In Barriera di Milano per i ragazzi è diventato impossibile raggiungere da soli, in particolare alla sera, l’oratorio della parrocchia Maria Regina della Pace tra corso Giulio Cesare e corso Palermo: sono costretti ad andarci «sotto scorta» accompagnati dai sacerdoti, dagli educatori o dai genitori che si organizzano in modo che tutti gli adolescenti possano frequentare i gruppi giovanili. L’isolato della parrocchia è continuamente assediato dagli spacciatori, ad ogni ora. Sono ormai da anni all’ordine del giorno risse o minacce dei pusher verso i sacerdoti, i parrocchiani, le ragazze e i ragazzi.
A nulla sono valse le continue denunce del parroco don Stefano Votta rivolte sia alle istituzioni sia attraverso i social, o i diversi tavoli istituzionali che sono stati attivati negli ultimi anni.

«Nulla è cambiato», sottolinea don Votta, «le istituzioni, sia regionali che comunali, dopo tante promesse hanno abbandonato il nostro quartiere, ormai ne ho la certezza: tutti i nostri appelli alla fine sono caduti nel vuoto. Un anno fa era stata istituita una task force in seguito ad un vertice a cui aveva preso parte anche l’allora Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia: «il presidio è durato due mesi», racconta il parroco, «poi qui non si è visto più nessuno. L’operazione della Questura resa nota il 25 gennaio, co arresti di spacciatori in Barriera di Milano, al momento non ha cambiato la situazione nella zona della parrocchia».
Oltre allo spaccio di droga a cielo aperto e l’escalation di violenza, l’area alla periferia nord ora di Torino soffre in seguito all’installazione delle eco-isole smart per la raccolta differenziata che, fino ad ora, hanno notevolmente acuito il degrado.
«Il nostro quartiere con le isole ecologiche», denuncia il parroco della Pace, «è diventato un orinatoio pubblico: le persone che bivaccano qui tutto il giorno si nascondono tra gli ampi cassonetti della differenziata e le vetture parcheggiate e fanno i loro bisogni a qualsiasi ora del giorno o della notte. Dalle finestre della casa canonica assistiamo continuamente a questo ‘spettacolo’. Ci sono poi rifiuti abbandonati, anche ingombranti, oltre alla sporcizia diffusa a causa dei cocci delle bottiglie sferrate nelle diverse risse e dell’immondizia che viene abbandonata in strada. Dobbiamo metterci a pulire i marciapiedi attorno alla parrocchia se non vogliamo vivere in mezzo ad una discarica».
Don Votta la scorsa settimana ha inviato una lettera all’Ufficio di Igiene dell’Asl di Torino che ha poi pubblicato sulla sua pagina Facebook: «La presente», scrive, «per segnalare al vostro Ufficio che le Isole ecologiche poste tra via Malone e via Sesia necessitano di un urgente controllo igienico-sanitario in quanto in esse si annidano pantegane e, siccome sono ormai divenute orinatoi a cielo aperto, sotto i vari contenitori di rifiuti è stagnante l’urina, oltre alla presenza di altre forme di feci. La parrocchia accoglie anche numerosi minori e persone fragili, fra cui disabili, sono quindi a chiedere le opportune verifiche. Saluti. Don Stefano Votta, parroco».
Alla Pace è imponente l’attenzione verso le nuove generazioni grazie alle diverse attività dell’oratorio: testimonianza di come sia possibile vivere bene insieme nelle diversità.
Ora però, come accennato, i ragazzi hanno paura a recarsi in oratorio e le loro famiglie a mandarli.
«Al momento solo il gruppo del biennio delle superiori, chiamato ‘Pioneers’, si incontra dopo cena, il venerdì sera», racconta il viceparroco don Alexandru Rachiteanu che in parrocchia segue la Pastorale giovanile insieme al collaboratore parrocchiale don Luca Ramello, «ci siamo organizzati, anche con le famiglie, per andare a prendere i ragazzi e poi accompagnarli a casa dopo gli incontri perché non è più possibile girare da soli nelle vie della nostra parrocchia, in particolare nelle ore serali». Lo stesso viceparroco, come il parroco, ha subìto diverse minacce negli ultimi mesi: «ormai sono all’ordine del giorno», sottolinea, «come gli insulti verbali lanciati anche ai nostri ragazzi, da ultimo venerdì scorso alla fine dell’incontro di gruppo: è chiaro che non possiamo stare tranquilli». Gli altri gruppi giovanili si incontrano il sabato pomeriggio.
L’oratorio è aperto quattro pomeriggi a settimana per il doposcuola e tutti i giorni, dalle 17 alle 19, per il gioco libero e per stare insieme in un ambiente educativo. «Accogliamo ragazzi di diverse nazionalità», spiega don Rachiteanu, «principalmente di origine sub-sahariana, magrebina e italiana: il ‘cortile’ mostra come sia possibile una buona convivenza in un quartiere multietnico».
All’oratorio della Pace, in particolare, è attivo il progetto «N.O.E. Nuovi Orizzonti Educativi», promosso a Barriera di Milano dal Comune di Torino, dalla Circoscrizione 6, dalla Compagnia di San Paolo e dall’Ufficio scolastico regionale per il Piemonte con l’obiettivo di sviluppare una comunità educante.
«Noi ci siamo e collaboriamo attivamente con il territorio per offrire prospettive e un futuro alle nuove generazioni», conclude il viceparroco, «ma è oggettivamente difficile lavorare nelle condizioni di degrado assoluto e insicurezza in cui ci troviamo: per i ragazzi ora risulta difficile addirittura raggiungere l’oratorio».
Tre settimane fa, domenica 8 gennaio, l’Arcivescovo mons. Roberto Repole ha celebrato la Messa alla Pace in una chiesa gremita in ogni posto: un segno di speranza e di gioia per la comunità, che soffre per il senso di abbandono del territorio, ma che, grazie all’impegno caritativo, continua a reggere l’urto delle crisi che si susseguono una dietro l’altra.
La parrocchia al momento segue 313 famiglie in difficoltà che vengono aiutate con la borsa della spesa (lo scorso mese sono stati distribuiti 91 quintali di generi alimentari) e il pagamento di affitti e utenze (da settembre a dicembre 2022 sono stati erogati oltre 5 mila euro).
La comunità parrocchiale ha anche inventato le «Adozioni di vicinanza»: alcune famiglie per 4 mesi all’anno adottano altre famiglie in difficoltà con un reddito Isee inferiore ai 3 mila euro. «In un anno», spiega don Votta, «abbiamo raccolto quasi 10 mila euro: un aiuto che tampona una situazione che con il caro prezzi si è aggravata notevolmente. Cerchiamo di gettare un’àncora che eviti il disastro per numerosi nuclei familiari».
Positiva la presenza in parrocchia, dallo scorso maggio, della «mamma di quartiere», frutto del progetto «Comunità al lavoro» finanziato da Caritas Italiana con fondi Cei 8xmille grazie all’impegno della Caritas Diocesana di Torino. Si tratta di un’operatrice di origine magrebina, Houda, che per 15 ore alla settimana ha il compito di entrare in relazione in particolare con le donne straniere favorendo il servizio dei volontari della parrocchia, ma soprattutto il processo di integrazione.
«Il nostro impegno è massimo», conclude il parroco don Votta, «ma da soli non reggiamo: occorre un ‘vero’ lavoro di squadra con le istituzioni e le forze dell’ordine per riportare vita dove ora regnano violenza e distruzione in un quartiere che ha numerose risorse».