Papa Francesco ai nunzi, “no a lussi e pettegolezzi”

Vaticano – «Non criticare alle spalle il Papa, non avere dei blog o gruppi ostili a lui e alla Chiesa. Sono alcuni dei punti del «decalogo» che Papa Francesco affida a 98 nunzi apostolici e 5 osservatori permanenti convenuti dal 12 al 15 maggio per l’incontro triennale. Francesco consegna il discorso scritto e colloquia per due ore

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Foto Vatican news

«Non criticare alle spalle il Papa, non avere dei blog o addirittura unirsi a gruppi ostili a lui, alla Curia e alla Chiesa»; non raggirare né frodare il prossimo; non lasciarsi andare a pettegolezzi e maldicenze; non trattare male i collaboratori; non cercare il lusso e gli indumenti «firmati»; non cadere nel «politicamente corretto», non perdere l’imparzialità; avere l’evangelica semplicità delle colombe e astuzia dei serpenti; non perdere la bussola dell’obbedienza; non rinunciare alla preghiera e non diventare funzionari; «non accettare regalie che annebbiano l’oggettività e comprano la libertà». Sono i punti del «decalogo» che Papa Francesco affida ai nunzi apostolici nella tre giorni (12-15 maggio 2019) dell’incontro triennale (2013, 2016, 2019). Ai 103 rappresentanti pontifici – 98 nunzi e 5 osservatori permanenti – consegna il discorso scritto e colloquia a ruota libera per due ore.

«Il nunzio è uomo di Dio»: «non raggira né froda il prossimo; non si lascia andare a pettegolezzi e maldicenze; conserva la mente e il cuore puri, preserva occhi e orecchie dalla sporcizia del mondo; pratica la giustizia, l’amore, la clemenza, la pietà e la misericordia. Chi lo dimentica rischia di rovinare sé stesso e gli altri, va fuori binario, danneggia la Chiesa».

«Uomo di Chiesa»: «Cessa di esserlo quando tratta male i collaboratori e il personale come un cattivo padrone e non come padre e pastore. È triste che taluni affliggano i collaboratori con i dispiaceri che hanno ricevuto da altri nunzi quando erano collaboratori. È brutto vedere un nunzio che cerca il lusso, gli indumenti e gli oggetti “firmati” in mezzo a gente priva del necessario». Bisogna «rappresentare il volto, gli insegnamenti e le posizioni della Chiesa, mettere da parte le convinzioni personali, essere amico dei vescovi, dei sacerdoti e dei fedeli».

«Uomo di zelo apostolico»: «È pericoloso cadere nella timidezza o nella tiepidezza dei calcoli politici o diplomatici, o nel “politicamente corretto”, rinunciando all’annuncio evangelico. Lo zelo apostolico è la forza che ci tiene in piedi».

«Uomo di riconciliazione», mediazione, comunione, e dialogo: «Deve rimanere imparziale e obbiettivo, affinché tutti trovino in lui l’arbitro giusto che cerca di difendere e tutelare solo la giustizia e la pace».

«Uomo del Papa», «non rappresenta sé stesso ma il successore di Pietro presso la Chiesa e i Governi, concretizza, attua e simboleggia la presenza del Papa tra i fedeli e le popolazioni». Ciò richiede «disponibilità e flessibilità, umiltà, professionalità, capacità di comunicazione e di negoziazione». Deve «aggiornarsi e studiare il pensiero e le istruzioni di chi rappresenta. Ha il dovere di aggiornare e informare il Papa sulle situazioni e sui mutamenti ecclesiali e sociopolitici del Paese. Deve mantenere la porta della nunziatura e del cuore sempre aperte a tutti. È inconciliabile criticare alle spalle il Papa, avere dei blog o unirsi a gruppi ostili a lui, alla Curia e alla Chiesa». Il Papa non lo nomina ma gli osservatori ricordano i ripetuti e gravi  attacchi al Pontefice di Carlo Maria Viganò, ex nunzio a Washington.

«Uomo di iniziativa»: «È chiamato a essere nel mondo ma non del mondo, capace di trovare le parole giuste per aiutare le persone che si rivolgono a lui, con la semplicità delle colombe e l’astuzia dei serpenti».

«Uomo di obbedienza»: chi perde questa virtù «è come un viaggiatore che perde la bussola e rischia di fallire l’obiettivo. Ricordiamo il “Medice, cura te ipsum, medico cura te stesso. È contro-testimonianza chiamare gli altri a obbedire e disobbedire».

«Uomo di preghiera»: «Senza la vita di preghiera rischiano di venir meno a tutti i requisiti, di diventare semplici funzionari, sempre scontenti e frustrati. La vita di preghiera è la luce che illumina tutto il resto e l’operato del nunzio».

«Uomo di carità operosa»: c’è il «pericolo permanente delle regalie». Occorre prudenza «nell’accettare i doni che vengono offerti per annebbiare l’oggettività e, in alcuni casi, per comprare la libertà. Nessun regalo deve renderci schiavi. Ricevere un regalo costoso non giustifica mai il suo uso».

«Uomo di umiltà»: propone con le «Litanie dell’umiltà» del cardinale belga Rafael Merry del Val (1865-1930), che divenne segretario di Stato di Pio X a 38 anni.

Storia lunga e complessa. Fino al secolo IV i Papi inviano «legati temporanei» ai Concili in Oriente e agli imperatori bizantini per trattare questioni particolari. Nel secolo V i Papi inviano a Bisanzio gli «apocrisari o responsores, incaricati di portare le risposte» della Sede Apostolica, risiedono nel palazzo imperiale e trattano gli affari  della Chiesa romana e di quella universale. In Occidente le relazioni del Papa con le Chiese particolari sono curate sia dai vicari apostolici e sia dai «legati nati» cioè vescovi locali. Per trattare problemi particolari il Papa si serve di «legati a latere». Poiché i vescovi mal sopportano che a uno di loro sia conferita una superiorità in quanto «legato pontificio», i Papi inviano in Germania, Francia, Spagna, Portogallo e altre Nazioni vescovi «legati stranieri» e costituiscono le legazioni o nunziature apostoliche. Nei secoli XV-XVI le nunziature assumono i caratteri attuali, per iniziativa di Leone X, Pio IV e Gregorio XIII, che precisa attribuzioni, gradi e protocollo.

Il Congresso di Vienna (1815) stabilisce che i nunzi siano decani del corpo diplomatico. Nel XX-XXI secolo i Paesi che hanno rapporti con la Santa Sede aumentano: 14 con Pio X, 27 con Benedetto XV, 80 con Paolo VI, 170 con Giovanni Paolo II, 183 (su 196 Stati) con Francesco. Oggi i rappresentanti pontifici sono 103 perché vari nunzi sono rappresentanti in più Paesi. Il testo fondamentale è la lettera apostolica di Paolo VI «Sollicitudo omnium Ecclesiarum» (24 giugno 1969): sulla base del Concilio Vaticano II, afferma che i nunzi sono inviati, non solo ai governi, ma anzitutto alle Chiese e agli episcopati locali.

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