Quattro preti novelli per la Chiesa di Torino

Ordinazioni – Diocesi in festa sabato 10 giugno per 4 nuovi sacerdoti ordinati dall’Arcivescovo in un Duomo gremito. Quattro sacerdoti che mons. Repole ha incoraggiato richiamando nell’omelia quello che è al cuore di ogni chiamata: «un amore di dio avvolgente e travolgente»

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Diocesi in festa sabato 10 giugno per 4 nuovi sacerdoti ordinati dall’Arcivescovo in un duomo gremito. Quattro sacerdoti che mons. Repole ha incoraggiato richiamando nell’omelia quello che è al cuore di gon chiamata: «un amore di dio avvolgente e travolgente».

Sono diventati preti Francesco Ariaudi, Fabio Barotto, Stefano Bertero e Luca Cauli, storie diverse accomunate dall’incontro e dal  scoperta di quell’Amore che è anche riconciliazione da vivere e testimoniare «Se c’è un ministero apostolico» ha richiamato mons. Repole, «è quello della riconciliazione. Per questo Paolo può dire: noi siamo come degli ambasciatori che, ovunque vanno, portano quest’unico messaggio, quello della riconciliazione. E può chiedere con umiltà, con tenerezza: lasciatevi riconciliare da Dio, lasciatevi riconciliare da Dio! Mi sembra un bellissimo orizzonte nel quale entrare con il ministero di presbiteri, di sacerdoti – carissimi Luca,

Stefano, Fabio e Francesco – mi sembra un orizzonte luminoso. Voi sarete da oggi in una maniera nuova, sarete semplicemente avvolti, coinvolti e travolti dall’amore di Cristo. Ve lo troverete da tutte le parti, soprattutto quando sarete voi a distrarvi da quell’amore».

«Quando si diventa preti, si ha un po’ il sogno – ma è un’illusione – che dal giorno

dopo cambino tutte le cose. Vi posso assicurare questo: non cambierà niente, sarete tali ai quali a oggi e tali e quali a ieri. E non è sul fatto che cambieranno delle cose che la Chiesa, oggi, vi fa fiducia. No, non cambierà niente. Andrete a cercarvi anche voi dei rifugi, qualche volta lontano dal cuore di Cristo, quando sarete stanchi, preoccupati… quando sentirete il fallimento che c’è, qualche volta, in tutte le nostre vite. Ma è bellissimo porsi in questo orizzonte: l’amore di

Cristo vi avvolge e vi coinvolge in questo dinamismo di morte a voi stessi perché, anche attraverso la vostra vita, questo amore possa raggiungere altri. E vi permette, questo amore che vi avvolge, di guardare Cristo non più alla maniera

umana. E non guardarlo alla maniera umana significa che in ogni istante della vostra esistenza, qualunque cosa farete, in qualunque luogo voi sarete, potrete avere la certezza che Cristo risorto è lì, anzi che vi ha già preceduto, e che sempre farà di voi soltanto degli ambasciatori della sua forza di riconciliazione e di misericordia».

Ambasciatori di un amore «che ci avvolge come un mantello, che, ovunque ti collochi, ritrovi sempre attorno a te. Puoi andare dove vuoi, ma quell’amore è lì. E ci coinvolge e ci travolge nel senso che ci rende responsabili di quell’amore, perché – come Cristo ha donato la sua vita morendo per noi – così anche noi siamo coinvolti nello stesso dinamismo: a far cessare quella voce insistente e continua della bramosia, della chiusura in noi stessi, del trattenere la vita, e a effondere la vita. Ovunque. A tutti».

Parole accolte con gioia e   «rilanciate» anche nel ringraziamento che i novelli sacerdoti hanno rivolto al termine della celebrazione al Vescovo, ai formatori, ai sacerdoti, familiari e parrocchiani che in questi anni di cammino li hanno accompagnati e verso i quali concretizzeranno l’augurio finale di mons. Repole: «Che la rete del vostro amore non conosca limiti!»

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