Di fronte al propagarsi degli effetti del Coronavirus si guarda con crescente preoccupazione all’impatto che questa crisi potrà avere sul tessuto economico e sull’occupazione nell’area torinese. In attesa di poter disporre di dati significativi frutto di rilevazioni sul campo e non volendo cedere alla tentazione di fare previsioni che, in assenza di dati certi, rischiano solo di creare inutili allarmismi, possiamo ragionevolmente farci un’idea di cosa potrebbe succedere partendo da una analisi di come siamo arrivati all’appuntamento con l’epidemia di Covid-19.
Clima pessimista. Sul piano congiunturale la crisi rischia di complicare una situazione preesistente di debolezza del comparto manifatturiero. L’ultima indagine dell’Ufficio Studi dell’Unione Industriale di Torino, svolta a dicembre, aveva previsto per questi primi tre mesi del 2020 un peggioramento del clima di fiducia, lungo un trend negativo in atto già da 4-5 trimestri. Peggiorano in particolare le attese su produzione e ordini totali, mentre sono stabili le previsioni sull’export, segnale positivo – quest’ultimo – che fa seguito tuttavia ad un periodo contrassegnato da un calo vistoso delle nostre esportazioni. Nei primi 9 mesi del 2019 l’export torinese è diminuito rispetto all’analogo periodo del 2018 del 6,9% per effetto soprattutto del forte calo delle vendite del settore automotive che, non dimentichiamolo, copre da sé solo il 42% dell’export torinese. Anche i dati diffusi dall’Istat nei giorni scorsi tracciano un bilancio non lusinghiero dell’export torinese e piemontese. Nel 2019 il primo è diminuito del 5,4%; il secondo del 3,5%.
Improntate al pessimismo erano anche le rilevazioni svolte, ben prima dell’avvento della crisi, dalla Cna (artigianato) e dall’Api Torino (piccole e medie imprese), mentre qualche piccolo segnale confortante (verrebbe da dire finalmente) emerge dalle previsioni fatte a dicembre dai costruttori per i prossimi sei mesi nella consueta indagine svolta dal Centro Studi dell’Ance.
Cinquemila lavoratori a rischio. Il malessere che sta attraversando la manifattura torinese è reso ancor più esplicito dal numero di lavoratori che rischiano di perdere il posto di lavoro a causa delle crisi aziendali e dal crescente ricorso alla Cassa integrazione Guadagni. Le fonti sindacali parlano di 5 mila lavoratori coinvolti nelle crisi mentre a gennaio in Piemonte le ore autorizzate di Cassa Integrazione risultavano cresciute in un anno del 45%.
Le promesse di Fca. In questo quadro ricco di incertezze e fonte di preoccupazioni, contribuiscono a rendere un po’ meno fosco il futuro della manifattura torinese gli investimenti annunciati da Fca per dar vita al polo torinese della mobilità. Un obiettivo importante che, per essere raggiunto, non potrà fare affidamento unicamente sulla produzione di nuovi autoveicoli, ma richiederà un forte coinvolgimento dell’indotto e dei centri che producono e trasferiscono innovazione, a cominciare dal Centro Ricerche Fiat di cui si sono perse le tracce. Il polo Fca è comunque un progetto che richiede tempi lunghi per essere realizzato e sul quale bisognerà mantenere alta l’attenzione. Per ora, di fronte al Coronavirus, gli stabilimenti Fca hanno fermato la produzione, mandando i lavoratori in cassa integrazione.
Allarme commercio. La mancanza di indagini aggiornate e strutturate (una carenza alla quale è necessario porre rimedio) non consente di valutare a pieno come si presentava l’amplissimo campo dei servizi all’appuntamento con il Coronavirus. Il problema si pone in particolare per quei comparti che al momento sembrano essere i più esposti, a cominciare dal commercio e dai pubblici esercizi. Possiamo farci un’idea di quale potrebbe essere l’impatto prendendo in considerazione il loro peso occupazionale e il loro contributo alla creazione di posti di lavoro.
A Torino il settore dei servizi occupa 652 mila persone: il 70% del totale degli occupati. In Piemonte il comparto del commercio e dei pubblici esercizi dà lavoro a 362 mila persone.
Secondo dati forniti dal Ministero del Lavoro, nel III trimestre 2019 sono state avviate al lavoro in Italia 459 mila persone; nel solo comparto del «commercio, alloggio e ristorazione» ne sono state avviate 104 mila, poco meno di un quarto del totale. Poco meno della metà sono giovani tra i 15 e i 29 anni per i quali il comparto rappresenta, al momento, il più importante sbocco occupazionale.
Torino. Un nota positiva riguarda la città di Torino. Il capoluogo affronterà gli effetti del Coronavirus avendo alle spalle un 2019 che ha tutto sommato visto – sul piano occupazionale – più luci che ombre. Lo scorso anno a Torino l’occupazione è rimasta stabile; le persone in cerca di lavoro sono diminuite di 11 mila unità; il tasso di disoccupazione è sceso dal 9,2 all’8,3%. In entrambi i casi hanno beneficiato dei miglioramenti solo gli uomini.
La situazione dei giovani è complessivamente migliorata. Il tasso di disoccupazione dei 15-29enni è sceso sia per i ragazzi che per le ragazze.