Non c’è nessuna invasione. I flussi migratori verso l’Italia stanno azzerandosi (non c’è lavoro, gli stranieri vanno altrove) ed anche le richieste di asilo sono in forte calo, meno di 10 mila nel 2019. Perché allora bombardare gli italiani con il tormentone terroristico del Paese preso d’assalto dagli immigrati? La risposta è purtroppo nota: la paura dei migranti è una facile leva elettorale di questi tempi. Ognuno valuti con la sua testa.

A smentire l’idea che l’Italia sia un Paese invaso da orde di stranieri è la XXVIII edizione nazionale del «Rapporto Immigrazione» di Caritas e Fondazione Migrantes, presentato a Torino (Valdocco) mercoledì 4 dicembre dal direttore dell’Ufficio diocesano Migranti Sergio Durando e dal direttore della Caritas diocesana Pier Luigi Dovis con la partecipazione del giornalista di «Avvenire» Nello Scavo. Gli indicatori statistici parlano di 5,2 milioni di stranieri stabilmente e regolarmente residenti nel nostro Paese: l’8,7% della popolazione italiana, che conta 60 milioni di cittadini. Questa è un’invasione? Aggiungiamo 600 mila stranieri irregolari stimati sul suolo nazionale: non arriviamo a 6 milioni, il 9% della popolazione.
Molto opportunamente il «Rapporto Immigrazione» si dedica quest’anno alla vita quotidiana dei migranti che popolano l’Italia insieme a noi, per capire quali lavori svolgono, quali scuole frequentano, quali religioni praticano, e così via. Circa 4 milioni (la maggior parte degli adulti) svolgono lavori regolari. «Non è più il tempo dell’accoglienza – spiega Sergio Durando – ma della convivenza stabile, una realtà ineluttabile, planetaria, connaturata al tempo che ci troviamo a vivere». Dovis concorda: «bisogna smettere di dividere la società in stranieri e italiani, poveri e benestanti; dobbiamo imparare a ragionare tutti insieme, come cittadini di diversa provenienza, tutti titolati e interessati a costruire la convivenza».
La Chiesa è uno dei principali laboratori di incontro. Il mondo della cultura ha notevoli possibilità di coinvolgimento. La società civile è ricca di esperienze inclusive, alcune delle quali (torinesi) sono state presentate mercoledì scorso a margine della presentazione del Rapporto Immigrazione. Come spiega Simone Varisco, curatore del Rapporti, i Centri di Ascolto Caritas non hanno mai fatto distinzioni fra i poveri, che siano italiani o stranieri. Nel meridione d’Italia si occupano soprattutto di persone italiane (68%, con punte dell’80% in Sicilia), invece al Nord ricevono richieste d’aiuto soprattutto da parte di cittadini di origine straniera (58%). Perché questa differenza? Accade perché il fenomeno migratorio – con le sacche di povertà in esso contenute – è concentrato nel Nord Italia (57%), mentre ha presenze ridotte nelle regioni del Centro (25%), ridottissime nel Mezzogiorno (12%) e nelle Isole (5%).
Le telecamere sono sempre accese sugli sbarchi in Sicilia, ma la sfida dell’integrazione si gioca soprattutto al Nord. Il Piemonte – fra le regioni del Nord – è quella con la minore incidenza di stranieri, fatta eccezione per l’area torinese che è ai primi posti in Italia. Il maggior numero di cittadini stranieri regolari si registra in Lombardia (1 milione e 181 mila, pari all’11,7% della popolazione), Emilia Romagna (547 mila, 12,3%), Veneto (501 mila, 10,2%) e in coda Piemonte (427 mila, 9,8%). Le province italiane con la maggior presenza di stranieri sono Roma (556 mila, pari al 12,8% della popolazione), Milano (470 mila, 14.5%) e Torino (221 mila, 9,8%).
Gli stranieri oggi si sposano mediamente più degli italiani (matrimoni in aumento del 14,5% in un anno). Sono in prevalenza cristiani (53%), in minoranza musulmani (30%). Gli alunni di origine straniera sono ormai nati prevalentemente in Italia (63%). Aumentano (+2,1%) le imprese costituite da cittadini di origine straniera… Insomma, il fenomeno migratorio è ormai vita ordinaria del nostro Paese. «E allora – si è domandato il giornalista Nello Scavo – quanti danni produce la propaganda che denigra per principio la straniero? Che senso ha parlare di stranieri sempre e solo in termini di sicurezza, paura, minaccia per la nostra identità?».