«Mi auguro che il risultato positivo dell’operazione di liberazione delle palazzine dell’ex villaggio olimpico Moi, con un ‘effetto volàno’, possa diventare modello di riferimento per tante altre situazioni simili che riguardano soggetti anche diversi, ma ugualmente bisognosi di sostegno e di promozione umana e sociale». Così l’Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia ha commentato il proseguimento del piano di «sgombero morbido» degli edifici di via Giordano Bruno a Torino messo a punto dal Comune e dal Ministero degli Interni con l’aiuto determinante della Diocesi e il sostegno della Compagnia di San Paolo: lo scorso 11 marzo sono stati allontanati, senza disordini, altri 134 profughi che vivevano nella palazzina blu e ricollocati in strutture messe a disposizione dalle istituzioni locali insieme al privato sociale (la Diocesi torinese ha garantito un posto letto a 54 persone).
Il sindaco Chiara Appendino e il prefetto Claudio Palomba hanno assicurato che il progetto verrà completato entro la fine dell’anno e che a giugno partirà il piano di recupero degli stabili, a cominciare dalla prima palazzina sgomberata lo scorso agosto, con il coinvolgimento della Circoscrizione 8.
«L’intervento sul Moi è ‘un esempio di stile’», ha sottolineato l’Arcivescovo, «frutto della volontà e dell’impegno di affrontare i problemi sociali con un’attenzione particolare alle singole persone secondo un percorso che rispetti la loro dignità e valorizzi le rispettive attitudini e competenze per un inserimento graduale, ma concreto, nel tessuto sociale».
La Compagnia di San Paolo ha presentato i dati sui percorsi formativi e sugli inserimenti lavorativi attivati per le persone allontanate dalle palazzine: ad oggi sono stati avviati 137 corsi di formazione professionale, 48 tirocini, 89 contratti di lavoro di almeno 4 mesi. L’assessore regionale Monica Cerutti ha espresso le perplessità della Regione, partner nel progetto, per gli effetti del Decreto Sicurezza sui permessi di soggiorno umanitari, che potrebbero non essere rinnovati, e dunque, non favorire i percorsi di inclusione centrali nel piano.
«Sono convinto e lavorerò sempre per questo», ha concluso Nosiglia, «che ‘il sistema Torino’, come viene giustamente chiamato, che attiva la collaborazione e l’impegno di soggetti civili, istituzionali e religiosi, possa affrontare con efficacia i problemi della povertà e tante altre criticità ed emergenze che assillano la nostra città».