80 anni fa Hitler a Roma, e Pio XI si ritira a Castelgandolfo

3 maggio 1938 – La visita ufficiale di Hitler a Roma. Papa Ratti proibisce ai vescovi italiani di partecipare ai ricevimenti e dispone a «L’Osservatore Romano» di non fare alcun cenno alla visita. Il 6 settembre 1938 Pio XI ricevendo i vertici della radio cattolica belga pronuncia un discorso contro le leggi razziali

5885

Il 3 maggio 1938, ottant’anni fa, Adolf Hitler giunge a Roma in visita ufficiale. Pio XI, temperamento focoso e combattivo, «si ritira» a Castelgandolfo perché – come scrive «l’Osservatore Romano» – l’aria della Città Eterna «gli fa male». Ma prima fa spegnere le luci in Vaticano, fermare le tapparelle alle finestre del Palazzo Apostolico, chiudere i Musei Vaticani, sbarrare la via d’accesso a San Pietro. Al nunzio a Roma e ai vescovi italiani proibisce di partecipare ai ricevimenti. Ordina a «L’Osservatore» di non fare alcun cenno alla visita, come era avvenuto per quella di Mussolini in Germania nel settembre 1937.

Piccolo di statura, figura imperiosa, portato a scatti di collera e a battere i pugni sul tavolo, Papa Ratti riesce a impressionare persin Hermann Göring. In udienza il 10 aprile 1933 il numero due di Hitler racconta: «Di fronte a quella piccola figura vestita di bianco, sentii il cuore accelerare i battiti come non mi era mai successo. Per la prima volta nella mia vita ebbi paura».

Il 6 settembre 1938 Papa Ratti riceve i vertici della radio cattolica belga e 120 pellegrini dell’Associazione cattolica di radiofonia e pronuncia un discorso contro le leggi razziali: «Non è possibile ai cristiani aver parte all’antisemitismo. Riconosciamo a chiunque il diritto di difendersi, di prendere delle misure per proteggersi contro tutto ciò che minaccia i suoi legittimi interessi. Ma l’antisemitismo è inammissibile. Noi siamo spiritualmente semiti». Sono ebrei Gesù Cristo, Maria di Nazareth, San Giuseppe, gli apostoli.

Nel novembre 1938, per impedire la legge «per la tutela della razza ariana», il Papa, il segretario di Stato cardinale Eugenio Pacelli, la Santa Sede tentano ogni strada: la mediazione del gesuita Pietro Tacchi Venturi; una prima protesta il 13 novembre e una seconda il 22 alle quali governo italiano risponde con una nota del 29 alla quale il Vaticano controreplica il 14 dicembre. Per Pio XI «tutto questo è enorme. Sono veramente amareggiato come Papa e come italiano». Rincara la dose Pacelli: «Mussolini pensi bene a quello che fa. Deve sapere che sono molti gli italiani, anche in alto, malcontenti di Mussolini. È un vulnus al Concordato: il Papa non si presterà in nessun modo».

Pio XI scrive al duce, il quale non risponde, chiedendo di non porre impedimenti, per motivi razziali, al matrimonio tra cattolici ed ebrei; il 5 novembre scrive a re Vittorio Emanuele III: protesta perché ci sono norme in contrasto con il Concordato firmato l’11 febbraio 1929; lamenta che Mussolini non ha preso in considerazione il punto di vista della Santa Sede. Il re risponde di aver trasmesso il messaggio a Mussolini e che sarebbe stato tenuto «in massimo conto». Una panzana perché la risposta è redatta da Mussolini: i punti di vista della Santa Sede e dell’Italia fascista sono «molto antitetici» e il Vaticano «tira troppo la corda con l’Italia».

La critica vaticana è molto severa, a conferma dei ripetuti e aspri contrasti tra Santa Sede e dittature, una totale ripulsa di tutto ciò che nazismo e fascismo rappresentano. Tanto più che considera le leggi italiane una passiva imitazione del nazismo e un «corpo estraneo e innaturale» nella cultura, nella vita, nei valori italiani.

Da una ricerca condotta dal gesuita Giovanni Sale, redattore de «La Civiltà Cattolica» e direttore dell’Istituto storico della Compagnia di Gesù, emerge una preziosa documentazione di mons. Domenico Tardini, futuro cardinale segretario di Stato di Giovanni XXIII, che seguire momento per momento il punto di vista vaticano. A preoccupare il Papa e la Santa Sede è soprattutto l’articolo 7 che proibisce i matrimoni tra cattolici ed ebrei, che crea un vero vulnus nel Concordato: «Questi provvedimenti rattristano il Papa e lo tengono in penosa tensione». Papa Ratti cerca uno sbocco diplomatico come confida a Tardini: «Se Mussolini non mostra buona volontà di trovare una via d’uscita, sono disposto a scrivergli una lettera per dirgli che così facendo, spinge gli uomini al peccato».

È messa in campo una fitta ragnatela diplomatica. Inoltre vorrebbe pubblicare la nota diplomatica di protesta del 13 novembre. Ma la Curia preferisce un testo meno compromettente. Mons. Tardini annota: «Tutto questo rapido succedersi di udienze, conversazioni e documenti fu voluto e diretto personalmente dal Papa già tanto malato, con energia veramente giovanile». Il Pontefice incaricato il gesuita americano John La Farge di scrivere un’enciclica di condanna. Quella contro il «razzismo all’italiana» è l’ultima battaglia di Pio XI, gravemente ammalato: morirà il 12 febbraio 1939.

In Italia cresce la disobbedienza civile e molti, specie cattolici, aiutano gli ebrei perseguitati come appare dal volume «Giusti italiani». La Santa Sede mobilita nunziature, delegazioni apostoliche, diocesi, parrocchie a salvare quanti più ebrei possibile: alcuni fuggono nel mondo libero, altri sono presi direttamente al servizio della Santa Sede. Questo irrita molto Mussolini. Mons. Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI, crea in Vaticano un ufficio di assistenza di tutte le vittime.

La legislazione razziale blocca la fiducia delle masse cattoliche nel fascismo ed è il simbolo della sottomissione dell’Italia al nazismo. Secondo l’ acuto storico Arturo Carlo Jemolo – che scriveva su «La Stampa» – «l’asservimento al nazismo che si incarnava nell’emanazione delle leggi razziali, rappresentava per molti preti e cattolici la caduta di una speranza. Il totalitarismo rendeva l’Italia uno Stato simile all’Ancién Régime, non liberale e non democratico».

Ogni protesta pubblica contro Hitler è controproducente e aggrava la situazione dei perseguitati. Lo dicono tanti ebrei e i migliori specialisti della Shoah. Martin Gilbert, ebreo convinto, dice che ogni protesta è perfettamente inutile. Papa Pacelli, succeduto a Papa Ratti, non è un irresponsabile ed evita le proteste pubbliche. Continua a dare rifugio e salvare gli ebrei. Per i Papi e la Chiesa è una forma per farsi perdonare i secoli di caccia agli ebrei e di antisemitismo.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento!
Inserisci il tuo nome