Da più di dieci anni, nella notte tra il 31 ottobre e il 1º novembre, l’Arcidiocesi di Torino invita i giovani a ritrovarsi insieme, con una proposta culturale e religiosa a un tempo. La «Notte dei Santi», – la cui prima edizione fu fortemente voluta dal card. Severino Poletto – è stata costantemente riproposta in questi anni dall’Arcivescovo, mons. Cesare Nosiglia. In forme e modalità differenti, la «Notte dei Santi» ha sempre mantenuto il chiaro intento di condurre i giovani alla scoperta dell’esperienza di fede dei Santi, di educarli all’invocazione della loro intercessione, di alimentare nei loro cuori desiderio della santità.
La questione di fondo
Se la solennità dell’Assunta è quasi totalmente identificata con il «ferragosto» estivo, se la Pasqua è diventata il week end di primavera, da dedicare alla prima gita fuori porta, se il Natale perde i segni dell’incarnazione e ridursi a generica «festa della luce»…nella Solennità di tutti i Santi siamo però innanzi a qualcosa di più e di diverso. Non si tratta solo di una trasformazione culturale che inverte il senso della storia, riportando ad una forma pre-cristiana un’antica festa pagana. Non c’è soltanto la perdita culturale (oltre che spirituale) della dimensione cristiana, ma si impone anche un nuovo significato «religioso» attraverso l’apparente innocenza culturale, pervasivo e antitetico al Cristianesimo.
Non è soltanto uno scherzo
«È iniziato come fenomeno commerciale, studiato per vendere gadget quando Halloween sembrava solo una carnevalata per bambini – spiega don Aldo Buonaiuto, responsabile del servizio anti-sette della Comunità Papa Giovanni XXIII –». Invece, in una ventina di anni, ha assunto il senso dell’esaltazione dell’horror e del macabro. Continua dalle pagine di Avvenire di già di qualche anno fa: «Nulla più a che vedere con la festa dei bambini che, negli Usa, passavano di casa in casa a ‘minacciare’ con la formula ‘dolcetto o scherzetto’, insomma. Le vetrine, così come l’arredo di locali e discoteche, espongono sangue e mostri, facce deformi e teste mozzate, un insulto a quanto sta accadendo nel mondo… Si va a cercare la deformazione della bellezza e della dignità del corpo, ci si ingegna per trovare l’idea più impressionante».
Quale coscienza educativa?
E conclude: «Ora la mia domanda è: i nostri figli, ma anche noi stessi, abbiamo bisogno di questo? In tempi già difficili e vuoti di contenuti, perché questa gara per rappresentare il male? La tradizione nasce dai druidi, sacerdoti celtici che passavano di casa in casa minacciando ‘benedizione o maledizione’: il 31 ottobre era il giorno in cui il principe delle tenebre Samain vinceva sul dio Sole per sei mesi e i contadini, impauriti, pagavano. Questa è la matrice e non a caso il 31 ottobre è il capodanno dei satanisti, i quali nel giorno di Halloween ogni anno compiono i loro riti di profanazione. Tutto questo non riguarda le persone normali, ovviamente, né tantomeno i bambini, ma perché farli ossequiare comunque il mondo delle tenebre?» (Avvenire, 31 ottobre 2014).
La proposta, non solo per il 31 ottobre
Questi aspetti, sempre più preoccupanti, non sono affatto nuovi, sono anzi ben noti da oltre vent’anni. L’inedito su cui vegliare è la progressiva diffusione sui social di immagini – fotografie, spesso selfie – a sfondo o a tematica esoterica, soprattutto tra i pre-adolescenti e gli adolescenti. Profili Instagram, Facebook, gruppi di Whatsapp possono essere caratterizzati in maniera più o meno esplicita proprio da questo mood, che si esprime al massimo nella notte di Halloween ma si estende ben oltre, in normalità dai tratti preoccupanti. Ecco perché la proposta della Pastorale Giovanile vuole essere non solo un invito alla preghiera, in cattedrale, con l’Arcivescovo, nello stile della preghiera di Taizé. La prima parte della serata punta proprio ad un taglio educativo che accompagni i percorsi pastorali offerti ai giovani: «dimmi che cosa pubblichi («posti») questa notte…e ti dirò chi sei». In un proliferare di foto, selfie e post dedicati al noir e al mondo dei morti, l’invito agli adolescenti e ai giovani sarà di scattare fotografie il proprio smartphone e inviarle a santi2019@upgtorino.it entro il 25 ottobre sul tema «i Santi della porta accanto», ovvero di immagini, segni, esperienze che lascino trasparire la luce, la bellezza e l’amore che già abitano la nostra realtà, attraverso coloro che accolgono e vivono il Vangelo nella realtà di tutti i giorni (da qui il titolo «Santi in camera!»).
Immagini di luce e di verità
Dalle ore 20.30, al Museo Diocesano, piazza S. Giovanni 4 – Torino, a partire dalle immagini inviate dai giovani, dalle straordinarie opere d’arte sacra custodite nel nostro Museo diocesano, si svilupperà dunque un dialogo a più voci, con l’intervento del docente Lorenzo Carrus, fotografo professionista (e le premiazioni dei vincitori del concorso fotografico), di Juri Nervo, dell’Eremo del silenzio, che introdurrà alla visita della mostra «Santi della porta accanto», di don Giuliano Naso, che inviterà a una rilettura dell’esperienza alla luce della santità nella Chiesa. La preghiera di Taizé in cattedrale aprirà infine le porte del cuore alla grazia di Cristo: per poter essere segni luminosi del Vangelo nella città degli uomini.
Iscrizioni, gratuite e obbligatorie sul sito www.upgtorino.it entro il 29 ottobre.