Quanto dovremo attendere perché il nuovo Governo corregga i Decreti Sicurezza? E come dobbiamo giudicare gli impegni assunti pubblicamente (poi ridimensionati) dal premier Conte per l’acquisto di 28 aerei da guerra F35?
Il primo mese del nuovo esecutivo a guida Cinque Stelle-Pd ha segnato un’ottima inversione di marcia nei toni usati per affrontare i temi umanitari, toni finalmente rispettosi della sofferenza di chi muore nel Mediterraneo, ma l’esodo dei disperati dall’Africa e dall’Asia non si arresta e nuove guerre stanno affacciandosi sulla scena internazionale: all’indomani dell’ennesimo naufragio di profughi al largo di Lampedusa (23 morti) occorre chiedere alle due forze di governo – i partiti di Zingaretti e Di Maio – che traducano in scelte immediate, forti e concrete i rispettivi tradizionali slogan per la pace e la cooperazione internazionale.
Non solo l’opzione green per l’ambiente, ma proprio i temi della pace sarebbero in grado di segnare un vero cambio di marcia sui terreni che accomunano Pd e CinqueStelle. Invece, per ora, accade poco o nulla. Disdicevole è il ritardo nel porre mano ai vituperati Decreti Sicurezza, che sono ancora in vigore con le norme sui porti chiusi, ma appare più che comprensibile anche la reazione sdegnata di organismi come Pax Christi e Rete Disarmo di fronte alla notizia che l’Italia è pronta a spendere 4 miliardi di euro per l’acquisto dei caccia F35 (ognuno costa 120 milioni di euro). La questione degli armamenti è ovviamente complessa e non si può liquidare con slogan ad effetto, tocca le relazioni internazionali, i temi della difesa e interessi economici seri, da pesare con attenzione. E tuttavia: vuole o non vuole l’Italia distinguersi e aprire strade nuove, come le forze di governo promettevano fino all’altro ieri, quando erano all’opposizione? E come il Vangelo richiede, senza tanti se e ma?
Il presidente di Pax Christi mons. Giovanni Ricchiuti, vescovo di Altamura, si è rivolto pubblicamente al premier Conte per ricordargli che, in forza dei contratti vigenti con i produttori americani, «entro la fine del 2019 l’Italia può ancora uscire dal costosissimo progetto degli F35; dal gennaio del prossimo anno non sarà più possibile». Secondo Ricchiuti «la nuova avventura in cui l’Italia si sta imbarcando è folle: ne abbiamo proprio bisogno?». Pax Christi chiede che il Governo italiano torni indietro e «dia segnali chiari nella direzione della pace, del disarmo e del ripudio della guerra».
Secondo il coordinatore italiano di Pax Christi, don Renato Sacco, «il Governo farebbe meglio a investire le risorse destinate all’acquisto degli F35, che costano ciascuno 120 milioni di euro di denaro pubblico, in sanità, scuole, assistenza sociale».
Parole di forte critica al piano di armamenti italiano giugno anche dalla Campagna «Stop F35 – Taglia le ali alle armi» promossa da Sbilanciamoci, Rete della pace e Rete Disarmo. «La mobilitazione contro i caccia del programma Joint Strike Fighter chiede a Governo e Parlamento di non cedere alle pressioni Usa». Per le associazioni «è necessario ridiscutere la partecipazione dell’Italia a un programma di armamento dal costo miliardario e con gravi problematiche tecniche, strategiche e produttive. Chiediamo al premier di esprimere definitivamente la posizione del Governo. Se sommiamo velivoli già ultimati e consegnati, quelli in costruzione e quelli per i quali si è già firmato un primo contratto di preproduzione, siamo già ora a quota 28 aerei confermati e da pagare integralmente (circa 4 miliardi di spesa). L’Italia dovrebbe acquisirne in tutto 90: se il Governo cedesse alle richieste Usa ne dovremmo così comprare altri 62, con un esborso ulteriore di oltre 10 miliardi».