«RESTIAMO UMANI»

Appello delle Chiese cristiane – La Conferenza Episcopale Italiana, la Tavola valdese, le Chiese evangeliche e la Comunità di Sant’Egidio chiedono di cambiare linguaggio sull’immigrazione e intervenire: “servono corridoi sicuri per i profughi, canali legali di ingresso e salvataggi”

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foto Sir

«Restiamo umani»: è l’appello diffuso il 22 gennaio dalle Chiese cristiane d’Italia – ai massimi livelli di vertice – contro la politica nazionale dei porti chiusi e dei respingimenti, delle strutture di accoglienza da smantellare, dello scarico di responsabilità fra i Governi europei, una politica che sta lasciando morire e annegare migliaia di migranti nel Mediterraneo, per un malinteso sentimento di italianità e di lotta al fenomeno criminale degli scafisti.

I fatti, drammatici, si inseguono giorno dopo giorno producendo turbamento e sdegno divenuto ormai insostenibile. Come chiedere – alcuni lo fanno – che i Cristiani abbassino l’attenzione su questa terribile emergenza, spostandola su altro? Come sostenere che la morte dei disperati vada accettata come male minore, per smascherare i trafficanti di esseri umani e chiamare in causa l’Europa? Come si può pretendere che noi, voi che leggete, chiudiamo gli occhi di fronte alla sofferenza assoluta, consumata sotto i nostri occhi, lasciata avvenire per decisione esplicita del Governo che ci rappresenta?

È del 19 gennaio la terribile morte di 117 persone nel mare vietato alle navi di soccorso delle Ong umanitarie. Del 22 gennaio lo sgombero, affidato all’Esercito, del Cara (Centro accoglienza richiedenti asilo) di Castelnuovo di Porto, in provincia di Roma, ove è ancora in corso l’allontanamento di 500 persone, molte inserite in programmi di integrazione lavorativa (che perderanno), con bambini inseriti nelle scuole locali (che perderanno), uomini e donne che in parte finiranno in altri centri d’Italia, in parte saranno lasciati in strada per applicazione del Decreto Sicurezza.

Nella 52ª Settimana di Preghiera per l’Unità dei cristiani (18-25 gennaio 2019, «Cercate di essere veramente giusti», Deuteronomio 16, 18-20) i Cattolici e gli Evangelici italiani hanno lanciato il loro appello comune, firmato dal segretario generale della Conferenza episcopale italiana mons. Stefano Russo, dal presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo, dal moderatore della Tavola valdese Eugenio Bernardini, dal presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia Luca Negro.

«Sull’immigrazione», leggiamo nel documento, «si deve cambiare linguaggio e intervenire: salvare chi è in pericolo, ampliare i corridoi umanitari, aprire nuove vie di ingresso regolare»; perché si continui a vivere uno spirito di umanità e di solidarietà nei confronti dei migranti. Dice l’appello «Se per tutti è un dovere nei confronti di chi abbandona il proprio Paese rischiando la vita nel deserto e nel mare, per i Cristiani si tratta di un obbligo morale. È per questo che nella Settimana dedicata all’unità dei Cristiani, abbiamo sentito la necessità di unire le nostre voci, così come insieme abbiamo lavorato in tante occasioni nel campo dell’immigrazione, permettendo la realizzazione dei primi corridoi umanitari, avviati da Comunità di Sant’Egidio, Tavola Valdese, Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, Cei e Caritas italiana».

L’appello prosegue impartendo una ferma lezione di realismo politico al ministro degli Interni Matteo Salvini: mentre «celebriamo il dono dell’unità e della fraternità fra i Cristiani, desideriamo spiegare a tutti che per noi aiutare chi ha bisogno non è un gesto buonista, di ingenuo altruismo o, peggio ancora, di convenienza: è l’essenza stessa della nostra fede. Ci addolora e ci sconcerta la superficiale e ripetitiva retorica con la quale ormai da mesi si affronta il tema delle migrazioni globali, perdendo di vista che dietro i flussi, gli sbarchi e le statistiche ci sono uomini, donne e bambini ai quali sono negati fondamentali diritti umani: nei Paesi da cui scappano, così come nei Paesi in cui transitano, come in Libia, finiscono nei campi di detenzione dove si fatica a sopravvivere. Additarli come una minaccia al nostro benessere, definirli come potenziali criminali o approfittatori della nostra accoglienza tradisce la storia degli immigrati – anche italiani – che invece hanno contribuito alla crescita economica, sociale e culturale di tanti paesi.  Da qui il nostro appello perché – nello scontro politico – non si perda il senso del rispetto che si deve alle persone e alle loro storie di sofferenza».

Ma al di là del metodo, il documento ecumenico affronta problemi di merito: «Una politica migratoria che non apre nuove vie sicure e legali di accesso verso l’Europa è fatalmente destinata a incentivare le immigrazioni irregolari. Per questo chiediamo ai vari Paesi europei di duplicare o, comunque, di ampliare i corridoi umanitari, aperti per la prima volta in Italia all’inizio del 2016. È finita ormai la fase della sperimentazione e i risultati, positivi sotto tanti aspetti, sono sotto gli occhi di tutti. È auspicabile passare quindi a una generalizzazione di questo modello, che salva dai trafficanti di esseri umani e favorisce  l’integrazione. Per questo ci rivolgiamo direttamente al Governo italiano perché allarghi la quota dei beneficiari accolti nel nostro paese e si faccia promotore di un ‘corridoio umanitario europeo’, gestito dalla Ue e da una rete di Paesi volenterosi, prevedendo un adeguato sistema di ‘sponsorship’».

Il documento affronta anche il nodo problematico dei salvataggi in mare. Afferma: «Nel breve periodo, però, mentre si cerca il consenso europeo su queste misure, occorre garantire il soccorso in mare, che non può ridursi a una politica di respingimenti o di semplici chiusure. I migranti non possono essere vittime tre volte: delle persecuzioni, di chi li detiene in campi che – come varie volte attestato dall’Onu – non tutelano i diritti umani essenziali e di chi li respinge in quegli stessi campi e in quelle umiliazioni. Per noi Cristiani, come per ogni essere umano, omettere il soccorso a chi giace sulla strada o rischia di annegare è un comportamento di cui si può solo provare vergogna. Per questo chiediamo un potenziamento delle attuali attività di soccorso, rese dai mezzi militari, dalla Guardia costiera e dalle Organizzazioni non governative nel rispetto delle norme del mare e del diritto umanitario».

Il testo si chiude con un appello a costruire un consenso su alcuni punti qualificanti sui quali le Chiese sono pronte a offrire il loro contributo: «Per quanto divisivo il tema dell’immigrazione è così serio e grave da non potersi affrontare senza cercare una piattaforma minima di istanze e procedure condivise. Questo auspichiamo e per questo ci mettiamo a disposizione con la nostra esperienza e i nostri mezzi, pronti a collaborare sia con le autorità italiane che con quelle europee».

Pier Giuseppe ACCORNERO

Alberto RICCADONNA

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