Cirio presenta la sua squadra
di Michele Ruggiero
Lunedì 17 giugno, davanti a telecamere e fotografi, alcuni di loro, hanno avuto modo di conoscersi per la prima volta. Un «merito» irrituale per l’esordio ufficiale degli 11 assessori che accompagneranno il quinquennio in piazza Castello di Alberto Cirio, neo presidente di centro destra della Regione, eletto con un voto di maggioranza dei piemontesi imprevisto alla vigilia.
Finita l’era di Chiamparino e del centro sinistra che ha riportato in equilibrio i conti (in particolare nella sanità), dopo la precedente gestione disastrosa di Roberto Cota, il Piemonte si trova ad un bivio, più volte evocato da Alberto Cirio: rioccupare un posto di rilievo nell’economia e – non secondario – nella politica del Paese e tra le grandi regioni d’Europa. Due facce della stessa medaglia, Piemonte ed Europa, che Cirio, fresco della sua esperienza di europarlamentare a Bruxelles e Strasburgo, ha presentato già all’indomani della sua elezione, come la caratteristica fondante della sua politica. Piemonte ed Europa: un binomio che nelle sue intenzioni deve trasformarsi in sinergia. E su come tradurlo, lo ha spiegato a grandi linee proprio con la composizione della sua squadra: due soli assessori arrivano dalla città metropolitana (Andrea Tronzano al Bilancio e Fabrizio Ricca alle Politiche giovanili e immigrazione), la maggioranza riflette le esigenze delle province. Una strategia di prospettiva per dare continuità al rapporto con il territorio, superando quella politica «torinocentrica» che dalla nascita delle Regioni, nel 1970, rappresenta una sorta di muro divisorio in Piemonte, insuperabile nel passato per la presenza della grande industria automobilistica, quanto altrettanto oggi per la crisi in cui è precipitata la filiera industriale, con tutte le sue conseguenze.
Nove assessori, di cui tre donne, pescati dal territorio sono l’emblema del nuovo corso. Che alcuni siano praticamente sconosciuti al grande pubblico è una sfida. Anzi la sfida, se si pensa a Fabio Carosso (Lega), classe 1972, che si ritrova alla vicepresidenza con delega alla programmazione territoriale e alla montagna, sull’onda dell’esperienza di primo cittadino di Coazzolo, un mini comune dell’Astigiano, e di presidente della Comunità collinare «Tra Langhe e Monferrato». Dall’Astigiano arriva anche Marco Gabusi (Forza Italia), neo assessore ai Trasporti, per due mandati sindaco di Canelli ed ex presidente della provincia di Asti. Carosso, Gabusi insieme al sindaco di Santo Stefano Belbo e neo assessore alla Sanità, Luigi Genesio Icardi (Lega), costituiscono il nerbo della pattuglia di amministratori locali non casualmente posti in assessorati-chiave e di fiducia per dare gambe alla politica del presidente e, non ultimo, per dare piena visibilità ai partiti (Lega e Forza Italia) che rappresentano. Ma quello della rappresentazione e soprattutto della collocazione dei partiti (Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia) sullo scacchiere della Giunta si è già rivelato un test probante della fermezza con cui Cirio, dietro l’immancabile sorriso, vuole connotare la sua guida. Una guida con un motore a tre cilindri, in cui la Lega spinge al massimo con sette assessori, Forza Italia con tre (contemplando Cirio), Fratelli d’Italia con due, il cui controllo però è saldamente nelle mani del presidente sia sotto il profilo operativo con l’assessorato ai Trasporti e Infrastrutture, che significa grandi opere (Tav, Terzo valico, autostrada Asti-Cuneo), sia sotto il profilo del controllo con l’assessorato al bilancio, tutti uomini di Forza Italia. Centri di potere e di risorse (a dispetto dei numeri concessi) destinati ad essere raccordati dallo stesso Cirio attraverso l’unico valore aggiunto che nessuno oggi gli può insidiare: le sue relazioni con l’Europa. Non a caso si è già posto al vertice del Comitato di sorveglianza unico sui fondi europei.