«Questa scuola rappresenta un danno erariale per lo Stato. I numeri delle iscrizioni non permettono di avviare alla Vidari la classe prima il prossimo anno scolastico».
È la motivazione che l’Ufficio scolastico provinciale di Torino ha fornito ai residenti di Mirafiori Nord sulla decisione di sopprimere la classe prima alla scuola primaria Vidari (via Sanremo 46), parte dell’Istituto comprensivo statale «Via Collino 12». Una scelta che in sostanza decreta la chiusura, in breve tempo, dell’unico istituto scolastico di borgo Cina.
La risposta del Provveditorato ha lasciato attoniti i genitori degli iscritti, gli abitanti del quartiere, la parrocchia Gesù Redentore e le numerose associazioni che da anni a tutto campo in rete si fanno carico della riqualificazione del borgo di periferia che porta ancora evidenti i pesi della crisi economica del periodo post-industriale in un territorio dove convivono famiglie italiane e straniere spesso fragili che fanno fatica ad occuparsi dei figli e dei genitori anziani.
Così i cittadini giovedì 30 maggio al termine delle lezioni scolastiche si sono ritrovati davanti alla Vidari per chiedere alle istituzioni di non chiudere la scuola.
A fianco della popolazione è intervenuto anche l’Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia, che, venuto a conoscenza della questione, ha voluto sostenere l’iniziativa della comunità parrocchiale e civile della zona: «conosco bene questo quartiere che ho incontrato in occasione della Visita pastorale: far sparire una scuola significa farlo precipitare nel degrado».
Dopo un corteo aperto dagli alunni della Vidari, sfilato per le vie del quartiere, i residenti si sono ritrovati nel cortile della vicina parrocchia Gesù Redentore per un momento di festa che ha visto protagonisti i bambini. Si è poi tenuto un momento di confronto fra gli abitanti introdotto dall’Arcivescovo. «Avremmo voluto riunirci a scuola», sottolinea il parroco don Albero Savoldi, «ma la dirigente scolastica non ha acconsentito ad ospitare nell’istituto un momento di dialogo. Dunque abbiamo accolto tutti in parrocchia».
I cittadini intervenuti hanno manifestato delusione per la mancata partecipazione al dibattito da parte della dirigente scolastica, dei rappresentanti istituzionali del Provveditorato e del Comune di Torino.
La Vidari, infatti, è da anni «la piazza» di borgo Cina in grado di intercettare le famiglie in difficoltà, spesso restìe a chiedere aiuto, e indirizzarle verso i servizi di sostegno e accompagnamento. Molte abitano nelle case di edilizia popolare della zona.
L’Istituto lavora, infatti, in sinergia con la parrocchia, la Circoscrizione 2, i servizi sociali e le associazioni del territorio, soprattutto nella proposta di attività oltre l’orario scolastico, come quella del doposcuola offerto nei locali parrocchiali. Imponente in particolare il dialogo tra la scuola e la parrocchia dove da anni è attiva l’associazione «Un progetto al femminile» che dal 1992 punta a favorire l’integrazione delle donne immigrate.
«La scelta di non far partire la classe prima, e dunque di chiudere la scuola», ha evidenziato l’Arcivescovo Nosiglia, «va in senso opposto agli slogan sulla valorizzazione delle periferie ed è indice di come si tenda a fare e poi disfare i progetti, anche virtuosi, avviati. Solo puntando sulle nuove generazioni sarà possibile costruire una cittadinanza attiva. È questo lo si può fare garantendo il raccordo fondamentale fra l’istituzione scolastica e il territorio. La scuola oggi rimane un luogo educativo strategico, un bene comune che appartiene alla comunità locale e non al ministero che può quindi disporne in base ad un mero requisito numerico». Nosiglia ha dunque rivolto l’accorato appello alle istituzioni in primo luogo ad ascoltare i cittadini e condividere con loro le scelte da operare per il bene comune.
«La decisione di non far partire la classe prima alla Vidari», sottolinea Manuela Lamberti del Comitato genitori, «legata alla riduzione dei costi, provocherebbe un disagio sociale enorme per la popolazione con danni economici per l’amministrazione pubblica incalcolabili: primo fra tutti lo sfaldamento della comunità. La chiusura priverà proprio la parte più fragile del quartiere di una scuola, presidio sociale fondamentale. Come mamme chiediamo, quindi, alle istituzioni di garantire ai bambini del quartiere una prospettiva di futuro: allontanare la scuola significa costringerli a percorrere sin da subito una strada un po’ più in salita, significa rendere il percorso più difficile proprio a quegli alunni che, per mille ragioni, già devono affrontare un sentiero tortuoso e dissestato. Disperdere i bambini del quartiere nelle scuole limitrofe vuol dire disseccare i germogli dell’amicizia e preparare per loro un futuro di giovani adulti estranei gli uni agli altri».
Al dibattito, accanto ai responsabili delle associazioni del territorio come «SportIdea» e «Un progetto al femminile», è intervenuta anche la presidente della Circoscrizione 2 Luisa Bernardini che ha invitato le istituzioni scolastiche e comunali a trovare, attraverso un lavoro di rete, una soluzione contro la chiusura dell’edificio: «questa decisione butta all’aria tutti gli investimenti messi in campo per la riqualificazione del territorio, come il piano di interventi ‘Urban 2’».
I cittadini, attraverso una petizione, hanno dunque chiesto all’Ufficio scolastico provinciale di riaprire il Tavolo di confronto e concedere l’avvio delle attuali 5 classi prime di scuola primaria nell’Istituto comprensivo di Via Collino 12 di cui una, appunto, alla Vidari.
I genitori degli studenti in occasione della fine dell’anno scolastico hanno, infine, organizzato una festa dal titolo «Fatti contagiare dalla Vidarità» aperta alla popolazione e alle diverse associazioni del territorio che si tiene venerdì 7 giugno alle 19.30 in piazza Livio Bianco: nuova occasione per rinnovare l’appello a salvare la scuola del quartiere.