La competizione regionale piemontese del prossimo 26 maggio – contemporanea al voto europeo e al rinnovo di 829 amministrazioni comunali del Piemonte (97 nel territorio della diocesi di Torino) – si giocherà probabilmente sul filo di lana, combattuta fino all’ultimo attorno alle parole d’ordine dei quattro candidati alla Presidenza per il quinquennio 2019-2014: Sergio Chiamparino (Pd) che mira alla conferma con il centrosinistra; il cuneese Alberto Cirio di Forza Italia che guida il centrodestra; il debuttante Valter Boero con il Popolo della Famiglia e la battaglia sui valori; infine Giorgio Bertola con il Movimento Cinque Stelle, che al voto locale corre in opposizione all’alleato leghista nazionale. Li intervisteremo sul prossimo numero de «La Voce e Il Tempo».
Nel 2014 Chiamparino venne eletto Presidente del Piemonte con 1 milione e 57 mila voti, 47% delle preferenze. Staccò di molti punti lo sfidante di Forza Italia e Lega Nord Gilberto Pichetto (496 mila voti, 22%). A quell’epoca la Lega piemontese era al 7%, Forza Italia al 15%, i Cinque Stelle correvano già da soli con il 21%; ma oggi gli equilibri, almeno a livello nazionale, sono ribaltati. Domenica 26 maggio misureremo per la prima volta il peso piemontese del partito di Salvini, che la settimana scorsa ha tenuto comizio a Torino in una piazza semivuota. La partita che conta si giocherà nel novarese, nel cuneese: il forzista Cirio è un volto moderato, liberale, si rivolge agli imprenditori (anche nel settore sanitario) per cercare rimedi alla drammatica cristi produttiva piemontese, ma il vero motore della coalizione è in verità la Lega autoritaria, xenofoba e sovranista. Bell’enigma per gli elettori moderati del centrodestra.
Sul fronte progressista la corsa elettorale del centrosinistra, partiti e liste civiche, è stata trainata fino ad ora dal peso personale di Chiamparino, che fu Sindaco campione di preferenze a Torino e si è messo a capo della cordata degli imprenditori preoccupati (delusi?) dalle intemperanza nazionali del governo giallo-verde. La battaglia «Sì Tav», paradossalmente, è capeggiata da Chiamparino, non dal liberale Cirio che ha rifiutato di sfilare a sostegno della ferrovia. Chiamparino chiederà il voto per proseguire nell’impegnativo risanamento della Sanità (Città della Salute) e delle finanze locali, pur essendo sostenuto da intemperanti frange della sinistra No Tav, dai movimenti che contestano la Sanità mista pubblico-privato, dell’area radicale Lgbt. Un bel minestrone anche per gli elettori del centrosinistra.
Il Popolo della Famiglia corre da solo, senza alleati, con il candidato presidente Valter Boero, già responsabile del Movimento per la Vita. Non sta lanciando programmi generali sui temi economici e di Sanità locale, punta tutto sulle politiche per la famiglia. Denuncia le contraddizioni etiche delle coalizioni avversarie. Ha programmaticamente raccolto le sue firme nella base cattolica, conducendo in primavera anche una campagna per il Reddito di Maternità.
Senza alleati si presenta anche il candidato del Movimento Cinque Stelle, Giorgio Bertola, con le battaglie di sempre: la decrescita felice, la scelta No Tav, il contrasto alle privatizzazioni, i diritti Lgbt. Sarò un debutto tutto in salita questo di Bertola, grillini in calo, tante polemiche accumulate a Torino sui risultati mancati dal sindaco Appendino.