Papa Francesco formidabile narratore. Lo dimostra ancora in due occasioni: il 25 maggio ai partecipanti al convegno «Yes to life. Prendersi cura del prezioso dono della vita nella fragilità», organizzato dal Dicastero per i laici, la famiglia e la vita e dalla Fondazione «Il cuore in una goccia» e il 24 parlando del «Calcio che amiamo». «Cattura» l’attenzione di mamme e nonni, medici e ragazzi.
La ragazzina down 15enne rifiuta l’aborto – «Il giudice, un uomo retto, studia la cosa e dice: «Voglio interrogare la bambina». «Ma è down, non capisce». Il giudice chiede alla ragazzina: «Tu sai cosa ti succede?». «Sì, sono malata». «Com’è la tua malattia?». «Mi hanno detto che ho dentro un animale che mi mangia lo stomaco: per questo devono fare un intervento». «Tu non hai un verme che ti mangia lo stomaco. Tu sai cos’hai lì? Un bambino!». «Ohhh, che bello!». La mamma lo vuole e il giudice non autorizza l’aborto. Nasce una bambina, studia, cresce, diventa avvocato. Le raccontano la sua storia. A ogni suo compleanno ringrazia il giudice per il dono della nascita. Poi il giudice muore e lei adesso è promotore di giustizia». Constata: «Ogni bimbo cambia la storia della famiglia, del padre e della madre, dei nonni e dei fratellini». Le tecniche di diagnosi prenatale spesso fanno emergere patologie «che possono essere curate nel grembo materno». Si può «scongiurare l’aborto e l’abbandono di tanti bambini con gravi patologie» con interventi farmacologici, chirurgici e assistenziali straordinari che ottengono risultati sorprendenti. «L’aborto non è mai la risposta, che le donne e le famiglie cercano».
Prima che religioso è un problema umano – Francesco invita i medici ad avere come obiettivo non solo la guarigione, ma anche «il valore sacro della vita» e a essere sostegno per chi è nella difficoltà e nel dolore. Suggerisce una modalità di cura che umanizza la medicina, «perché muove a una relazione responsabile con il bambino malato, che viene accompagnato in un percorso che non lo abbandona mai e gli fa sentire calore umano e amore. I medici siano capaci di trovare soluzioni rispettose della dignità di ogni vita». Ma l’utilizzo della diagnosi prenatale per finalità selettive va scoraggiato con forza, perché espressione di una disumana mentalità eugenetica, che sottrae alle famiglie la possibilità di accogliere, abbracciare e amare i bambini più deboli. Delle volte sentiamo: «Eh, voi cattolici non accettate l’aborto, è un problema della vostra fede». No: è un problema pre-religioso. La fede viene dopo. È anzitutto un problema umano. Non carichiamo sulla fede una cosa che non le compete dall’inizio. Chiedo: è lecito far fuori una vita umana per risolvere un problema? È lecito affittare un sicario per risolvere un problema? Questo è il punto. Non è lecito, mai, mai, fare fuori una vita umana né affittare un sicario per risolvere un problema. Grazie a voi famiglie che avete accolto la vita fragile».
Il calcio resti un gioco che fa bene anche a testa e cuore – Incontra 5 mila studenti, campioni e allenatori riuniti nell’evento «Il calcio che amiamo» promosso dalla «Gazzetta dello sport». Il pallone deve essere un mezzo per condividere amicizie e mettersi alla prova, «in quello che è il gioco più bello, gioco di squadra che va vissuto come mezzo a condividere l’amicizia, a guardarsi in faccia, a sfidarsi per mettere alla prova le proprie abilità. Così può far bene anche alla testa e al cuore in una società che esaspera la centralità del proprio io». Ricorda quello che Giovanni Bosco ripeteva agli educatori: «Volete i ragazzi? Buttate in aria un pallone e prima che tocchi terra vedrete quanti si saranno avvicinati». Dietro a una palla che rotola c’è un ragazzo con i suoi sogni e le sue aspirazioni, il suo corpo e la sua anima: «Cari amici: al calcio non ci si può divertire da soli». Contro il malvezzo di certi papà, invita a «non trasformare i sogni dei ragazzi in facili illusioni destinate a scontrarsi con la realtà».