«Era ora di finire questa guerra… È il momento di guardare al futuro… Andarsene era la decisione giusta, la più saggia per l’America… C’è un mondo nuovo: la nostra strategia deve cambiare, dobbiamo difenderci da nuove minacce, affrontare le sfide del secolo e la competizione con Cina e Russia, continuando a combattere il terrorismo. Mi assumo la responsabilità di quanto fatto: non volevo continuare questa guerra per sempre». Concluse il 31 agosto le operazioni di evacuazione da Kabul, il presidente Usa Joe Biden ha difeso, in un discorso all’Unione, il suo operato, mentre i talebani esaltavano la riconquistata indipendenza del loro Paese. È stato il discorso di Biden più efficace, più convinto e più determinato, fra i tanti delle ultime tre caotiche settimane. C’è pure un messaggio ai terroristi dell’Isis-K, branca afghana del Califfato: «Non dimenticheremo, non perdoneremo, vi braccheremo fino agli inferi e pagherete il fio».
La buona notizia è che la più lunga guerra mai combattuta dagli Stati Uniti è finita: vent’anni meno un mese, centinaia di migliaia di afghani uccisi -insorti, ma pure molti civili, donne, bambini -, oltre tre mila americani e loro alleati caduti (più delle vittime dell’11 Settembre), almeno 2.300 miliardi di dollari spesi (un migliaio solo in spese militari). Per un’intera generazione di americani, il primo settembre 2021 è stato il primo giorno di pace, senza una guerra in corso. La cattiva notizia è che questo capitolo della storia militare Usa sarà probabilmente ricordato come «un colossale fallimento», fatto di «promesse non mantenute» e chiuso in modo tragico, una rotta, non una ritirata: lo scrive l’Ap, la più grande agenzia di notizie al mondo, non un sito ‘trumpiano’ o ‘talebano’.
Subissato di critiche in patria, non per il fatto di venire via dall’Afghanistan, ma per come l’uscita è stata gestita – complice il crollo del castello di carte del regime e dell’esercito afghani -, Biden esalta i risultati del ponte aereo: oltre 100 mila afghani e circa 20 mila stranieri evacuati dai militari statunitensi e degli altri Paesi coinvolti, fra cui l’Italia; ricorda gli impegni presi dai talebani («Abbiamo i mezzi per farli rispettare»); ed evoca le responsabilità del suo predecessore. Donald Trump, a fine febbraio 2020, firmò la resa ai talebani, senza coinvolgere nella decisione né il governo di Kabul né gli alleati della Nato: «Di fronte all’avanzata dei talebani avevo due scelte, o seguire gli accordi di Trump o inviare altre migliaia di soldati in una escalation della guerra». […]
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