Torino deve essere riconoscente a San Carlo Borromeo: grazie al suo voto contro la peste del 1576, la Sindone è trasferita nella capitale dei Savoia. In questa tempesta del coronavirus merita ricordarlo alla vigilia della venerazione straordinaria della Sindone l’11 aprile 2020 (Sabato Santo) nella Cattedrale di Torino.
Emanuele Filiberto (1528-1580), «testa di ferro», comprende che l’Italia è il campo aperto alle fortune della dinastia e sposta il baricentro sul Piemonte che è coinvolto in tante guerre tra Francia e Spagna. Il duca, rientrato in possesso delle terre nel 1559 con la pace di Cateu-Cambresis, avvia una radicale riorganizzazione dello Stato. Torino, solo 30 mila abitanti, è ingrandita e munita di difese con la Cittadella e nel 1563 è proclamata capitale. Il 25 gennaio 1563 sette cittadini fondano la «Compagnia della fede cattolica sotto la protezione di San Paolo» per soccorrere la popolazione ridotta in miseria dalla dominazione straniera, e per arginare l’espansione della riforma protestante. Dal 1579 il Monte di pietà presta denaro a bassissimi interessi per sottrarre i bisognosi dal cappio dell’usura. Sono le fondamenta della banca oggi IntesaSanPaolo. Nel maggio 1515 Torino era stata promossa arcidiocesi metropolitana, sottraendosi alla giurisdizione di Milano, grazie al matrimonio tra Filiberta di Savoia e Giuliano de Medici, fratello di Papa Leone X.
L’occasione propizia per trasferire la Sindone si presenta quando il santo arcivescovo di Milano Carlo Borromeo vuole recarsi a Chambéry per venerarla e sciogliere il voto formulato durante la peste del 1576, detta «di San Carlo», che aveva imperversato in Lombardia dal luglio 1576 alla Quaresima 1577 mietendo 18 mila morti, un decimo della popolazione. La pestilenza è rievocata da Alessandro Manzoni nel capitolo XXXI de «I promessi sposi», quando inizia la descrizione di quella del 1629, detta anche «la peste del cardinale Federigo». La fama di santità di Carlo è tale che Emanuele Filiberto fa trasportare la Sindone a Torino per abbreviarne il viaggio e per evitargli un faticoso attraversamento delle Alpi. Il motivo addotto è tecnico e devozionale ma quello reale è politico: rafforzare la dinastia e dare prestigio alla nuova capitale. Per non ferire troppo i savoiardi e per non provocare ribellioni e disordini il trasferimento, attraverso il Piccolo San Bernardo e la Valle d’Aosta, avviene nella maniera più segreta possibile, anche per il timore che cada in mano agli ugonotti e ai calvinisti. Dopo quasi mezzo millennio Torino compie un gesto di riparazione verso Chambéry: il 31 marzo 2014 gli arcivescovi Cesare Nosiglia e Philippe Ballot sanciscono, in nome della Sindone, una sorta di gemellaggio.
Il 9 settembre 1578 la Tela è accolta a Torino dall’arcivescovo Gerolamo della Rovere e dal duca Emanuele Filiberto ed è trasferita in piazza Castello nell’antica cappella ducale di San Lorenzo. Il 7 ottobre Carlo Borromeo inizia il pellegrinaggio Milano-Torino a piedi, sotto la pioggia e fra austere penitenze. Il 10 sera alle Porte Palatine è accolto da Emanuele Filiberto, dai vescovi e dai grandi dello Stato. La Sindone è trasferita in Cattedrale ed è mostrata alla folla in piazza Castello dai cardinali Borromeo, Guido Ferrero di Casalvallone e dai vescovi di Aosta, Asti, Montiers, Pavia, Saluzzo, Savona, Vance, Vercelli. Il sacerdote scienziato Alfonso Paleotto raccoglie il materiale per una completa descrizione che pubblica a Bologna vent’anni dopo, primo trattato in italiano sulla Sindone. Tra i visitatori Torquato Tasso compone e invia un sonetto al Borromeo, il quale in una lettera sottolinea l’utilità di una struttura fissa che eviti di «piegare e dispiegare» la Tela. Per alcuni anni trova sistemazioni diverse: cappella del Palazzo Ducale, San Lorenzo, Cattedrale, che era stata completata nel 1498 sulle fondamenta di tre chiese preesistenti, unico esempio rinascimentale a Torino, opera del progettista fiorentino Amedeo de Francisco da Settignano, detto Meo del Caprino (o Caprina).
Sono tempi di straordinario fervore. I Savoia ingaggiano i migliori architetti e artisti. Ascanio Vitozzi, Amedeo e Carlo di Castellamonte, Guarino Guarini, Filippo Juvarra, Benedetto Alfieri, Pelagio Pelagi trasformano la città nella capitale del barocco piemontese che ingentilisce numerosi paesi e città della regione. Per la Sindone i Savoia vogliono una degna costruzione tra l’abside del Duomo e il Palazzo Reale. Vi si cimenta, con un progetto ardito e leggiadro, l’abate-architetto Guarino Guarini, preposito generale dei Teatini: la sua Cappella è geniale e affascinante, l’altare in marmo a due fronti è dell’architetto militare Antonio Bertola.
«Migliaia e migliaia di messaggi mi pervengono dalla gente – anziani, adulti e giovani, sani e malati – per chiedermi che, nel momento di grave difficoltà che stiamo attraversando, si possa pregare nella Settimana Santa davanti alla Sindone per impetrare da Cristo morto e risorto la grazia di vincere il male, confidando nella bontà e misericordia di Dio». Così l’arcivescovo Cesare Nosiglia spiega l’ostensione virtuale: «Ho accolto volentieri questa richiesta che realizzeremo Sabato Santo (11 aprile). Alle 17 presiederà la preghiera di venerazione davanti alla Sindone: «Grazie alla televisione e ai social sarà disponibile a tutti, nel mondo intero, l’immagine del Telo, che ci ricorda la passione e morte del Signore, e apre anche il nostro cuore alla risurrezione. Più forte è l’amore: questo è l’annuncio pasquale che la Sindone ci porta. L’amore di Gesù che celebriamo nella Settimana Santa è più forte di ogni sofferenza, di ogni malattia, di ogni contagio, di ogni prova e scoraggiamento. Niente e nessuno potrà mai separarci da questo amore».