Quando Kirill venne a Torino per venerare la Sindone

Nel 2000 – «Questo è l’autunno del dialogo. Vorrei che fossimo già in inverno perché la primavera sarebbe più vicina. Non è così. Se sapremo superare le difficoltà, il dialogo tra le Chiese rifiorirà». È un passaggio dell’intervista che il metropolita Kirill rilasciò a La Voce del Popolo quando venne a Torino per l’Ostensione della Sindone del 2000

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Kirill, patriarca di Mosca e di tutte le Russie

«Questo è l’autunno del dialogo. Vorrei che fossimo già in inverno perché la primavera sarebbe più vicina. Non è così. Se sapremo superare le difficoltà, il dialogo tra le Chiese rifiorirà. Dopo l’autunno e l’inverno, tornerà la primavera nei rapporti tra cattolici e ortodossi». Questo mi disse il metropolita Kirill – dal 2009 Patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Fu invitato a Torino dall’arcivescovo Severino Poletto per l’ostensione della Sindone (12 agosto-22 ottobre 2000). L’intervista venne pubblicata su «La Voce del Popolo» del 24 settembre 2000.

Vladimir Michajlovič Gundjaev, metropolita di Smolensk e Kaliningrad e presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, è il braccio destro di Alessio II, Patriarca di tutta la Russia. Dal 1989, come «ministro degli Esteri», è il numero due della gerarchia russo-ortodossa. Visita Torino a capo di una delegazione ufficiale invitata dall’arcivescovo Severino Poletto per l’ostensione della Sindone del 2000. Ed è un fatto storico perché è da un decennio che una delegazione ufficiale non viene in Italia: grazie alla Sindone questo piccolo prodigio ecumenico si avvera.

Se da Istanbul il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I – al quale è riconosciuto un primato di onore ma non di governo – rivela che all’inizio del Duemila tutto era pronto per un incontro a Gerusalemme tra Giovanni Paolo II e i Patriarchi ortodossi «ma per l’opposizione della Chiesa russa il progetto sfumò», da Torino Kirill sembra riannodare i fili del dialogo. Venerdì 22 settembre 2000 a sera in Cattedrale il metropolita presiede la celebrazione dei Vespri in rito ortodosso e ha parole di profonda venerazione per «la sacra icona». Grande devozione rinnova sabato 23 in una conferenza stampa nell’ex Seminario metropolitano e nel pellegrinaggio pomeridiano alla reliquia. È uno degli eventi più importanti dell’ostensione del Giubileo, con le visite il 20 settembre del Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana e, il 13 ottobre, del metropolita greco-ortodosso Ghenadios del Patriarcato di Costantinopoli. Affabile ma fermo, idee chiarissime, pronto a dialogare ma irremovibile – il Patriarca di Mosca, unico fra tutti gli ortodossi, non ha mai voluto incontrare il Papa – da undici anni il metropolita Kirill è tra i vertici della Chiesa di Mosca, la «terza Roma».

Cosa è la Sindone per gli ortodossi? 

«Siamo a Torino con la benedizione sia del Papa Giovanni Paolo II e sia del Patriarca di Mosca, Alessio II. Questa reliquia è considerata sacra ed è molto venerata da russi, ucraini, bielorussi. Crediamo che sia autentica. Parecchi sono venuti a venerarla. Per me è un’emozione molto forte, come lo è per i pellegrini. Questa esperienza spirituale ci aiuta a conoscerci di più e a capirci meglio. Lo sviluppo di migliori relazioni si basa anche sui pellegrinaggi e sulle esperienze spirituali che possono aiutarci a superare le difficoltà. Per questo ringrazio l’arcivescovo Poletto e il popolo torinese per l’accoglienza calda e calorosa in un’atmosfera magica».

Perché il Patriarca ha detto no all’incontro con il Papa? 

«Per la verità, il no è venuto da vari Patriarchi. L’incontro con il Papa è prematuro. Questo è un passaggio triste per il dialogo ecumenico. Ma vorrei guardare al futuro».

Per il futuro c’è speranza?

«C’è speranza. La civiltà cristiana si trova in profonda crisi. La fede si scontra con grandi difficoltà e formidabili sfide. Viaggiando per il mondo vedo che le sfide sono le stesse e non vedo grandi differenze tra Italia e Russia. La possibilità per il Cristianesimo di influenzare le coscienze dipende dal nostro lavoro comune. Credo e spero che in futuro supereremo le difficoltà. Solo lavorando insieme le Chiese possono portare una speranza all’Europa in fase di unificazione».

Giovanni Paolo II ha espresso più volte il desiderio di abbracciare Alessio II. Dal gennaio 1964 quando Paolo VI, pellegrino in Terra Santa, incontrò a Gerusalemme il patriarca di Costantinopoli Athenagoras I, i Papi hanno visto più volte i Patriarchi ortodossi, ma mai quello di Mosca. Perché? 

«La realtà è quella che è. Non possiamo ignorarla. Un incontro tra Alessio e Giovanni Paolo non potrebbe avere successo perché ci sono questioni aperte che devono essere risolte. L’abbraccio ecumenico è un importante gesto simbolico e ha un grande significato, non è una gentilezza diplomatica, non è per fare un piacere a giornalisti e fotografi. Dobbiamo prima risolvere i problemi, come ripete il Patriarca: io voglio incontrare il grande Papa di Roma, ma prima di abbracciarlo voglio sciogliere i nodi».

La visita a Torino per la Sindone è un passo avanti in vista dell’abbraccio? 

«Certamente, fa parte dello sforzo comune per superare le difficoltà. Davanti alla Sindone ho pregato perché la visita diventi l’inizio di un nuovo dialogo».

Recentemente a Mosca è venuto il Segretario di Stato cardinale Angelo Sodano.

«Sì, è stata una visita molto importante per migliorare i rapporti. L’incontro tra il Papa e il Patriarca, quando avverrà, dovrebbe far voltare pagina ai rapporti cattolici-ortodossi. Per questo va preparato bene. Vorrei che fosse già inverno perché la primavera sarebbe più vicina. Purtroppo non è così».

Perché la Chiesa russa ha canonizzato l’ultimo zar?

«È stato un atto di grande importanza per la Russia. Sotto il regime comunista migliaia di cristiani sono stati uccisi per la loro fedeltà a Cristo. Nessuno sapeva né conosceva il loro coraggio. Li uccidevano come teppisti o criminali politici. Il regime nascondeva i fatti e la gente non sapeva delle persecuzioni. Come dice Tertulliano “il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”. La canonizzazione dello zar e di mille martiri è un atto di giustizia divina che andava fatto. Servirà a riunire la società russa».

Nell’ostensione del 1978 venne il metropolita Nikodim, che ricopriva la carica che svolge lei ora. Quale differenza tra allora e oggi, visto che un uomo di dialogo come il cardinale Agostino Bea diceva che l’ecumenismo ha bisogno dell’audacia dei gesti? 

«Sono grato per questo ricordo di Nikodim. Conosco tutto di quella visita perché gli ero molto vicino, prima come segretario e poi come vescovo ausiliare. Fece moltissimo per l’ecumenismo: capiva che il futuro del Cristianesimo dipende dai nostri rapporti. Era un carattere forte, nessuno l’aveva mai visto piangere: alla Sindone era emozionatissimo e pianse. Me l’ha raccontato al telefono. L’ho accompagnato spesso a Roma per gli incontri, anche con Paolo VI. Il dialogo era all’apogeo, nella fase più alta. Non c’erano sospetti né paure. Cattolici e ortodossi lottavano insieme contro l’ateismo e la secolarizzazione. Tra Roma e Mosca c’era scambio di professori e studenti, di teologi ed esperti. Io ero segretario della commissione ortodosso-cattolica che iniziò i lavori nel 1980. Per un decennio il dialogo funzionò. I problemi cominciarono nel 1989 con la caduta dei muri. Nella storia accade spesso che il contesto favorevole si evolva in sfavorevole. Spero che presto torni favorevole».

E mons. Poletto, come vede il momento ecumenico?

«Non ho particolari titoli per intervenire. L’invito al Patriarca è stato accolto tramite il metropolita. Il dialogo va sentito come un dovere. La visita di Kirill è un gesto di incoraggiamento, un sostegno al dialogo, un segnale forte di reciproca volontà di conversione. La preghiera in comune è stata una grande gioia».

Nove anni dopo il metropolita Kirill è diventato Patriarca di Mosca e di tutta la Russia. Il 27 gennaio 2009 è stato designato con una maggioranza di 508 voti su 677 schede valide e su 702 votanti. Lo ha eletto il Concilio plenario, riunito a Mosca nella Cattedrale di Cristo Salvatore, composto da 711 membri tra metropoliti, rappresentanti del clero e dei laici provenienti da 64 Paesi. È il 16° Patriarca di Mosca dopo lo scisma da Costantinopoli ed è il primo Patriarca postcomunista.

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