Era ottobre quando la popolazione di Groscavallo aveva «salutato», non senza timori, l’altare del Santuario di Nostra Signora di Loreto a Forno Alpi Graie sul territorio del comune di Groscavallo. Con una delicata opera di trasporto l’antico arredo veniva portato nel laboratorio dei manufatti lignei del Centro Conservazione e Restauro della Venaria Reale. Oggetto di oltre 2 mesi di lavori, appena è stata riaperta la via accesso al santuario (isolato a lungo a causa di una valanga) martedì 19 giugno il prezioso altare attribuito a Luigi Prinotto, uno dei più grandi protagonisti dell’ebanisteria piemontese della prima metà del Settecento, ha fatto ritorno al Santuario.
L’altare è riccamente intarsiato in ebano, palissandro e avorio inciso; sullo sportello del tabernacolo presenta la raffigurazione del pellicano che nutre i suoi figli, allegoria dell’eucarestia, e un San Giovannino con l’agnello sul cupolino.
Il restauro, condotto nei laboratori del Centro della Venaria e non in loco, ha consentito di effettuare un’approfondita disinfestazione e di analizzare materiali e tecnica esecutiva. «Sono i state fatte fotografie ai raggi UV» ha spiegato Paolo Luciani, coordinatore della sezione, «per studiare gli strati di vernici alterate che coprivano e in parte ottundevano le decorazioni, è stata realizzata una radiografia per mappare lo stato di conservazione della struttura interna che si cela sotto l’articolata lastronatura e tarsia ed è stata messa in relazione la natura dei materiali con quelli conservati nella banca dati del Centro di Venaria, che da oltre dieci anni si occupa espressamente di mobili di ebanisteria piemontese, da Prinotto, a Piffetti a Galletti».
Il restauro è stato condotto da un’équipe interdisciplinare di restauratori, storici dell’arte e diagnosti insieme ai funzionari di soprintendenza, con il diretto contributo dell’architetto Luisa Papotti, Soprintendente e direttore scientifico del Centro.
«Ora possiamo dire», ha sottolienato la Papotti presentando l’opera al parroco di Groscavallo don Claudio Pavesio e al sindaco Maria Cristina Cerutti Dafarra, che vale un viaggio a Forno l’opportunità di ammirare questo capolavoro recuperato in tutta la sua bellezza e originalità. Senza dimenticare l’ambientazione, la posizione del Santuario, l’insieme di straordinari ex voto, alcuni del Settecento che gli fanno da cornice. L’altare è di fatto un prezioso e inaspettato oggetto di corte in un contesto alpino eccezionale».
«Il Santuario», ha commentato il parroco di Groscavallo, don Claudio Pavesio, trae origine dalla devozione di Pietro Garino, abitante a Torino ma nativo di Forno Alpi Graie, nei confronti della Madonna del Rocciamelone che le apparve il 30 settembre 1630 nel luogo dove oggi. È un luogo da sempre molto amato in valle e non solo e siamo contenti di questa opera di restauro su uno dei suoi elementi più preziosi. Ora con la collaborazione del Comune e della Venaria pensiamo di presentare alla popolazione i lavori fatti: un’occasione per scoprirne le caratteristiche che lo rendono un pezzo unico».
I costi dell’intervento di restauro, circa 30 mila euro, sono stati coperti dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Torino grazie al bando «Cantieri Diffusi 2016» e dalla parrocchia di Groscavallo.