Dopo aver ricordato nella messa mattutina a Santa Marta gli anziani che hanno paura a causa della pandemia, quelli isolati e nelle case di riposo, Papa Francesco nella tradizionale udienza del mercoledì, la prima dopo la Pasqua si è soffermato sulla beatitudine degli operatori di pace.
Una riflessione sul significato che la parola pace può assumere o sul quale si può equivocare ma sopratutto un richiamo a ricercare “sempre e comunque” la via della riconciliazione.
“La settima beatitudine è la più attiva, esplicitamente operativa”, ha sottolineato, “l’espressione verbale è analoga a quella usata nel primo versetto della Bibbia per la creazione e indica iniziativa e laboriosità. L’amore per sua natura è creativo – l’amore è sempre creativo – e cerca la riconciliazione a qualunque costo. Sono chiamati figli di Dio coloro che hanno appreso l’arte della pace e la esercitano, sanno che non c’è riconciliazione senza dono della propria vita, e che la pace va cercata sempre e comunque. Sempre e comunque: non dimenticare questo! Va cercata così. Questa non è un’opera autonoma frutto delle proprie capacità, è manifestazione della grazia ricevuta da Cristo, che è nostra pace, che ci ha resi figli di Dio.
Nei saluti finali, rivolgendosi ai fedeli polacchi ha ricordato il significato della Domenica della Divina Misericordia e ha esortato alla preghiera per quanti soffrono in questo momento.
“Domenica prossima celebreremo la festa della Divina Misericordia. San Giovanni Paolo II l’ha istituita rispondendo alla richiesta di Gesù trasmessa a santa Faustina. Così ha detto: “Desidero che la festa della misericordia sia di riparo e rifugio per tutte le anime. L’umanità non troverà pace finché non si rivolgerà alla sorgente della mia misericordia” (Diario 699). Con fiducia preghiamo Gesù Misericordioso per la Chiesa e per tutta l’umanità, specialmente per coloro che soffrono in questo tempo tanto difficile. Cristo Risorto ravvivi in noi la speranza e lo spirito di fede”.