Papa Pio XII tace ma salva migliaia di ebrei

Storia – Nell’ottobre 1941 mons. Angelo Giuseppe Roncalli, delegato apostolico in Turchia e Grecia (1934-1944) e futuro Papa Giovanni XXIII, in udienza da Pio XII annota: «Il Santo  Padre fu molto amabile… Mi chiese se il suo silenzio circa il contegno del nazismo non è giudicato male». Pacelli usa proprio il termine «silenzio» e quasi presagisce le polemiche che lo avrebbero investito dopo la morte nel 1958

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Nell’ottobre 1941 mons. Angelo Giuseppe Roncalli, delegato apostolico in Turchia e Grecia (1934-1944) e futuro Papa Giovanni XXIII, in udienza da Pio XII annota: «45 minuti. Angelus Dei come a Berlino. Il Santo  Padre fu molto amabile. Si diffuse a dirmi della sua larghezza di tratto coi Germani che vengono a visitarlo. Mi chiese se il suo silenzio circa il contegno del nazismo non è giudicato male». Pacelli usa proprio il termine «silenzio» e quasi presagisce le polemiche che lo avrebbero investito dopo la morte nel 1958.

In un’intervista a Massimo Franco sul «Corriere della Sera» mons. Sergio Pagano, da un quarto di secolo prefetto dell’Archivio apostolico (già segreto) vaticano – quindi uomo che ha le mani in pasta – dice: «È indubbio che i silenzi di Pio XII ci siano stati. Chi fa apologetica a prescindere da essi non rende un buon servizio alla Chiesa. Ho studiato bene le carte: i suoi silenzi vanno inquadrati in quella fase storica e valutati insieme a tutte le iniziative che prese per difendere gli ebrei. Su questo la verità storica sta venendo fuori e riconosce quanto ha fatto».

Il barnabita Pagano è autore di due pregevoli tomi «In quotidiana conversazione. Giovanni Battista Montini alla scuola di Pio XII», pubblicati da Archivio apostolico, oltre 1.300 pagine con 1.850 «fogli di udienza», gli appunti presi dal bresciano Montini, numero due della Segreteria di Stato dal 5 luglio 1945 al 20 novembre 1954. Spiega il vescovo: «Da questi fogli emergono due grandi uomini, Pio XII e Montini, futuro Paolo VI, suo principale collaboratore, dediti fino allo spasimo al servizio della Chiesa. Fanno capire bene come la Segreteria di Stato vaticana fosse il cervello e il motore del governo della Santa Sede». Pio XII stima moltissimo Montini: «Lo aveva formato lui ed era il suo collaboratore più stretto. Mandandolo a Milano lo preparava a diventare Papa. Pio XII è uomo titanico e si è speso fino all’ultimo per la Chiesa: aveva una forte coscienza di essere il Papa. Guidava la barca di Pietro tenendo ben saldo il timone. E studiava sempre perché voleva mostrarsi aggiornato su tutto. Aveva capito che dopo la guerra il mondo stava cambiando. Forse non ci è riuscito ma ha tentato di interpretare i cambiamenti. Per me è stato uno dei governanti più illuminati della sua epoca». Com’era Pio XII? «Mite, cortese, timido, insicuro. Aveva un tratto ieratico, mitigato dalla bonomia romana. Poliglotta, parlava tutte le lingue con lieve accento romano. Ed era indeciso».

Mons. Montini nel 1959 testimonia: «Sono stato vicino a Pio XII per 17 anni. Ho assistito giorno per giorno al suo lavoro. Le sue carte sono passate per le mie mani, i suoi segreti mi sono stati partecipati. Godevamo di tanta sua confidenza e fiducia, testimoni della sua mitezza d’animo, della sua inappuntabile pietà religiosa, del suo intrepido senso di responsabilità». Montini è il tramite fra Pio XII e Alcide De Gasperi. Oggetto delle conversazioni sono: i preti operai, i rapporti con gli Usa, le canonizzazioni e le beatificazioni, la stampa e «L’Osservatore Romano», i gesuiti, la nobiltà. Pio XII commenta la presenta di Palmiro Togliatti nella rossa Livorno nell’aprile 1950 «disgraziatamente nella Settimana Santa».

Lo storico Andrea Riccardi racconta un episodio che seppe dal cardinale Luigi Traglia, vicegerente di Roma: «Alla vigilia del Natale 1943 i tedeschi violarono il Seminario lombardo, pieno di ebrei, militari e antifascisti nascosti. Molti vestivano la talare nera e i fascisti li costringevano a recitare le preghiere per scoprirli e portarli nei lager. Qualche ebreo imparò l’”Ave Maria” e il “Padre Nostro” e si salvò. Altri furono deportati. Il Papa si indignò e, per protesta, diede ordine di non celebrare le Messe natalizie di mezzanotte che, per il coprifuoco, erano nel pomeriggio. Poi cambiò idea». Perché? «Temeva di inasprire l’occupante. Era un diplomatico e voleva tenere aperta una via di mediazione». Riccardi è sicuro: Montini «non avrebbe potuto organizzare la rete di protezione degli ebrei e degli antifascisti senza il consenso di Pio XII». Alcuni storici obiettano che manca l’ordine scritto. Riccardi: «Sarebbe stato un grave rischio metterlo per iscritto». Era stato nunzio in Baviera e in Germania, parlava tedesco «ma con Hitler il rapporto era pessimo».

Il primo Paese aggredito nel 1939 fu la Polonia: «I polacchi e il governo in esilio a Londra fecero molta pressione sul Papa: ma come? La Polonia “semper fidelis”, il  baluardo cattolico contro l’Est ortodosso viene straziato e gli ebrei massacrati e il capo della cristianità non dice una parola? Aveva simpatia per gli ebrei e si prodigò in silenzio per proteggerli, come si vide nell’occupazione nazista Roma. Ma in silenzio “ad mala maiora vitanda” per evitare guai peggiori, anche ai cristiani». Secondo Riccardi, Pio XII era pronto «a essere deportato in campo di concentramento ma non a fare alcunché contro la mia coscienza. Non fu per questo che non intervenne per salvare gli ebrei razziati nel ghetto di Roma». Riccardi ha trovato una lettera della principessa Enza Pignatelli che avverte Pio XII della retata imminente: «La principessa aveva saputo che i tedeschi avevano chiesto ai fascisti la lista degli ebrei romani. Alle 6 del 16 ottobre 1943, avvisata da un’amica, Enza Pignatelli andò al ghetto, sull’auto di un diplomatico tedesco, vide tutto e si precipitò da Pio XII che fu sorpreso. Sapeva che i nazisti avevano chiesto cinquanta chili d’oro e si era impegnato a fornirne dodici e pensava che gli ebrei fossero al sicuro».

Ma non si mosse. Riccardi rammenta: «Era stato a San Lorenzo dopo il bombardamento. Un gesto storico, la veste macchiata di sangue, i romani commossi. Avrebbe potuto andare alla stazione Tiburtina a fermare i convogli, ma non lo fece. Si illuse di poterli liberare per altre vie. Si fidò dell’ambasciatore tedesco Weizsäcker. Ma poi si batté per dare asilo ai ricercati. Era il tempo in cui “metà Roma nascondeva l’altra metà”». Conclude Riccardi: Pio XII salvò molte vite, a esempio Giuliano Vassallo, socialista e futuro ministro della Giustizia. «Ma il silenzio continuò. Il Papa riteneva di non doversi schierare tra i belligeranti perché dall’altra parte c’era l’Unione Sovietica. Citò le persecuzioni legate alla “stirpe” ma in sostanza il silenzio proseguì anche dopo la guerra. E qui francamente non riesco a dare una spiegazione».

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