L’Italia ospiterà le Olimpiadi Invernali del 2026, ma Torino, salvo ripensamenti da parte della Lombardia, è fuori dalla partita. L’anno scorso il capoluogo piemontese rifiutò di candidarsi in tandem con Milano e Cortina d’Ampezzo, ed ora che il Comitato Olimpico Internazionale ha scelto proprio Cortina e Milano per il 2026 (annuncio solenne a Losanna martedì scorso) sono molti quelli che a Torino e nelle valli olimpiche del 2006 si considerano danneggiati, traditi dai «no» dell’Amministrazione grillina. I Cinque Stelle hanno sempre contestato i debiti lasciati dai Giochi di Torino 2006: giusto dire no a una seconda edizione? sbagliato? Ripercorriamo la storia del gran rifiuto.
13 settembre 2017, la prima ipotesi Torino. La sessione internazionale del Cio assegna le Olimpiadi estive del 2024 a Parigi e del 2028 a Los Angeles. Roma, l’altra città guidata dai Cinque Stelle, non si è candidata. Il Comitato Olimpico Italiano ipotizza di candidare un’altra città – Milano – almeno per i Giochi invernali del 2026, insieme ad un’altra città del nord; spunta l’ipotesi del tandem con Torino.
18 novembre 2017, «Nessun dossier» (I). Si rincorrono le indiscrezioni sull’esistenza di una proposta di candidatura alle Olimpiadi da parte dell’Assessorato allo Sport del Comune di Torino. Il sindaco Appendino smentisce: «Non esiste alcun dossier di candidatura della Città di Torino alle Olimpiadi invernali del 2026, la Giunta e il Consiglio sono impegnati a lavorare sugli equilibri di bilancio e su Gtt».
28 febbraio 2018, Milano procede. Il Coni apre in modo ufficioso il dossier Olimpiadi invernali 2026. Milano si è già fatta avanti con una lettera del sindaco, Giuseppe Sala. A Torino si registra il lavoro, ancora informale, del presidente della Camera di Commercio, Vincenzo Ilotte, con alcuni sindaci delle Valli Olimpiche.
9 marzo 2018, «Nessun dossier» (II). La Camera di Commercio presenta pubblicamente un pre-dossier di candidatura alle Olimpiadi 2026. «Daremo il dossier alla Sindaca come aiuto per decidere e per avanzare la manifestazione di interesse – dichiara Ilotte – E’ un’occasione unica, non sprechiamola». Il documento ipotizza una edizione dei Giochi da 2 miliardi di euro. Appendino ripete: «Non esiste alcun dossier della Città di Torino per la candidatura alle Olimpiadi 2026, né tantomeno quello presentato oggi dalla Camera di Commercio deve essere attribuito alla Città».
10 marzo 2018, telefona Beppe Grillo. Il comico genovese, fondatore del Movimento 5 Stelle, interviene per telefona una riunione di attivisti ed eletti: «Le Olimpiadi – dichiara spiazzando i blocco dei contrari – sono una grande occasione per Torino e per il nostro Movimento. Dimostreremo di essere in grado di organizzarle bene, saranno sostenibili e a zero debito». È un improvviso «via libera» alla Giunta Appendino, perché proponga la candidatura. Ma Il Movimento 5 Stelle di Torino si spacca: cinque consiglieri comunali sono rigidamente contrari, altri favorevoli. Incombe la data del 31 marzo, entro cui deve essere formalizzata l’eventuale manifestazione di interesse alla candidatura.
12 marzo 2018, grillini spaccati. I consiglieri del Movimento Cinque Stelle in Consiglio comunale sono divisi. Viene fatto mancare il numero legale nella seduta che dovrebbe votare una mozione del Partito democratico a sostegno della candidatura.
14 marzo 2018, Torino è interessata. Una mozione a favore della candidatura di Torino viene approvata nel Consiglio della Città Metropolitana: impegna Chiara Appendino, almeno nel suo ruolo di sindaco del Città Metropolitana, ad attivarsi per presentare la manifestazione d’interesse di Torino entro il 31 marzo. Convergono in questo voto due mozioni, presentate da centrosinistra-centrodestra e Movimento 5 Stelle.
6 giugno 2018, il dossier. L’Unione montana dei Comuni Olimpici della Via Lattea, su proposta del sindaco di Torino, incarica l’architetto Alberto Sasso di redigere il documento di candidatura di «Torino 2026». Si tratta di un affidamento diretto, senza gara, ad un tecnico considerato vicino al fondatore del Movimento Cinque Stelle, Beppe Grillo. Il termine ultimo per la consegna della candidatura al Coni è il 31 luglio.
26 giugno 2018, Appendino alza la voce. Cresce il dissenso fra i Consiglieri torinesi del Movimento Cinque Stelle. Il fronte dei contrari pare allargarsi: chiedono di intervenire sul dossier in via di stesura per vincolarlo ad azioni «a impatto zero»; segnalano la mancanza di garanzie sui fondi disponibili e il rischio di un passivo che si scarica sul bilancio della Città. Appendino minaccia le dimissioni in caso di mancata approvazione della candidatura.
27 giugno 2018, Roma favorevole. Appendino vola a Roma, Luigi Di Maio in serata sale a Torino. Obiettivo: rispondere all’appello dei «suoi» uomini torinesi che chiedono «un chiarimento». Appendino tira dritto, presenta una bozza di dossier al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti (Lega).
26 luglio 2018, sofferta approvazione. Vengono presentate e poi approvate dal Consiglio comunale di Torino le 177 pagine del dossier redatto dall’architetto Sasso, con l’inserimento di criteri di sostenibilità economica e ambientale. Si prevee che i Giochi torinesi costeranno 1,178 miliardi di euro senza oneri per il Comune di Torino (800 milioni a carico del Cio, il resto degli sponsor). L’approvazione del documento non è unanime: vota a favore il Movimento 5 Stelle (ma due consigliere contrarie disertano la seduta; si astengono Pd, Moderati e liste civiche.
1° agosto 2018, la candidatura a tre. Il Consiglio nazionale del Coni dà il via libera alla candidatura congiunta di Torino, Milano e Cortina.
Settembre 2018, scintille fra Milano e Torino. Durante l’estate emergono pesanti dissidi fra Torino e Milano. Il Sindaco meneghino Sala scrive due lettere al Coni e a Giorgetti sfilandosi dall’ipotesi di candidatura «a tre» nel caso che Milano non ottenga «la governance» dell’intero processo.
Da Torino anche Appendino rifiuta l’organizzazione «a tre». Rifacendosi alla delibera del Consiglio Comunale annuncia l’intenzione di portare avanti la candidatura di Torino in solitudine. Si rivelerà la scelta perdente.
19 settembre – 1 ottobre 2018, Torino sparita. Il Governo e il Coni riducono la candidatura alle sole città di Milano e Cortina d’Ampezzo. Appendino incassa il colpo e reagisce: «Continuiamo a sostenere che si tratta di una candidatura insostenibile. È incomprensibile fare i Giochi dove non ci sono impianti. Chi prende questa decisione dovrà spiegarla al Paese».
2 ottobre 2018, tagliati fuori». Il Presidente della Regione Sergio Chiamparino protesta per l’autoesclusione di Torino. Seguono giorni di appelli, perché siano coinvolte nei Giochi del 2026 almeno le valli olimpiche di Torino e i loro impianti. Ma la strada per la riapertura della candidatura appare ormai sbarrata.
10 ottobre 2018, la volata finale. Il Cio in Assemblea a Buenos Aires decide di convalidare la candidatura Milano-Cortina 2026 insieme a quella di altre località nel mondo. Viene fissata al 24 giugno 2019, in Losanna, la proclamazione della città che ospiterà effettivamente l’evento. Si ritirano molte delle città che avevano espresso interesse alla candidatura: Sion (Svizzera), Graz-Schladming e Innsbruck (Austria), Calgary (Canada). Rimane in lizza solo Stoccolma.
19 giugno 2019, fuori tempo. Il sindaco di Milano risponde al neo presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, che offre massima disponibilità degli impianti di Torino 2006 per l’eventuale nuova olimpiade invernale italiana: «Ringrazio Cirio per l’offerta, ma bisognava pensarci un attimo prima».