Sacerdoti, il bello d’incontrarsi

Fraternità – Oltre 120 preti, diocesani e religiosi, hanno partecipato all’incontro di spiritualità sabato 5 novembre a Pianezza, iniziativa dell’Arcivescovo per offrire al clero momenti di meditazione e fraternità. A guidare il percorso, sugli Atti degli Apostoli, Sabino Chialà, priore della Comunità monastica di Bose

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La grande partecipazione – oltre 120 sacerdoti – lo ha confermato: era un momento atteso, desiderato, che ha intercettato un bisogno condiviso: quello di ravvivare la fraternità sacerdotale, di incontrarsi non per organizzare iniziative pastorali, ma per confrontarsi sul vissuto. Così venerdì 4 novembre a Villa Lascaris nel primo incontro di «spiritualità e condivisione» che l’Arcivescovo Repole ha proposto ai preti della diocesi di Torino sin dall’inizio della mattinata il clima è stato positivo: «da subito», commenta don Gianni Mondino, parroco a Giaveno, «si è respirato un entusiasmo nuovo». Novità per il clima e per l’idea stessa: una proposta formativa che, come ha ricordato il Vicario per la formazione, don Michele Roselli, aprendo la mattinata «si aggiunge agli appuntamenti tradizionali di formazione come i ritiri Avvento (30 novembre) e Quaresima (1° marzo), la formazione a Spotorno (9-13 gennaio) e quella mensile per i sacerdoti nei primi anni di ordinazione.

Sabino Chialà, priore della Comunità monastica di Bose

Una proposta che accoglie un desiderio emerso in diverse occasioni – ancora da ultimo nell’incontro con i moderatori per avviare il confronto sui germogli – e che si inserisce nell’orizzonte tracciato dal nostro Arcivescovo per la diocesi e cioè di ‘ripensare il modo di esistere come Chiesa sul territorio per continuare e essere qui e ora ciò che la Chiesa deve essere e per offrire il Vangelo agli uomini e alle donne che incontriamo e che lo desiderano’.

La posta in gioco è alta: ’Prendere sempre più profondamente coscienza che la nostra società non è più normalmente cristiana e che tuttavia noi siamo ancora strutturati nell’implicito che tutti siano cristiani comporta l’urgenza di metterci in uno stato di formazione permanente’. Una formazione permanente, che coinvolge tutti: sacerdoti, religiosi, religiose, diaconi e laici e laiche e che oltre alla necessaria preparazione teologica prevede un itinerario spirituale e di preghiera, la partecipazione alla vita liturgica sacramentale, un’esperienza comunitaria vissuta. Eccoci dunque a questo momento formativo che può essere immaginato come la declinazione concreta di una domanda su come tutto questo intercetta anche noi come credenti e come presbiteri».

Guidato da Sabino Chialà, priore della comunità di Bose, il percorso di spiritualità prevede altri due appuntamenti (17 febbraio e 10 maggio) seguendo il cammino degli Atti degli Apostoli. «Vorremmo lasciarci ispirare e stimolare nel nostro modo di stare al mondo come Chiesa dalla comunità cristiana delle origini», ha aggiunto don Roselli, «non si tratta di una serie di conferenze, neppure di una formazione intellettuale; vorremmo invece valorizzare altre dimensioni della formazione: la spiritualità, la fraternità presbiterale, la condivisione».

Un itinerario a partire da un testo, gli Atti, «tra i più trascurati», ha sottolineato Chialà, «un libro ispirante per il momento ecclesiale che stiamo vivendo, in cui per varie circostanze interne ed esterne alla Chiesa ci interroghiamo su questioni cruciali: quale Chiesa oggi, quale messaggio, come ritrovare o come rinvigorire lo slancio evangelizzatore della Chiesa o più banalmente da dove possiamo ricominciare».

«Ricominciamento» dunque come parola chiave di un primo incontro di un percorso pensato per capire, ha proseguito Chialà, se «vogliamo guardare con libertà e responsabilità il momento che abbiamo da vivere a partire da un testo significativo che ci rivela il suo carattere programmatico e che ci può aiutare a compiere i due momenti essenziali per la vita di ogni comunità e che rimangono veri in ogni epoca e cioè: individuare l’essenziale grazie al quale la comunità ecclesiale si articola al suo interno e – secondo momento – l’individuare i modi e le forme perchè il Vangelo sia comunicato».

Due momenti essenziali entrambi, perchè se ne trascuriamo uno «rischiamo» – ha precisato – «di richiuderci in ‘ghetti protetti’ ripiegandoci in un intimismo identitario che non porta da nessuna parte o di puntare tutto ‘sull’estroversione’, come se tutto si risolvesse con iniziative eclatanti che mancano di una consapevolezza di fede adeguata. Vorrei invece ritornare ad alcune pagine degli Atti per lasciarci interrogare in merito a queste due dimensioni e ho pensato a tre nodi: primo il ricominciamento (primi 5 capitoli) poi l’estroversione (capitoli 6-11) e poi il capitolo 15 su ‘confronto e sintesi’».

Ricominciamento come contenuto, ma anche come stile di un momento di fraternità apprezzato proprio anche per la scelta del tema: «la relazione di Chialà», ha commentato ancora don Mondino, «ci ha messo nella prospettiva di appartenere a una Chiesa che guarda avanti, che deve affidarsi allo Spirito: il taglio azzeccato in un momento come questo». Un approccio biblico sentito, ma non solo: anche l’organizzazione ha dato una prospettiva di ripresa: «di solito si rischia di stare ad ascoltare chi parla tanto e poi si lascia uno spazio alle reazioni in cui solo alcuni intervengono, questa volta avere una traccia su cui riflettere a conclusione dell’ascolto e poi il poterci confrontare a piccoli gruppi ha permesso un ascolto reciproco prezioso. Credo sia stato per noi un grosso regalo che ci è stato fatto e ci siamo fatti», conclude don Mondino.

A ribadire la preziosità del confronto don Paolo Comba: «era un primo appuntamento che tanti di noi avevano auspicato e sono stato davvero sorpreso perché nei contenuti e nel modo si è andati a toccare il nodo nevralgico per la vita di noi preti che è la fraternità. Proprio il primo interrogativo della traccia che ci è stato lasciato mi ha colpito: sulla ‘consapevolezza della ferita e l’accoglienza del dono dello Spirito’. Dobbiamo essere consapevoli che al di là delle divisioni e delle sensibilità noi siamo preti per Gesù Cristo». Soddisfazione per un’occasione «per riscoprire nel presbiterio germogli di fraternità», aggiunge don Comba, che per questo auspicherebbe anche la conclusione con un pranzo condiviso: «abbiamo bisogno di momenti in cui non parlare solo di strategie ma della nostra vita, per metterci a confronto». Il tempo di una mattinata intensa e positiva, e anche per questo molti hanno espresso il desiderio di vederla «dilatata».

Ancora don Comba: «anche un po’ più di tempo per approfondire personalmente le domande prima del confronto, magari aiutati da una traccia scritta della relazione, così come un tempo libero in amicizia, sarebbe bello fossero aggiunti…». Concorde don Lorenzo Sibona, parroco a Grugliasco: «prezioso sarebbe avere un po’ più di tempo di silenzio per meditare su un contenuto ricco come quello che ci è stato proposto».

«Era un appuntamento atteso», aggiunge, «anche se molti di noi si ritrovano periodicamente è significativo il fatto che questa sia una proposta dell’Arcivescovo per tutti. Una proposta che così favorisce anche il confronto tra generazioni diverse e anche tra preti non soltanto diocesani. Un segnale positivo, che tocca la nostra vita, un modo per ripartire con entusiasmo tutti insieme».

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