella, ora che torna accessibile, anche se non ospiterà la Sindone che come sappiamo ha trovato la sua sicura e stabile collocazione nel Duomo, continui ad essere non solo un patrimonio artistico e culturale fruibile da tutti ma anche quel luogo di preghiera, di silenzio, di meditazione che è sempre stato in questi secoli – il servizio ecclesiale continuò infatti ininterrotto fino all’inizio del primo restauro, negli anni ’90 del secolo scorso. Sarà anche questo un modo per vivere ogni volta il richiamo alla Sindone e al suo messaggio di amore e di fede, e insieme la sorpresa di contemplare quella bellezza ineffabile che contribuisce a dar senso alle nostre vite e alla nostra storia.
Accogliamo dunque quest’opera restituita al suo splendore come un segno di speranza,un omaggio al Lenzuolo icona «viva» dell’amore più grande che Cristo ha donato all’umanità intera, che ci sprona a testimoniarlo ogni giorno nel tessuto concreto della nostra esistenza, per costruire un mondo sempre più giusto, pacifico e solidale per tutti”.
+Cesare Nosiglia, Arcivescovo di Torino