Tutto è pronto in diocesi per vivere l’Ottobre missionario: tanti gli incontri di preghiera sparsi e tutto il territorio e i momenti di riflessione e formazione. Sulla pagina web www.diocesi.torino.it/missionario/ e presso l’Ufficio in curia è disponibile il materiale per l’animazione pastorale. Ma quale è il focus di questo mese che invita ad «andare», a guardare oltre il proprio orizzonte locale, mentre la pandemia ci costringe all’isolamento, ci insinua diffidenze e paure?
Se lo scorso anno Papa Francesco aveva invitato a vivere un «Mese Missionario Straordinario» sul tema «Battezzati Inviati», che mirava a far riscoprire l’universalità della vocazione missionaria, ecco che in questo 2020 la vocazione missionaria viene «precisata» per ognuno con l’esortazione a essere «Tessitori di fraternità».
«Le due parole chiave su cui cercheremo con le varie iniziative di portare l’attenzione», spiega don Alessio Toniolo, direttore dell’Ufficio Missionario Diocesano, «sono ‘tessitori’ e ‘fraternità’. Per quanto riguarda la prima, vorrei sottolineare un aspetto che ben si adatta all’essere missionari: la trama e l’ordito sono indispensabili per la fattura di un tessuto, ma singolarmente non hanno significato, non appaiono. Così l’opera missionaria cela tanti contributi che magari non si vedono ma sono indispensabili e sono quelli di ciascuno, in ogni ambito. Essere tessitori significa sentire la responsabilità di essere un pezzo, una trama, un filo anche con poco…» E poi c’è la fraternità: «L’essere missionari», prosegue don Toniolo, «non può non tenere conto del fatto che siamo fratelli, di una fratellanza che, come richiamato dalla Laudato sì della quale ricorrono i 5 anni, ci spinge a occuparci dell’ambiente, dell’economia che condizionano la vita di ogni fratello. Per questo anche nelle nostre iniziative cercheremo di tenere conto di questa missionarietà che è cura di relazioni, che è cura del mondo in cui siamo, che è disponibilità a costruire legami non basati sulla competizione ma sulla condivisione».
Un mese dunque per sostenere l’opera dei missionari nella preghiera, ed economicamente, ma anche per costruire e rafforzare lo spirito missionario, per «far conoscere la bontà, la misericordia e l’amore di Dio per tutti gli uomini, prima di tutto attraverso un atteggiamento di accoglienza e uno stile di vita basato sulla fraternità».
Un mese per farsi interpellare dal versetto biblico «Eccomi, manda me» (Is 6,8) che Papa Francesco ha scelto per la Giornata Missionaria Mondiale che si svolgerà il prossimo 18 ottobre e che in diocesi sarà celebrata con una veglia di preghiera il 24 di ottobre al santo Volto con l’Arcivescovo.
«La missione», ha scritto il Papa, è risposta, libera e consapevole, alla chiamata di Dio. Ma questa chiamata possiamo percepirla solo quando viviamo un rapporto personale di amore con Gesù vivo nella sua Chiesa. Chiediamoci: siamo pronti ad accogliere la presenza dello Spirito Santo nella nostra vita, ad ascoltare la chiamata alla missione, sia nella via del matrimonio, sia in quella della verginità consacrata o del sacerdozio ordinato, e comunque nella vita ordinaria di tutti i giorni? Siamo disposti ad essere inviati ovunque per testimoniare la nostra fede in Dio Padre misericordioso, per proclamare il Vangelo della salvezza di Gesù Cristo, per condividere la vita divina dello Spirito Santo edificando la Chiesa? Come Maria, la madre di Gesù, siamo pronti ad essere senza riserve al servizio della volontà di Dio (cfr Lc 1,38)?». Interrogativi da affrontare e da confrontare con le tante risposte che i missionari ci testimoniano con le loro vite spese in ogni continente. Interrogativi ai quali rispondere in un contesto così mutato a seguito della pandemia, che colpisce le ricche metropoli e le bidonville…
«Capire che cosa Dio ci stia dicendo in questi tempi di pandemia», prosegue papa Francesco, «diventa una sfida anche per la missione della Chiesa. La malattia, la sofferenza, la paura, l’isolamento ci interpellano. La povertà di chi muore solo, di chi è abbandonato a sé stesso, di chi perde il lavoro e il salario, di chi non ha casa e cibo ci interroga. Obbligati alla distanza fisica e a rimanere a casa, siamo invitati a riscoprire che abbiamo bisogno delle relazioni sociali, e anche della relazione comunitaria con Dio. Lungi dall’aumentare la diffidenza e l’indifferenza, questa condizione dovrebbe renderci più attenti al nostro modo di relazionarci con gli altri. E la preghiera, in cui Dio tocca e muove il nostro cuore, ci apre ai bisogni di amore, di dignità e di libertà dei nostri fratelli, come pure alla cura per tutto il creato. L’impossibilità di riunirci come Chiesa per celebrare l’Eucaristia ci ha fatto condividere la condizione di tante comunità cristiane che non possono celebrare la Messa ogni domenica. In questo contesto, la domanda che Dio pone: «Chi manderò?», ci viene nuovamente rivolta e attende da noi una risposta generosa e convinta: «Eccomi, manda me!» (Is 6,8). Dio continua a cercare chi inviare al mondo e alle genti per testimoniare il suo amore, la sua salvezza dal peccato e dalla morte, la sua liberazione dal male (cfr Mt 9,35-38; Lc 10,1-12)».